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Super User

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Lunedì, 07 Aprile 2014 09:46

Nella solitudine una voce amica

«Oggi con me sarai in Paradiso»

di Madre Anna Maria Cánopi osb

Tre croci sul Calvario sorreggono tre uomini condannati alla morte più umiliante e atroce. Al centro l’Innocente, ai lati due malfattori. Ladri? Sediziosi? Non ha importanza. La morte li uguaglia. Ma quello che sta al centro ha una dignità incomparabile, pur ricoperto di sangue per la flagellazione e le percosse prima ricevute.
Gesù il Nazareno non grida, non impreca: guarda il cielo, implora il Padre per quelli che non sanno quanto grande sia la loro ignoranza: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34). È una tragedia che continua in ogni parte del mondo, su patiboli visibili e invisibili; su colli elevati e in sotterranei.
Mercoledì, 12 Marzo 2014 16:03

Scegliete oggi chi servire

Scelgo di servire Te!

di Madre Anna Maria Cánopi osb

«Sceglietevi oggi chi servire… Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore» (Gs 24,15). Al termine del lungo e faticoso cammino dell’esodo, quando il popolo di Israele è finalmente giunto alle soglie della terra promessa, in quel giorno – in quell’oggi – carico di speranza, Giosuè invita gli israeliti ad una scelta decisiva e responsabile per il Signore, per essere degni di vivere in quella terra raggiunta con tanta fatica. Unanime e deciso, il popolo risponde: «Noi serviremo il Signore » (v. 18).

Servire Dio, però, comporta una dedizione autentica e senza compromessi, perché Egli è il Santo. Per questo Giosuè vuole che il popolo sia ben consapevole della decisione che prende. Le scelte decisive non devono essere fatte sotto la spinta di un facile entusiamo o con la nascosta presunzione di essere capaci di compiere da soli grandi cose; tuttavia, non vanno neppure essere rinviate per paura; devono piuttosto essere prese davanti a Dio in tutta umiltà, chiedendo a Lui la grazia della fedeltà a tutta prova. 

Venerdì, 21 Febbraio 2014 16:36

Oggi, se ascoltate la sua voce...

Oggi si è compiuta questa Scrittura

di Madre Anna Maria Cánopi osb

Dopo aver contemplato il Verbo dell’eterno Padre diventato l’Oggi della salvezza del mondo nel mistero dell’Incarnazione, proseguiamo il nostro cammino con Gesù che è ormai all’inizio della sua vita pubblica. Sospinto dallo Spirito Santo, torna a Nazareth, dove era cresciuto, ed entrato nella Sinagoga, si alza a leggere: 
«Lo Spirito del Signore 
è sopra di me;
per questo mi ha consacrato 
con l’unzione
e mi ha mandato 
a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare 
ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare 
l’anno di grazia del Signore. 
 

Con lo sviluppo di competenze sempre più sofisticate da parte dei sofware presenti negli smartphone, computer e robot si pongono per l’umanità domande di senso: fin dove permettere alla “intelligenza artificiale” di rendersi via via autonoma? Che limiti porre alle tecniche di rilevamento dei nostri “dati”? Quali valori etici si possono installare negli algoritmi che regolano gli scambi sulla rete? Di questi argomenti si è parlato recentemente in Vaticano in due occasioni: la prima è stata una udienza concessa dal Papa al presidente della società tecnologica Microsoft e la seconda un convegno internazionale sui temi della roboetica e salute.

di Luigi Crimella

Siamo pronti a entrare nella società digitale in cui interagiremo con robot e umanoidi che parlano la nostra lingua, che lavorano nelle fabbriche e negli uffici accanto ad operai e impiegati se non addirittura prendono il nostro posto, che scrivono articoli di giornale oppure che guidano automobili e bus senza più bisogno di giornalisti e di autisti? 

Se diamo uno sguardo a ciò che sta già avvenendo attorno a noi, ad esempio con l’arrivo nelle case degli assistenti vocali (“Cortana” di Microsoft, “Alexa” di Amazon, “Siri” di Apple e “Google Home”) ci accorgeremo che il mondo dei robot domestici e degli umanoidi per uffici (in Italia è famoso Pepper), sta effettivamente occupando ambiti sempre più vasti della vita privata e del mondo lavorativo.

