Un’immagine edificante e preziosa di S. Giuseppe ci viene presentata da Mario Rabbolini nel suo libro «Giuseppe un padre per Dio». All’inizio del trattato, del quale si colgono in questo articolo alcuni aspetti, l’autore traccia il vissuto di Giuseppe e di Maria, come la storia di una coppia che, accogliendo come figlio il Dio fatto uomo, ha realizzato il suo compito in modo impeccabile, e Gesù è stato il senso della vita di Giuseppe. Gli evangelisti riconoscono il nostro santo come il padre di Gesù, e ci attestano che nella sinagoga di Nazareth, tutta la gente, stupita dalla saggezza del ragazzo, lo identifica come il figlio di Giuseppe.
San Giuseppe e la misericordia. Un “connubio” inusuale; siamo abituati a pensare, invece, alla sua Sposa, invocata tante volte come Madre o Regina “di Misericordia” o “della Misericordia”. Eppure anche san Giuseppe ha un aspetto singolare e non secondario che lo lega alla Misericordia e lo contraddistingue infatti come “uomo misericordioso”. In questo anno giubilare sulla misericordia, Papa Francesco, nella bolla d’indizione Misericordiae Vultus ci invita a estendere la nostra preghiera ai santi che «hanno fatto della misericordia la loro missione di vita» (MV 24). Perché dunque non pensare a san Giuseppe, il più grande fra i santi, in quanto è stato sposo della Madre della Misericordia e padre terreno di Gesù Cristo, Misericordia infinita?
Lo studioso Franco Verri ha raccolto le immagini artistiche più significative e rappresentative sulla figura di San Giuseppe in Veneto durante il periodo del basso e alto medioevo; una iconografia sul santo suggerita agli artisti sia dai Vangeli che dagli scritti apocrifi. Le primi immagini esemplificative sono quelle riguardanti lo sposalizio del santo con Maria e gli episodi legati all’infanzia di Gesù. Sono testimonianze preziose risalenti al primo e secondo medioevo che si trovano sia nella basilica veneziana di San Marco, che a Padova nella Cappella Scrovegni. Gli artisti hanno rappresentato l’infanzia di Gesù seguendo la traccia narrativa dei Vangeli e in alcuni casi hanno intrecciato le vicende seguendo sia gli scritti apocrifi che i Vangeli; come appunto si può notare osservando i rilievi collocati sulle colonne in alabastro del ciborio della basilica di San Marco a Venezia. Le immagini sono in bassorilievo e le figure in posa statica seguono l’impostazione tardo bizantina e si collocano sotto archetti sorretti da semplici colonnine.
Dall'indagine storico-liturgica, riguardante “Il culto di S. Giuseppe in Sicilia dalle origini al secolo XV”, condotta da Paolo Collura e riportata nel volume: «San Giuseppe nei primi secoli della Chiesa», si ricavano interessanti informazioni. La percezione dell’immagine iconografica su S. Giuseppe è strettamente legata al dibattito e alle vicende teologiche che investirono anche il territorio lombardo a partire dall’alto medioevo. Una ricerca compiuta dallo studioso Mons. Enrico Cattaneo, ripercorre la vicenda iconografia riguardante S. Giuseppe partendo da molto lontano, dal periodo paleocristiano. Le notizie sul nostro santo sono quelle riportate dai vangeli apocrifi. Sono semplici informazioni legate alla natività e quasi trascurate dagli studiosi.
Personalmente non amo quel tipo di pellegrinaggio in Terra Santa che si concentra unicamente sulle pietre presenti negli innumerevoli siti archeologici di questa regione. Preferisco di gran lunga quei percorsi che, unitamente alla visita ai luoghi santi e a quei siti di interesse storico e culturale, uniscono l’incontro con «le pietre vive» della Chiesa di quaggiù. La Scuola Speciale della Santa Famiglia è uno di quei luoghi in cui si possono incontrare tali pietre vive che incarnano il loro carisma a servizio dei «più poveri e i più abbandonati, fra i figli poveri e i vecchi poveri» e, «tra i figli e i vecchi poveri, le creature scarse di mente che, ad esempio del Cottolengo, la casa chiamò buoni figli» (Don Piero Pellegrini, Don Luigi Guanella: chi è?, «Quaderni di formazione 18», p. 20, edizione fuori commercio).