Che bella gioia poterci salutare anche questa sera, stringerci idealmente la mano, guardarsi negli occhi e trasmettere uno sguardo di simpatia e, idealmente, percorrere un po’ di cammino insieme, conversare, pregare, meditare, contemplare.
Il nostro è un incontro di preghiera, di riflessione, una conversazione tra amici per come diceva papa Francesco qualche giorno fa della samaritana, lasciare la brocca al pozzo, liberarsi dalle preoccupazioni e correre ad annunciare la gioia di aver trovato in Gesù il punto fermo della nostra vita.
Vorrei ricordare quello che diceva un rabbino sulla carità: «Se vuoi sollevare un uomo dal fango e dalla melma, non credere di poter restare in alto, accontentandoti di stendergli la mano. Devi scendere tu pure nella sua melma e nel fango e afferrarlo con le mani forti e ricondurlo a te nella luce». Gesù è sceso dallo splendore del cielo e si è abbassato sino a noi.
San Giuseppe ci è maestro non tanto per le parole che non ha pronunciato, ma per l’ascolto che sa dare alle nostre parole e alle nostre richieste.
Il suo silenzio, l’abbiamo detto tante volte, non è mutismo, ma è un silenzio illuminato da irradiazioni con tante sfaccettature che riflettono colori luminosi, quasi indicazioni di strade da percorrere per camminare nel giusto sentiero della santità, pienezza di beatitudine evangelica.
Il cammino dell’Esodo del popolo ebraico dalla schiavitù dell’Egitto alla terra promessa, l’ha compiuto anche la santa Famiglia.
All’inizio di questo appuntamento un cordiale saluto a tutti: alle ascoltatrice e agli ascoltatori, a chi ci ascolta in casa o per strada tornando dal lavoro, a chi sta preparando la cena, ma, in particolare modo, a chi è afflitto dalle molte contrarietà, avversità che partono dalla cattiva salute, dai disagi interiori delle depressione, dai problemi economici, dalla disoccupazione e anche da un buio orizzonte che genera insofferenza nei confronti della stessa vita.
Allora un saluto particolarmente cordiale a chi è arrabbiato con l’esistenza stessa, per chi ancora non ha trovato un motivo forte e valido per vivere. Un ideale abbraccio a chi si sente inutile, solo, a chi è senza amici.
L'8 dicembre, Papa Francesco e' stato accolto da un bagno di folla nel centro di Roma. A Piazza di Spagna, dove ha reso omaggio alla statua dell'Immacolata, il pontefice ha detto: "Il grido dei poveri non ci lasci mai indifferenti. La solitudine degli anziani e la fragilita' dei bambini ci commuovano. Ogni vita umana sia da noi amata e venerata".
Francesco ha pregato ad alta voce, ai piedi della Madonna di piazza di Spagna.
"Tu - ha aggiunto - sei la 'tutta bella', o Maria, la parola di Dio in te si e' fatta carne.
Fa che non smarriamo il cammino della nostra esistenza, che il calore contagioso dell'amore illumini il nostro cuore".
Sia questa divina bellezza - ha invocato - a salvare noi, la nostra citta' e il mondo intero".
L'Ora di Compieta è il nostro inno di lode per il giorno trascorso e il consegnare a Dio il nostro sonno perché sia generatore di nuove e fresche energia per l’indomani. Nell’orazione finale, prima di recitare la preghiera finale, diciamo: «Il Signore ci conceda una notte serena e un riposo tranquillo». E prima c’è l'orazione finale: «Visita, o Signore, questa tua abitazione, e allontana le insidie degli spiriti cattivi; i tuoi
Angeli abitino in essa, e la custodiscano in pace». In quel momento, nel silenzio della nostra camera o sotto le volte solenni di un’abbazia come nel sogno di Giacobbe, descritto nel libro della Genesi, ci sembra di vedere tanti Angeli che, scendendo dall'alto popolano il cielo di benedizioni che scendono su tutte le famiglie come l'ultima benedizione della giornata.
In questo giorno dedicato dalla liturgia alla memoria degli angeli non possiamo sorvolare le prime pagine dell’evangelista Matteo che nella fase del fidanzamento e dei primi mesi delle vita di Gesù popola i sogni di Giuseppe con la presenza degli angeli che gli indicano la strada da percorrere e i misteri da accettare e il compito di custodire la sua sposa Maria a Nazareth, e poi la famiglia a Betlemme e poi in Egitto.