Al di là di come sono “carrozzati” all’esterno, pupazzi di latta con fattezze umane o semplici cilindri parlanti, si tratta in realtà di cervelli elettronici sempre più potenti, in grado di processare miliardi di dati al minuto, di ascoltare quello che diciamo, di elaborare risposte alle nostre domande collegandosi in rete, di memorizzare i nostri gusti e le nostre scelte di canali televisivi, siti internet e musica. Re incontrastato di questi controllori digitali è il nostro smartphone, ormai posseduto da oltre l’80 per cento di quanti usano un cellulare. Con lo smartphone facciamo di tutto: chattiamo, telefoniamo, rispondiamo alle mail, compriamo beni e servizi, investiamo e sottoscriviamo azioni e assicurazioni, misuriamo il nostro benessere e grado di salute. Negli uffici e nelle fabbriche invece sempre più spesso incontriamo pc intelligenti, che ubbidiscono a comandi vocali compiendo operazioni complesse, e anche “co-bot” (robot collaborativi) che interagiscono con operai e tecnici e sono in grado di modificare le proprie attività sulla base degli input vocali che ricevono dai “colleghi” umani.

Gli algoritmi ci “controllano”

Nel commercio online, a cui un numero crescente di persone fa ricorso, le grandi piattaforme di vendita (Amazon, Alibaba, Ebay, ecc.) si basano su algoritmi di calcolo che registrano ogni nostra azione, dalla semplice ricerca di un oggetto o di un servizio, fino alla procedura di acquisto e spedizione. I “dati” che noi forniamo a queste piattaforme sono così numerosi e dettagliati (indirizzo, codice fiscale, conto corrente bancario o carta di credito, orari di lavoro e tempo libero, gusti culturali, politici, religiosi, relazionali ecc.) che se volessero potrebbero creare un nostro “alias”, cioè una persona in tutto e per tutto uguale a noi, in grado di agire, comprare, decidere, prenotare, persino votare al nostro posto. E tutto questo in maniera credibile e insospettabile per la precisione e apparente affidabilità del comportamento attivato. 

Un discorso analogo vale per i social media (Facebook, Twitter, Instagram e altri) nei quali condividiamo molte idee, sentimenti, valutazioni e preferenze, le quali vanno ad aumentare esponenzialmente i dati del nostro profilo personale che depositiamo nella rete. 

Quando si parla di “Big data” bisogna imparare a pensare in termini matematicamente enormi: oltre metà degli uomini sono connessi e navigano in rete ogni giorno, lasciando centinaia se non migliaia di tracce personali che vengono raccolte e analizzate. Nulla di ciò che avviene online è “privato” e tutto può essere conosciuto, analizzato, intercettato, clonato e anche utilizzato per finalità truffaldine.

Il “grosso affare” del cloud

La gestione di questi “Big data” sta diventando un vero e proprio affare, soprattutto da quando si sono sviluppati gli algoritmi della cosiddetta “intelligenza artificiale”. Le grandi società tecnologiche hanno dato vita ad archivi elettronici di enorme capienza, detti “cloud” (nuvole). Il cloud non solo funge da magazzino dei dati, ma consente sistemi di analisi e strutturazione degli stessi per finalità di conoscenza dei flussi e degli orientamenti dei clienti.  Ne sono prove evidenti i messaggi che riceviamo da Google o da Amazon appena manifestiamo un interesse per qualcosa (viaggi, politica, acquisti ecc.).

Nel febbraio scorso, papa Francesco ha ricevuto in udienza il presidente della Microsoft, Brad Smith, e con lui ha avuto modo di discutere di nuove tecnologie, Big data e intelligenza artificiale e dell’uso dei social media con le delicate implicazioni sulla privacy, che esse comportano.  Promotore di questo incontro è stata la Pontificia Accademia della Vita, presieduta da mons. Vincenzo Paglia, che ha anche indetto un premio in collaborazione con Microsoft per la migliore ricerca dottorale sul tema delle intelligenze artificiali a servizio della vita umana. In quell’occasione il Papa ha richiamato alcuni dei contenuti del messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni 2019 in cui tra l’altro afferma che «l’uso del social web è complementare all’incontro in carne e ossa, che vive attraverso il corpo, il cuore, gli occhi, lo sguardo, il respiro dell’altro. Se la rete è usata come prolungamento o come attesa di tale incontro, allora non tradisce se stessa e rimane una risorsa per la comunione». Secondo papa Francesco, le nuove tecnologie digitali costituiscono un grosso ausilio per l’umanità ma esigono l’impegno per passare dalle “community” che a volte sono spersonalizzanti alla “comunità” in carne e ossa che si fonda sul contatto diretto tra le persone.

