Dall'indagine storico-liturgica, riguardante “Il culto di S. Giuseppe in Sicilia dalle origini al secolo XV”, condotta da Paolo Collura e riportata nel volume: «San Giuseppe nei primi secoli della Chiesa», si ricavano interessanti informazioni. La prima ci informa che nei reperti archeologici siciliani legati alla cultura cristiana non appare la figura di S. Giuseppe. Anche la tradizione pittorica bizantina presente nei santuari rupestri non ci trasmette l’immagine del padre putativo di Gesù. In campo letterario si sa che una poesia dedicata a S. Giuseppe scritta da un siciliano illustre di nome Giuseppe Innografo, un poeta vissuto nell’800, produttore di molte composizioni, venne inserita nell’orazione bizantina. Ma non è certo che la devozione verso questo santo si sia praticata nei monasteri greci di Sicilia e di Calabria; e da questi luoghi la diffusione della sua venerazione. Perciò anche uno specifico cerimoniale religioso legato al culto di S. Giuseppe presente nel sud Italia nei primi secoli del cristianesimo non trova attendibilità. Certo è invece il periodo iniziale della devozione verso la figura di questo santo, che si colloca subito dopo la dominazione musulmana dell’isola.
Nel novembre 1891, don Guanella inviò al salesiano don Lemoyne, attento biografo di don Bosco, alcuni suoi fogli titolati: «Pensieri attorno a Don Bosco», dove il sacerdote comasco descrive la figura del fondatore dei salesiani, come lui la ricordava e come l’aveva spiritualmente e moralmente assimilata. Una vicinanza sperimentata nel triennio 1875-78, trascorso a Torino come salesiano. «Pochi pensieri e aneddoti - scriverà don Luigi nella sua introduzione -, sui quali posso serenamente e assolutamente attestare».
Che il Papa vada a Loreto a mettere la firma ad una Esortazione apostolica fuori dal territorio Vaticano è un avvenimento decisamente raro, storico e, quindi, assai significativo.
Quando arriva questa pubblicazione nelle case degli associati alla Pia Unione di San Giuseppe, come la primitiva comunità nel Cenacolo, la Chiesa è convocata in Sinodo a «rinascere…dai giovani e con i giovani». Questa prospettiva è sempre necessaria per evitare il rischio di rivestire con i colori del tramonto le luci dell’alba.
Si usa dire che quando muore un vecchio scompare una biblioteca. Non possiamo negare che quando gli anziani che non si chiudono in una trincea rancorosa ma rimangono aperti al vivere quotidiano hanno un prezioso capitale di saggezza da donare e così offrire le coordinate di un agile percorso di vita. I giovani, infatti, offrono alla società e alla Chiesa un terreno “vergine”, la freschezza delle novità, capacità di sognare il futuro, intuizione per cogliere “i semi del Verbo” che la grazia divina ha seminato nella storia e che ora pur in un’attualità complessa e difficile, fa germogliare e fruttificare.
Anno 61 dell’era cristiana: dopo tre mesi di permanenza a Malta a causa delle avverse condizioni meteorologiche, san Paolo, in viaggio verso Roma essendosi appellato a Cesare, toccò Siracusa e Reggio Calabria e poi, sbarcato a Pozzuoli, proseguì per l’Urbe. E’ il cammino che percorreranno i giovani romani dal 5 al 9 agosto di quest’anno, facendo varie tappe sulla via Appia (tratti di Appia da Itri a Fondi, Foro Appio, Tre Taverne, via Appia Antica Romana), per arrivare a Roma presso la tomba di San Paolo.