mia sorella riceve la vostra rivista e ogni tanto me ne passa alcune copie.
Scrivo perché sento il bisogno di chiedere alla sua comunità di prendere la decisione di istituire presso il santuario di san Giuseppe una pia opera di messe perpetue per i vivi e per i defunti.
Reverendo
don Mario Carrera,
grazie, mille volte grazie, per il libro che parla del mio padre putativo come io considero san Giuseppe, il santo dei Santi, la mia devozione per questo grande uomo mi accompagnerà fino alla fine dei miei giorni.
Nei miei rosari, ad ogni decina gli dico di pregare per me e per i moribondi, sono certa che mi ascolta.
A proposito del libro che ho ricevuto e letto con vivo piacere e consolazione […] e lo rileggerò ancora per imprimere bene nel mio cuore tutto ciò che parla di questo grande santo che il buon Dio ci ha voluto far conosce per cercare di imitarlo, anche se non è facile imitare un grande come san Giuseppe, ma il buon Dio accetta la buona volontà.
Cordiali saluti
Rina Pinna
Cara e stimata signora Rina,
la ringrazio delle sue benevoli parole e anch’io le assicuro di associarmi alla sua preghiera per sentire crescere nell’animo la generosa ed efficace obbedienza che ha vissuto san Giuseppe. Per il significato del nome di Giuseppe, cioè: «colui che fa crescere», abbiamo la garanzia che la sua presenza nella nostra vita fa crescere quel patrimonio di spiritualità che ha caratterizzato la sua esistenza umana. L’onnipotenza divina ha scommesso il futuro dell’umanità sulla disponibilità di quest’uomo ad entrare in un gioco misterioso in cui venivano sconvolti tutti i suoi piani sognati con la sua giovane sposa. Come Abramo ha lasciato la sua terra di origine per incamminarsi su sconosciuti sentieri tracciati da Dio, così Giuseppe, illuminato dai sogni profetici, ha permesso al Figlio di Dio di abitare la terra degli uomini e a disinquinarla dalla disobbedienza del peccato originale. “L’uomo giusto” ci è stato messo a fianco affinché imparassimo ad essere anche noi “giusti”.
Carissimo don Mario,
ho ricevuto ed ho molto gradito il suo libro intitolato “Frammenti di un eloquente silenzio”.
La ringrazio di cuore anche per la gentile dedica che mi ha voluto fare. Lei sa quanto mi senta legato alla Basilica di San Giuseppe al Trionfale di Roma, che con il mio titolo cardinalizio ha incrementato ancora di più la mia già profonda devozione a san Giuseppe. Grazie di cuore anche per la sua amicizia, porgo distinti saluti, auguri e la benedico.
Severino card. Poletto
Eminenza!
Le sono molto grato delle sue paterne espressioni nei miei riguardi e anche del suo paterno pensiero per la Basilica di San Giuseppe al Trionfale di cui è da tanti anni titolare. Questa Basilica, centro propulsore della spiritualità di san Giuseppe, è anche sotto la “sua” tutela. Questa corrispondenza mi offre l’opportunità di far conoscere ai nostri associati il significato di questo “titolo”.
Quando il Papa nomina nuovi cardinali, che entrano a far parte del “senato” della Chiesa di Roma, assegna loro un titolo di una basilica.
Siamo onorati della sua partecipazione affettiva e di solidale preghiera per i nostri iscritti e per le persone in difficoltà con la vita. La sua autorevole presenza ci incoraggia nel partecipare a questo universale coro di preghiere che, attraverso l’intercessione di san Giuseppe, sale quotidianamente al cielo come conforto al momento di estrema indigenza della nostra esistenza umana. Per questo le chiediamo di averci nella sua preghiera per essere solleciti e perseveranti intercessori per le persone in sofferenza.
Andando per le vie del mondo, il Signore e san Pietro si sedettero presso una fontana per riposarsi e in quel mentre arrivò un povero che chiese l’elemosina. Pietro che non aveva altro gli dette la pagnotta che aveva nella bisaccia e il mendicante ringraziò.
di Graziella Fons
Un giorno il Signore andando per il mondo con i suoi Apostoli arrivò stanchissimo lungo un campo di grano, dove tre persone stavano falciando affaticate.
