Qui troviamo tutto. Durante la scansione delle dieci “Ave”, possiamo fare memoria delle parole di Gesù: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno. E’ la grande assoluzione che Gesù ha donato a tutto il mondo, quel mondo che pure, quando Egli venne tra i suoi, non lo ha voluto accogliere. Gesù ci mostra il Padre in queste parole, e in particolare ci mostra la Sua giustizia: infatti non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ci ha amato per primo. Ancora, san Paolo afferma che Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza – quella disobbedienza che ci è denunciata e rivelata al tempo stesso dalla legge – per usare a tutti misericordia. Possiamo sentire intimamente come questa misericordia, il perdono di Gesù su noi, avvolge tutti gli uomini, credenti e non credenti, vicini e lontani: anzi, in Cristo tutti noi che eravamo i lontani – lontani cioè da Dio per le nostre colpe – siamo diventati i vicini. Allora, visto che siamo stati perdonati, possiamo perdonare: contemplare il perdono di Gesù su tutti noi, perdono ingiustamente concesso perché nessuno lo aveva meritato, ci aiuta a perdonare a nostra volta, superando ogni divisione e inimicizia.
Nessuno di noi sale al Calvario volentieri: questo è certo, e c’è di che raffreddare le nostre emozioni illusorie. Del resto, tutto è scritto nel Vangelo: è il Cireneo uno che aiuta Gesù a portare la croce. Ma chi era questo uomo di Cirene, appunto, una regione, tra l’altro, semi pagana, dove il culto non poteva essere osservato in tutta la sua purezza legale, secondo cioè i precetti di Mosè? Era uno che ritornava dalla campagna, dopo una giornata di duro lavoro; si trovò di fronte una scena abbastanza normale per quei tempi, cioè uno squadrone di polizia che portava al supplizio un poveraccio, accusato di sedizione, dunque di avere cospirato contro il potere di Roma, inviso agli scribi e ai farisei, cioè in fondo alle persone più in vista e verosimilmente più pie di tutto Israele.
Quante volte nella Scrittura troviamo espressioni come: “Illumina su di noi il tuo volto, Signore”. Ed ecco come quelle invocazioni sono state esaudite: Dio mostra il Suo volto nel Figlio, perché davvero chi vede lui vede il Padre; ed il Figlio mostra la Sua gloria non nella logica umana, ma nella sua sapienza, che è follia agli occhi di questo mondo, cioè nel Suo volto schernito, deriso, sfigurato, facendosi “uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia”, secondo Isaia.
Infatti davanti a tutti i poveri noi giriamo il volto da un’altra parte, proprio perché ci è difficile sostenere il loro sguardo; ma così chiudiamo gli occhi davanti a Gesù stesso, in loro realmente presente. E così la contemplazione di questo mistero deve portarci lungo due binari, che poi sono il medesimo: da un lato il contemplare Dio, come si è manifestato, e dall’altro contemplare gli uomini, i loro stessi volti come immagine e somiglianza del volto di Dio.