Il pericolo di interazioni in rete fuori-controllo

Dal canto suo, il presidente di Microsoft ha sottolineato in una intervista su L’Osservatore Romano che “abbiamo la responsabilità di creare servizi online e comunità in cui le persone si sentano sicure: lo scorso 5 febbraio, Giornata della sicurezza in rete, ovvero la giornata d’azione internazionale per promuovere un uso più sicuro e responsabile della tecnologia, specialmente tra i bambini e i giovani, abbiamo sviluppato un Digital Civility Index (indice della civiltà digitale) per dimostrare che i rischi in rete hanno conseguenze nel mondo reale. Siamo profondamente impegnati per quanto riguarda la necessità di approfondire la formazione di adolescenti, giovani adulti, genitori, educatori e legislatori in merito alle conseguenze nel mondo reale delle interazioni negative in rete, che possono includere la perdita di fiducia negli altri, un maggiore stress, la privazione di sonno e perfino pensieri suicidi. Speriamo che quei risultati possano servire come prova documentale per una spinta globale verso la “civiltà digitale”.

Analoghe argomentazioni sono emerse poi in occasione dell’assemblea della Pontificia accademia per la vita (Pav) dedicata ai temi della “roboetica” in rapporto alla salute e alla dignità umana. Anche in questo caso la voce del Papa, di vescovi, scienziati e filosofi è stata convergente nell’auspicio che di fronte ai progressi delle scienze e delle tecnologie, “la cabina di regia della ricerca e dello sviluppo rimanga umana e nelle mani dell’uomo” come ha sottolineato il presidente della Pav, mons. Vincenzo Paglia. Dal canto suo papa Francesco ha anche espresso l’auspicio che di fronte a questi grandi progressi delle tecnologie digitali anche le scienze filosofiche e teologiche sviluppino riflessioni in grado di offrire un argine morale ai rischi di disumanizzazione che oggi si intravvedono.  

Mercoledì, 08 Febbraio 2017 14:11

Il raccontare ha un effetto “magico”

di Vito Vigano

È un piacere ascoltare o leggere racconti, favole, romanzi. I bambini ne sono golosi e gli adulti non lo sono da meno. Le storie piacciono perché vi si esercitano funzioni mentali gratificanti. Nella forma breve di una favola o in quella elaborata di un romanzo, si tratta sempre di una vicenda che si svolge e ha un esito. La curiosità è stuzzicata da quel che accade e da come andrà a finire. La fantasia è indotta dalle parole del racconto a farne una riproduzione mentale. Si inscena nella mente una specie di teatro che permette, a chi legge o ascolta, di immedesimarsi nella vicenda da protagonista coinvolto, provando sul momento gli stessi stati emotivi raccontati.

Mercoledì, 12 Marzo 2014 17:03

Noi e la povertà

Seguire Gesù povero

di Mario Sgarbossa

Povertà che educa e al tempo stesso che provoca e dà scandalo come la visse frate Francesco, e la Santa Famiglia di Nazareth. Nel precedente articolo (gennaio 2013), parlando del Poverello d’Assisi, si è detto che i poveri interrogano la Chiesa. Ora ascoltiamo la risposta che a questo interrogativo dei poveri dà la Chiesa, oggi,  con l’esempio e con le parole dei suoi ministri, dai più titolati agli ultimi nella scala gerarchica, i preti “in cura d’anime”, appunto chi condivide in loco povertà e speranze del popolo, per cui il pastore sente, come dice il Papa Francesco, l’odore  delle sue pecore.
Mercoledì, 18 Febbraio 2015 15:32

Spiritualità e devozioni come anima in un corpo

Stimato signor Direttore, 
sono un’iscritta alla Pia Unione di San Giuseppe, leggo con profitto la rivista, cerco di essere fedele alla preghiera quotidiana per i morenti, a volte, recito il sacro Manto in onore di San Giuseppe. Le scrivo per un chiarimento: a volte mi chiedo se le pratiche in onore di san Giuseppe sono una semplice devozione, oppure  la conseguenza di una spiritualità specifica?
Tiziana Vella – Catanzaro
 
Caro Direttore,
avvicinandosi il periodo dell’Avvento e, quindi, il Natale, mi sono chiesto se era necessario che la vergine Maria fosse sposata.  San Giuseppe le è accanto come “copertura legale”. Che cosa impediva a Dio di far nascere suo figlio Gesù direttamente da Maria, senza coinvolgere san Giuseppe in un dramma sentimentale con un pesante travaglio? Se può aiutarmi, la ringrazio.
Rita – Milano
 