La massaia si fece sulla strada e disse loro: «Bravi giovani, vi vedo tutti sani e forti, volete darmi una mano a falciare questi campi? Vi offro da mangiare, da bere e dormire per oggi e per domani».
«è quello che ci bisogna e non chiediamo altro», rispose il Maestro.
«Vi ringrazio… Sapete, mio marito è morto, sono rimasta sola e devo mietere altri campi, prima che l’asciuttore faccia cadere il grano dalle spighe».
«Andate tranquilla, brava donna, che stasera tutto il campo sarà mietuto; ma una cosa sola vi chiedo». «Dite».
«Qualunque cosa vedrete fino a notte, non dovrete né meravigliarvi, né protestare, né domandare».
«Mi sembrate un uomo retto e farò come mi dite, basta che stasera…».
«Stasera sarà tutto fatto».
Intanto il tempo passava, il sole saliva e all’ora del desinare, con la cesta del pranzo, arrivò la donna che li trovò distesi sull’erba, sonnacchiosi, o addormentati. La donna si allontanò poco convinta della promessa fattale, visto che non avevano ancora mosso paglia. Alla fine del lauto pasto il Maestro disse ai discepoli che non c’era meglio che riposarsi aspettando che poi arrivasse la cena…
All’ora della cena arrivò la massaia con il paniere e disse il Maestro: «Date qua brava donna che giusto si comincia ad aver fame».
«Dopo tutto questo lavoro…», disse la massaia che guardava di traverso, per nulla convinta della piega che avevano prese le cose.
Alla fine della cena a cui aveva assistito anche la donna, il Maestro ordinò ai discepoli di andare a fare il lavoro: «Pietro, batti l’acciarino e accendi tre mazzi di paglia. Tu Giovanni metti a fuoco il grano là in fondo; tu Matteo da quella parte e Pietro qui davanti».
Erano tutti sgomenti, soprattutto la donna che ebbe paura di fermarli pensandoli dei pazzi e che l’avrebbero pure potuto bastonarla. In pochi minuti tutto il grano andò in fiamme e fumo che pareva essere in una valle dell’Inferno. Al culmine della forza delle fiamme il Signore ordinò a Pietro: «Getta la falce in mezzo al rogo». Pietro gettò la falce e le fiamme improvvisamente si spensero e apparve il campo tutto mietuto, i covoni legati e raccolti in biche, che era una bellezza vedere.
Tutti rimasero sbalorditi e andarono a baciare la mano al Maestro.
Al mattino Pietro alzatosi presto trovò la donna nell’aia che gli disse:
«Dite, ma quel vostro amico è un mago?».
«Eccome», rispose Pietro.
«E anche voi siete pratico dell’arte, immagino: siete il suo aiutante».
«E sareste capace di fare quello che ha fatto lui ieri sera?».
«Ci mancherebbe!».
«Allora venite a vedere questi altri tre campi, se ci potete dare un colpo voi, così ho risolto il problema per quest’anno e non mi resta che trebbiare».
Pietro tirò fuori l’acciarino, accese tre mazzi di paglia e dette fuoco alla messe. Quando l’incendio diventò un rogo Pietro prese una falce e la gettò nel mezzo, ma il fuoco divampava più di prima. Pietro butto nelle fiamme tutto quello che trovava, ma niente da fare. Quando fu tutto cenere e stoppie bruciate, Pietro mogio mogio andò a svegliare il Signore, raccontando il fatto. Allora il Maestro si alzò, andò ai campi, li benedisse e subito la messe si presentò, segata, raccolta in covoni e sistemata in biche.
Tutti a quel nuovo miracolo, andarono a baciargli la mano e Pietro domandò:
«Che devo dire, Signore?».
«Dirai: Chi sa faccia e chi non sa taccia. Andiamo che la strada è lunga». Così ripartirono.
