Tra le composizioni poetiche riguardanti San Giuseppe merita di essere presentato un inno del Rito Ambrosiano, assegnato al diciannove marzo. L'autore è incerto. Ogni informazione in proposito ci sarà gradita, come pure su altri lesti ambrosiani riguardanti San Giuseppe. Cogliamo qui l'occasione per ricordare come sant'Ambrogio si sia distinto nel difendere la «verità» del matrimonio di Maria con Giuseppe in base al diritto romano, per il quale «non la perdita della verginità costituisce il matrimonio, ma il patto coniugale».
Nel 1989, con la lettera Aspetti della meditazione cristiana, la Congregazione per la dottrina della fede ha messo in guardia sulla difficoltà di uniformare stili cristiani e non cristiani di meditazione. Ancora nel 2003, in Una riflessione cristiana sulla “New Age”, il Pontificio Consiglio per la cultura ha richiamato che «la Chiesa evita qualsiasi concetto che sia affine a quelli della New Age». In ultima analisi si mette in guardia dalla tentazione, per altro allettante, di andare direttamente a Dio, dandosi programmi di cammino spirituale in maniera puramente soggettiva, senza confrontarsi con nessuno. L’individuo afferma di essere sacerdote di se stesso, di avere una conoscenza che fa presa su Dio e di salvarsi a forza di concentrazione, di riti e di buoni sentimenti. Già San Paolo aveva dovuto richiamare su questo aspetto i cristiani della comunità di Colossi, nella lettera scritta durante la prigionia a Roma. Anche scrivendo a Timoteo «Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù», afferma categoricamente, accantonando definitivamente ogni concezione mitica della religione.
La vita consacrata è uno dei frutti che meglio evidenziano la fecondità e la bellezza del grande albero su cui veniamo innestati mediante i sacramenti dell’iniziazione cristiana. La grazia del Battesimo ci dona la filiazione divina e tale esperienza rigenerante è custodita e alimentata mediante la Cresima e l’Eucaristia, sacramenti che segnano una cosciente e sempre crescente esperienza esistenziale di tale filiazione battesimale. Quando c’è la chiamata a una forma di vita di speciale consacrazione, tale grazia può e deve produrre il “cento per uno” (cf. Mt 13,8). Dice bene il profeta: «Il Signore fin dal seno materno mi ha chiamato, fin del grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome» (Is 49,1). Ancor più propriamente questo lo si può dire riferendosi al grembo materno della Chiesa che ci genera alla vita in Cristo, ci nutre di Lui e ci colma del suo Spirito.
Misericordia: è la parola che rivela il mistero della SS. Trinità. Misericordia: è l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato». Il cammino quaresimale è la ricerca del volto di Dio che, troppe volte, la cataratta del nostro orgoglio impedisce di vederlo; infatti, la quaresima è un sacramento che abbraccia quaranta giorni in cui tutto quello che Gesù ha compiuto nella sua vita terrena passa per osmosi, come una trasfusione nella nostra vita. Il sacramento è un segno visibile in cui noi possiamo esperimentare la presenza concreta di Cristo Gesù che sana, perdona, ci nutre, fortifica la nostra vita e soprattutto ci rende capaci di amare.
Con la solenne celebrazione in Basilica S. Pietro di martedì 2 febbraio, presieduta dal Santo Padre Francesco, si concluderà questo specialissimo Anno dedicato, per volontà dello stesso papa Francesco, alla vita consacrata. Un lungo Anno, durato 14 mesi (si è aperto infatti il 30 novembre 2014), che ha offerto una grande varietà di iniziative in Vaticano e in tante parti del mondo. Pur non avendo dati precisi, possiamo ritenere che non solo a Roma, ma in ogni nazione, e probabilmente in ogni diocesi del mondo cattolico, si sia voluto in qualche maniera celebrare questo speciale “tempo di grazia” per le consacrate e i consacrati e per tutto il popolo di Dio. È già possibile tentare un pur provvisorio bilancio? Possiamo dire che quanto papa Francesco si aspettava da questo Anno si sia almeno in qualche misura realizzato? Certamente non è stato un anno di celebrazioni trionfalistiche. Anche se, sulla spinta dell’esortazione di papa Francesco di «guardare il passato con gratitudine», da ogni parte del mondo si è elevato un grande e corale grazie al Signore per il moltissimo bene che i consacrati hanno compiuto lungo i secoli passati. Ma probabilmente non è stata questa la nota dominante.
Cinquant’anni fa, a chiusura del Concilio ecumenico Vaticano II, Paolo VI in nome dei vescovi del mondo intero, con i documenti dell’assise conciliare, elaborati in tanti mesi di lavoro, ha consegnato a tutta la Chiesa il compito di essere samaritana dell’umanità. La Chiesa «esperta in umanità» ha ascoltato i suggerimenti dello Spirito santo in sintonia con l’ascolto delle gioie e delle sofferenze dell’intera umanità. I documenti conciliari sono parole maturate sulla lunghezza d’onda di un impegno pastorale nel tentativo di fornire alla Chiesa stessa, «Madre e Maestra», strumenti validi nel dare un’anima al tempo e una scintilla divina ai cristiani impegnati a edificare quel Regno progettato da Cristo con la sua presenza tra noi realizzato con la sua Resurrezione.