I trattati di teologia dedicano pochissimo spazio al tema del matrimonio della Madre di Gesù, non solo trascurando il suo stato civile di «sposa di Giuseppe», ma preferendole altre «nozze», che la trasformano rispettivamente in sposa della SS. Trinità, sposa del Padre, sposa del Figlio, sposa dello Spirito Santo, sposa della Chiesa, sposa dell'anima. Scompare il titolo di «sposa di Giuseppe», molto sottolineato, invece, da Matteo e Luca, che sono la testimonianza della predicazione della Chiesa apostolica. «Gli evangelisti, infatti, pur affermando chiaramente che Gesù è stato concepito per opera dello Spirito Santo e che in quel matrimonio è stata conservata la verginità (cf. Mt 1,18-25; Lc 26-38), chiamano Giuseppe sposo di Maria e Maria sposa di Giuseppe (cf. Mt 1,15.18-20.24; Lc 1,27; 2,5). Ed anche per la Chiesa, se è importante professare il concepimento verginale di Gesù, non è meno importante difendere il matrimonio di Maria con Giuseppe, perché giuridicamente è da esso che dipende la paternità di Giuseppe. Da qui si comprende perché le generazioni sono state elencate secondo la genealogia di Giuseppe».
Già sant'Agostino se ne era reso perfettamente conto. San Tommaso l’evidenzia considerando espressamente la «verità» di questo matrimonio. Nella Summa (q. 29), lo sposalizio della Madre di Dio lo mette subito di fronte a due questioni: Cristo doveva nascere da una donna sposata? Il matrimonio tra la madre del Signore e Giuseppe fu vero matrimonio?
Evidentemente per questi due grandi teologi il matrimonio di Maria e Giuseppe non era una questione puramente personale, ma aveva uno stretto rapporto con il mistero dell'incarnazione e della redenzione, e andava, perciò, seriamente studiato.
Nell'ambito della domanda, san Tommaso sostiene che la nascita di Cristo da una vergine sposata era conveniente per lei: 1) per preservarla dalla pena della lapidazione; 2) per liberarla dall'infamia; 3) perché Giuseppe le fosse di aiuto; 4) perché la testimonianza di Giuseppe garantisce che Cristo è nato da una vergine; 5) per rendere più credibili le parole stesse della Vergine affermante la propria verginità; 6) perché nella persona della Madre del Signore, sposata e vergine, sono onorati e la verginità e il matrimonio. Come si vede, le motivazioni non sono poche, né di poco peso.
A ragione, dunque, Matteo considera Maria «sposata» (1,18) e «coniugata» (1. 20-24). 
Padre Tarcisio Stramare
Sabato, 08 Novembre 2014 11:09

Il regno del male da illuminare con il bene

Il regno del male da illuminare con il bene 

 

Tante volte nel nostro agire si compiono azioni per così dire "non buone". Le compiamo nella nostra piena libertà è vero, ma quanta debolezza. Non compiamo il bene che vogliamo e invece ci riesce a commettere il male che contestiamo. Il confine tra buono e male non appare subito evidente. In che modo può essere svelato il "principe di questo mondo" nelle nostre azioni? Ci sono precauzioni? 
Il Papa Francesco recentemente ha ricordato che non è passato di moda il diavolo. Anzi lavora più che mai.
Grazie per l'aiuto che potrà dare tramite la sua risposta.
Luciano Veronesi - Lucca
 
Gentile e caro signor Luciano,
lei chiede una risposta alla nostra fatica quotidiana nel compiere il bene ed evitare il male. La libertà è la prerogativa che Dio ha concesso come custode geloso per ogni creatura. Ma quanta fatica essere davvero liberi. I momenti di autentica libertà hanno la durata minore di un buon profumo, sono come l’acqua nella mano: non si può trattenere.
Lunedì, 16 Giugno 2014 12:04

Il purgatorio

Ho letto sulla vostra rivista del «Suffragio perpetuo» e poiché penso che questo suffragio sia legato al Purgatorio, volevo sapere qualcosa di più dell’uno e dell’altro.
La ringrazio.
Letizia di Torre Annunziata
 
Per rispondere alla sua prima domanda è necessario illustrare la seconda. Quella sul purgatorio.
Innanzitutto il purgatorio non può essere pensato come un campo di concentramento in cui le anime sono recluse in attesa di scontare una pena prima di poter vedere Dio faccia-faccia. Un’immagine evangelica che getta una luce d’intuizione sulla realtà del purgatorio è il tradimento di Pietro. L’evangelo dice che Gesù si voltò e gli occhi di Pietro s’incrociarono con lo sguardo del Maestro, il capo degli apostoli fu sconvolto dal dramma del suo tradimento e pianse amaramente. I suoi occhi non hanno retto allo sguardo di Gesù.
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