«Per san Pietro (29 giugno), o paglia o fieno»
A fine giugno si conosce il raccolto del grano: si miete la paglia, cioè il grano maturo, oppure le erbe nate dove il grano non è cresciuto, cioè il fieno. Con il caldo, sono necessari irrigazioni e diserbi. A fine mese si mietono grano e orzo. Dopodiché è possibile seminare il mais a ciclo breve per granella o insilato. Si semina il miglio.
Nel mese di giungo le temperature dovrebbero essere ormai stabili nella maggior parte delle regioni italiane. Per questo motivo sarà possibile effettuare diverse semine in piena terra, pensando ad esempio di dedicarsi alla semina di pomodori, piselli e fagioli da gustare ad estate inoltrata. Sarà possibile inoltre dedicarsi alla semina protetta degli ortaggi da raccogliere nei mesi successivi, con l'arrivo dell'autunno, come porri, cavoli, finocchi e zucche. Tra le erbe aromatiche, dedicatevi alla semina di camomilla, prezzemolo, basilico e salvia.
Approfittiamo dell'arrivo del mese di giungo per gustare i nostri frutti ed i nostri ortaggi preferiti quando essi risultano di stagione, come le fragole, le pesche, i pomodori, le zucchine ed i peperoni. Un raccolto abbondante durante i mesi estivi sarà il pretesto ideale per dedicarsi alla preparazione di salse, conserve sott'olio o sott'aceto e confetture. Le erbe aromatiche potranno essere utilizzate per la preparazione di condimenti o potranno essere essiccate per un loro impiego successivo.
(Consigliata da Santa Ildegarda di Bingen)
Mondate e lavate bene le foglie intere di barba di frate e fatele cuocere per pochi minuti al vapore.
In abbondante acqua salata lessate gli spaghetti e, nel frattempo, tritate i pinoli.
Scolate gli spaghetti al dente e metteteli in una grande zuppiera o nei singoli piatti con l’olio, la barba di frate lessata, la ricotta grattugiata e il pepe macinato; mescolate bene e regolate di sale, se necessario. Spolverizzate con il trito di pinoli e servite gli spaghetti ben caldi.
di Graziella Fons
Già le antiche civiltà consideravano l'uovo come una rappresentazione concreta della fusione della terra con il cielo. Cielo e terra nell’uovo andavano a fondersi in un'unica realtà. Per esempio gli antichi Egizi attribuivano simbolicamente all'uovo la concentrazione dei quattro elementi che costituiscono l'universo: terra, acqua, aria e fuoco.
Il cristianesimo ha ripreso la simbologia legata all'uovo, come simbolo di vita e di rinascita, ricollegandola al significato stesso della festività sacra della Pasqua, in cui si celebra, appunto, la risurrezione di Gesù Cristo, il quale annualmente nei riti della Settimana Santa rinnova la speranza nella vita eterna.
L'uovo, infatti, racchiude una nuova vita al proprio interno, così come il sepolcro vuoto, dopo la morte, rappresenta in realtà la speranza possibile di una rinascita all’eternità.
Questo simbolo della risurrezione è diventato un regalo di buon auspicio già dal lontano Medio Evo.
In una società feudale, come allora, l'uovo divenne un dono dei padroni alla servitù. Per la preziosità e la gioia della vittoria di Cristo sulla morte, nel periodo pasquale le uova iniziarono ad essere decorate per simboleggiare la rinascita dell'uomo in Cristo: uomo nuovo, radicalmente ristrutturato con un destino di eternità.
La tradizione di scambiarsi in dono delle uova nel giorno di Pasqua, ebbe inizio in Germania, ma già dal Medioevo iniziarono ad essere fabbricate delle uova artificiali da offrire in regalo. Si trattava di uova realizzate mediante l'impiego di metalli preziosi, come l'oro, spesso riccamente decorate e commissionate dai sovrani agli artigiani affinché potessero essere donate durante la festa.
