Siamo noi e non altri, nati poco più di cent’anni fa. Un uomo e la sua avventura umana sono all’origine del nostro esistere: don Luigi Guanella. Il sogno di Dio e il sogno di don Guanella bambino che, fatta la Prima Comunione, si stendeva sul Motto del Vento a Gualdera e intravvedeva il suo cammino, si sono abbracciati ed egli settantenne percepisce che le sue proiezioni di ragazzo, di giovane prete, di adulto e di anziano andavano verso i sogni che il Padre ha per questa nostra terra.
Cari amici della Pia Unione del Transito di S. Giuseppe,
con questo messaggio voglio segnalarvi un appuntamento spirituale molto importante: la bella tradizione de “Le 7 Domeniche in onore di san Giuseppe”. Molti di voi già le conoscono. Si tratta di una devozione che risale al XIX secolo ed è oggi diffusa soprattutto in Canada e in America, che raccoglie anche un vivace seguito in Europa e specie in Italia.
«Se la pena dell’inferno - scriveva il romanziere russo Dostoevskij - è l’incapacità di amare», la condizione che si vive in purgatorio è quella di laboratorio in cui si completa l’armonia dell’amore.
È difficile immaginare la condizione delle anime in Purgatorio, uno stato di sospensione in cui si nutre il desiderio di un amore totale pur tuttavia si avverte il disagio di non poterlo ancora abitare in pienezza.
Un paragone evangelico che ci consente di esplorare con efficacia il cuore di questo disagio è l’esperienza di Pietro dopo il tradimento consumato ai danni di Gesù. In quella circostanza «il Signore si voltò, incrociò lo sguardo di Pietro e l’amico fidato, Pietro, pianse amaramente».
La sofferenza struggente di un amore divinizzante da recuperare: questa è la pena del “Purgatorio”. È un’anticamera in cui si attende il ripristino del candore della vesta battesimale che ci era stata consegnata al momento del nostro ingresso nella stessa vita di Dio.
Quella veste che ha fasciato la nostra carne, nel momento in cui la Vita ci ha consegnato alla storia umana, ha subito qualche strappo, qualche logorio e ora ha bisogno di un rammendo.
Due sono le mani che rammendano. La prima è quella dei nostri cari defunti. In ragione di quel legame di affetto che per sempre ci legherà a loro, i nostri congiunti pregano per noi affinché la divinizzazione della nostra vita terrena non conosca il tramonto. La seconda mano amorevole sono le preghiere che eleviamo a Dio come suffragio a vantaggio dei nostri cari defunti e così pure gli atti di amore verso il prossimo bisognoso. Queste opere spirituali e corporali di misericordia ci mettono nella condizione di respirare la stessa carità divina che regge il mondo.
Mercoledì 14 novembre alle ore 16,30 ci troveremo in Basilica per vivere un momento solenne di preghiera di suffragio a vantaggio dei nostri cari defunti, e per tutte le persone iscritte alla Pia Unione del Transito di san Giuseppe che in quest’ultimo anno hanno raggiunto lo sponda dell’eternità.
Dice un proverbio che “Pane” è la più gentile, la più accogliente delle parole: ”Scrivetela sempre con la maiuscola, come il vostro nome”.
Davanti ad una persona affamata loa nostra fede vede il volto stesso di Gesù. Don Guanella suggeriva ai suoi preti e alla suore di dare in abbondanza pane e Signore. Facendo attenzione a non dare il pane senza il Signore e il Signore senza pane. Un pane da offrire con il sorriso e sentimenti di solidarietà.
Quando, liberato dalla schiavitù d’Egitto, il popolo ebreo dovette scontrarsi con gli Amaleciti, assai più numerosi e forti, il Signore gli promise la vittoria fintanto che Mosè, sulla cima del monte, teneva le mani alzate verso il cielo in atteggiamento supplice. L’episodio, narrato nel libro dell’Esodo, è per la tradizione cristiana un riferimento profetico a Gesù crocifisso che, stendendo le braccia verso il Cielo, con la sua supplica fa scendere sugli uomini la misericordia: «Sale la preghiera e scende la benedizione».
Giorgio La Pira non era uno svagato sognatore, ma un “moltiplicatore” di Fede autentica, un testimone concreto della carità (come San Luigi Guanella), pronto a far giungere il suo grido di pace dove si innescavano i conflitti. Un siciliano innamorato di Firenze, “terrazza aperta sul mondo”: «I suoi tetti – diceva - formano un “tutto” armoniosamente unito... Città celeste e città terrestr». Impressionato dalla misura dell’uomo che vi si riflette (è la cifra dell’Umanesimo). Gli serviva a spiegare il rapporto finito-infinito, divino-umano.
Agli affezionati ascoltatori e alle ascoltatrici di Radio Mater un cordiale saluto e un ben ritrovati a pregare in quest’ora di spiritualità in compagnia di san Giuseppe, in un clima di riconquistare libertà che ci rende cittadini liberi di camminare e di poter salutare gli amici di persona.
Cari e stimati ascoltatori e ascoltatrici in collegamento con le stazioni di Radio Mater un cordiale saluto animato ed illuminato da tanta luce di speranza, in particolare in questo momento disagiato. Siamo lacerati da un turbinio di persone che lasciano la vita in un clima di solitudine. Noi ci troviamo in questo clima di preghiera come dei fiori intirizziti dal freddo in attesa di un po’ di calore per riscaldare il cuore di speranza per non essere spettatori miti e sgomenti di fronte a questo virus omicida che falcia le esistenze umane con una determinazione implacabile.
Un ben trovati ai nostri affezionati ascoltatori e ascoltatrici di Radio Mater.
Iniziano questa sera il nostro consueto appuntamento di preghiera e di cordiale comunione e di solidarietà immaginando di essere a Gerusalemme attorno alla piscina di Betzeta. Questa piscina miracolosa è collocata nelle vicinanze del tempio il luogo per eccellenza di preghiera e della presenza concreta di Dio nell’Arca dell’alleanza.
Questa sera i nostri occhi immaginano la presenza di migliaia e migliaia di infettati da coronavirus. Li abbiamo nel cuore e li vogliamo portare davanti a Gesù per confessare la nostra impotenza e per chiedere a Gesù che ci aiuti ad aprire un varco, un esodo per uscire dalla sabbie mobili che ci impediscono di camminare, di lavorare, di condurre una vita normale.