L’amore e la cura per gli anziani, la venerazione per i genitori, una famiglia contadina dell’alto Mugello. L’attenzione per i poveri e per gli emarginati condivisa con La Pira, un impegno missionario senza confini. C’è molto del carisma guanelliano nella figura del card. Silvano Piovanelli, così come ci viene riproposta a pochi mesi dalla morte (9 luglio) nell’ultima intervista, contestualizzata nella biografia “Il parroco cardinale”, scritta da Marcello Mancini e Giovanni Pallanti per le Edizioni San Paolo con la prefazione del segretario mons. Luigi Innocenti. Che racconta cosa gli bisbigliò all’orecchio Papa Francesco il 21 febbraio 2014, giorno in cui aveva invitato Piovanelli per il suo novantesimo compleanno a concelebrare la Messa in Santa Marta: «Sei un uomo fortunato.
La vocazione sacerdotale e il suo essere prete per Bacciarini costituiscono la sorgente di tutta la sua ascesi spirituale. Il sacerdozio per Bacciarini fu l’unica ragione della vita: era conquistato dalla dimensione del servizio a Cristo a favore di un'umanità da salvare. L'Eucaristia, celebrata e consumata, per don Aurelio era la sintesi non solo dei misteri della vita di Cristo, ma era il suo modo di condividere l'esperienza di Gesù a Betlemme, sul monte Tabor, nel Cenacolo, al Getsemani, sul Golgota e nella tomba vuota del sepolcro visitato da Maria Maddalena al mattino di Pasqua.
Sant'Alberto Hurtado è stato un santo decisamente impegnato nel sociale. Vivendo sulla sua pelle la preoccupante situazione sociale del Cile desiderava infondere in tutti la convinzione che oggi la maggior opera di misericordia da parte della comunità cristiana è quella di organizzare una società dove l'ingiustizia sia eliminata strutturalmente.
Per il vicebrigadiere Salvo d’Acquisto la sveglia era suonata presto quel venerdì 23 settembre 1943: si era recato in chiesa e si era confessato per poter ricevere la Comunione. Non era il primo venerdì del mese, alla cui pratica era abituato. Forse una premonizione dello Spirito Santo? Poco tempo prima, ad una conoscente che gli aveva accluso in una lettera l’immagine del Sacro Cuore, aveva risposto: «Non potevi farmi un regalo più bello e gradito. Da tanto tempo desideravo un’immagine così».
E in una lettera alla madre aveva scritto: «Bisogna rassegnarsi ai voleri di Dio a prezzo di qualsiasi dolore e di qualsiasi sacrificio».
Vi è una pagina della vita di monsignor Bacciarini che ci è quasi sconosciuta: la fondazione della Compagnia di Santa Teresa di Gesù Bambino. è questo un istituto secolare femminile che continua ancora oggi la sua missione nel mondo a servizio della Chiesa, fedele al motto che il vescovo volle inciso sulla medaglia della consacrazione: Servire Christo et Ecclesiae.
Per inquadrare bene questa pagina, è necessario prima gettare uno sguardo sulla realtà dell'Azione cattolica ticinese e in particolare la sua sezione femminile dei tempi del vescovo Bacciarini.
L'Azione cattolica, che in Ticino assumeva il nome di Unione Popolare Cattolica Ticinese (Upct), fu per il vescovo Aurelio Bacciarini una priorità pastorale e dalle sue iniziative ed esortazioni ne venne un vero rilancio che trasformò l'Azione cattolica in organizzazione ampiamente popolare nel Canton Ticino.
Con la nostra mentalità di oggi siamo facili a esprimere giudizi sommari sulla figura di San Carlo Borromeo, ma non c’è niente di più falso della storia fatta per sommi capi, per luoghi comuni e per etichette. Visto più a fondo, alla luce degli eventi del suo tempo e delle sue azioni, appare un uomo di grande spessore umano e morale, che ha ancora qualcosa da dire a noi oggi, pur in una situazione assai lontana da quella in cui è vissuto lui.
Il calendario liturgico della Chiesa cattolica il 21 gennaio di cent’anni fa celebrava la “terza domenica dopo l’Epifania”: curiosamente anche quest’anno questa data è concomitante con il sabato di vigilia della medesima domenica, anche se adesso con la riforma del Vaticano II si celebra con diverso nome.
Proprio in tale data il salone teatro annesso alle opere della nostra basilica di San Giuseppe al Trionfale ha visto la partecipazione attenta di un folto gruppo di confratelli e consorelle guanelliane della Case di Roma e di alcuni laici per la commemorazione del Centenario della consacrazione episcopale di monsignor Aurelio Bacciarini, primo parroco della parrocchia, successore di don Guanella nel governo della sua Congregazione religiosa e successivamente nominato da papa Benedetto XV vescovo di Lugano.
È possibile che un padrino di prima comunione infierisca sul proprio figlioccio con torture inaudite al solo scopo di fargli abiurare la propria fede? Eppure questo è successo a un ragazzo messicano quindicenne, canonizzato da papa Francesco il 16 ottobre scorso, José Sanchez del Rio. Rinchiuso nella chiesa di san Giacomo apostolo a Sahuayo, quella stessa dove il 3 aprile 1913 aveva ricevuto il Battesimo, vide il presbiterio con il tabernacolo trasformato in pollaio per galli da combattimento dai soldati e non esitò ad uccidere quegli animali, sconvolto dalla profanazione del luogo sacro, rispondendo a chi lo minacciava: «La casa di Dio è per venire a pregare, non è un rifugio per animali». E conosceva bene le conseguenze: il martirio.
Il 14 febbraio 1917 il vescovo Bacciarini arriva in treno alla stazione Lugano e, a piedi, scende alla cattedrale accompagnato al suono festoso delle campane di tutte le chiesa della città. I suoi predecessori erano fregiati da titoli nobiliari, il nuovo pastore della diocesi arriva umile per i natali, umile per la vita sacerdotale trascorsa tra i poveri di don Guanella, umile nelle sue aspirazione, ma nobile nei sentimenti verso l’intero suo popolo del Ticino e, soprattutto, attento alle necessità della povertà dai mille volti. Giunto in cattedrale, nel primo saluto alla folla applaudente, il vescovo chiede il sostegno della preghiera e la collaborazione nelle opere di bene e in contraccambio dice: «In compenso io vi do me stesso, come Gesù nostro Signore - e poi con voce solenne pronuncia queste nobili espressioni -: Io depongo la mia povera vita sulle vostre teste, come sopra un altare, e intendo consumarla e immolarla al bene e alla salvezza di tutti». Questi sono i sentimenti che hanno attraversato senza stanchezza tutta la sua azione pastorale.
La Chiesa pellegrina nel Canton Ticino e la congregazione di don Guanella il 21 gennaio 2017 celebrano il centesimo Anniversario della consacrazione episcopale del venerabile Aurelio Bacciarini, un fiore di virtù nato nel Cantone svizzero di lingua italiana e coltivato al servizio dei poveri nella nascente congregazione dei Servi della Carità. Dopo l’esperienza feconda di parroco ad Arzo, nel Mendrisiotto, lo Spirito gli ha suggerito una strada della santità più aperta al soccorso ai poveri dove è più viva l’immagine di Gesù. Gesù popolava le Case dei poveri di un buon samaritano come don Guanella, il fascino del servizio ai poveri ha spinto la decisione di Aurelio Bacciarini a legare tutta la sua vita e il suo sforzo di raggiungere la perfezione attraverso l’Opera di don Guanella.