«Di maggio ciliege per assaggio, di giugno ciliege a pugno»
A maggio l’orto si è risvegliato da qualche settimana. Allora, quali sono i lavori da fare a Maggio? Cosa seminare in piena terra? Quali ortaggi e verdure trapiantare? Cosa raccogliere? Che cosa rincalzare?
Il tepore del mese di Maggio dà un gran da fare nell’orto, vediamo quali sono i lavori che, in particolare, ci attendono: c’è la diserbatura, le cimature, la lavorazione del terreno con la concimazioni.
Possiamo seminare a dimora in piena terra il sedano, zucca, cocomeri, fagioli e fagiolini, radicchio, cavolo autunnale e cavolo invernale, cicoria e scarola, piselli e spinaci estivi, porro a raccolta autunnale.
In questo mese si trapiantano in piena terra: porro autunnale, cavolo, scarola e cicoria.
Ma anche il cavolfiori, i pomodori, le zucchine e le zucche, peperoni e cicoria.
Ricordarsi di rincalzare le patate seminate a marzo; si preparano anche i sostegni o tutori per i pomodori.
A maggio si incomincia anche a raccogliere i frutti: le fave, le primizie dei piselli, gli asparagi e i finocchi.
(Con verdure di stagione potrete preparare questo risotto in ogni periodo dell'anno)
Ingredienti: Riso 350 g,. olio d'oliva extravergine 4 cucchiai, 1 cipolla piccola, 2 scalogni, 1 rapa piccola, 2 zucchine, 2 peperoni, 1/2 carota 1 sedano, 2 gambi di piselli sgranati, 3 cucchiaii di prezzemolo, 1 ciuffo di basilico, 8 dl circa di di brodo vegetale, sale e pepe quanto basta.
1) Mondate le verdure, lavatele e tritatele grossolanamente. Fatele dolcemente appassire in un tegame, preferibilmente di terracotta, insieme con l'olio.
2) Quando le verdure saranno a metà cottura aggiungete il riso, mescolate più volte con un cucchiaio di legno, conditelo con sale e pepe macinato al momento e lasciatelo ben intridere nel condimento per 5 minuti circa.
3) Ricopritelo quindi con il brodo bollente e, senza rimescolare ulteriormente, fatelo cuocere coperto a calore molto lento per 15 minuti circa, poi unite il prezzemolo e il basilico tritati, mescolate bene e servite in tavola.
Si racconta che fuggendo Maria e Giuseppe col Bambino in Egitto per evitare le guardie di Erode, giunsero nella terra di Gerico e fermatisi in mezzo a una pianura, la Madonna scese per riposarsi dall’asinello col Bambino in braccio e la terra trasalì nell’ospitare la Vergine e il Salvatore. Per cui dove la Madonna posò i piedi fece nascere due fiori morbidi e vellutati che furono detti “Rose di Gerico”.
Mentre Maria e Giuseppe fuggivano cercando di raggiungere la terra d'Egitto, le guardie del re Erode li inseguivano guadagnando sempre più terreno, finché non furono in un vallone di rocce e macigni dove nessuna pianta poteva offrire un nascondiglio o un rifugio.
Un giorno san Giuseppe, finito un lavoro, portò ai muratori le travi per una casa. Ma quando queste furono calate sui muri, si accorse che erano troppo corte.
«C’era una volta…» così iniziano i racconti che destano ai bambini attenzione e meraviglia. E quasi mai, o poche volte, si racconta che ogni persona nasce con una vocazione ad essere “divinizzati”, cioè costruire un’esistenza intessuta di atti liberi. Il periodo della quaresima è la palestra in cui si ci allena per respirare, progettare e vivere la liberta.
Quando il Signore ebbe creato gli animali, li guardò e disse: «Siete proprio belli: corna, code, baffi, pelo, zoccoli, zanne... Ma che mi è mai venuto in mente di fare questo serraglio? Ormai è fatta... Domanderò a ognuno la dote che vuole avere, così, almeno di quella non si dovrà lamentare. Cominciamo da questa lumaca: tu cosa vuoi?».