Questo nostro appuntamento mensile in compagnia di San Giuseppe è un appuntamento carico di affetto, di stima e di ascolto nell’armonia di suoni che solo l’anima innamorata e ricca di fede sa esperimentare. Vogliamo questa sera parlare a «cuore a cuore» con San Giuseppe, il papà terreno di Gesù.
Vogliamo ambientare la nostra preghiera nella casa di Nazareth, questa famiglia esemplare che costruisce la propria esistenza in un intreccio tra il divino e l’umano.
San Giuseppe ci è maestro non tanto per le parole che non ha pronunciato, ma per l’ascolto che sa dare alle nostre parole e alle nostre richieste.
Il suo silenzio - l’abbiamo detto tante volte - non è mutismo, ma è un silenzio illuminato da irradiazioni con tante sfaccettature che riflettono colori luminosi, quasi indicazioni di strade da percorrere per camminare nel giusto sentiero della santità, pienezza di beatitudine evangelica.
All’inizio di questo appuntamento un cordiale saluto a tutti: alle ascoltatrice e agli ascoltatori, a chi ci ascolta in casa o per strada tornando dal lavoro, a chi sta preparando la cena, ma, in particolare modo, a chi è afflitto dalle molte contrarietà, avversità che partono dalla cattiva salute, dai disagi interiori delle depressione, dall’insofferenza nei confronti della stessa vita. Un saluto particolare a chi è arrabbiato con l’esistenza stessa, per chi ancora non ha trovato un motivo forte e valido per vivere, un ideale abbraccio a chi si sente inutile, solo, a chi è senza amici.
Carissimo San Giuseppe,
in questa calura estiva,idealmente, mi siedo accanto a te all’ombra di un albero per confidarti un sentimento di gioia per il clima di serenità che papa Francesco ci ha permesso di vivere la scorsa settimana con la Giornata mondiale della gioventù. Sono state giornate intense di fede, di speranza, di condivisione e soprattutto di programmazione della nostra vita.
Al termine di quell’esperienza, il papa ha consegnato ai giovani tre verbi: andate, senza paura e servite.
«Andate. In questi giorni, qui a Rio – ha detto papa Francesco-, avete potuto fare la bella esperienza di incontrare Gesù e di incontrarlo assieme, avete sentito la gioia della fede. Ma l'esperienza di questo incontro non può rimanere rinchiusa nella vostra vita o nel piccolo gruppo della parrocchia, del movimento, della vostra comunità. Sarebbe come togliere l'ossigeno a una fiamma che arde. La fede è una fiamma che si fa sempre più viva quanto più si condivide, si trasmette, perché tutti possano conoscere, amare e professare Gesù Cristo che è il Signore della vita e della storia (cfr Rm 10,9).
E’ la prima vota che ci sentiamo dopo il bellissimo dono che papa Francesco ci ha fatto decretando di nominare il nome di San Giuseppe, accanto a quello di Maria, in tutte le celebrazioni eucaristiche. Ogni giorno in tutto il mondo, in tutte le comunità ecclesiali vengono affidate alle mani di San Giuseppe le sorti delle Chiesa e le nostre intenzioni.
Abbiamo una nuova sorgente di grazie.
Nel cuore delle nostre preghiere a San Giuseppe ci sono tutti i bambini e in particolare quelli che sono in sofferenza per malattie fisiche e morali (causate da separazioni dei genitori, abbandoni, violenze).
La nostra preghiera vuol esser, come sempre, il respiro del mondo: respirare i motivi della gioia per eventi lieti e accollarsi sulle spalle le sofferenze, i disagi e le lacrime dei poveri del mondo. In particolare vogliamo affidare a san Giuseppe il mondo giovanile, i giovani in cerca di lavoro, chi sta sostenendo gli esami di maturità.
Un cordiale ben trovati in questo nostro appuntamento mensile in compagnia di San Giuseppe. E’ il nostro primo appuntamento dopo l’elezione di Papa Francesco, il primo appuntamento dopo la Pasqua e, con la liturgia della Parola di oggi, viviamo nell’atmosfera dei discepoli di Emmaus, forse, anche noi, con l’animo appesantito dalla delusione, dagli affanni o dalle preoccupazioni, ma anche disponibili a ripercorrere il nostro cammino generoso verso Gerusalemme e tuffarci idealmente nella gioiosa comunità dei credenti in Cristo.
Caro ed amato San Giuseppe, la liturgia di rito romano domenica scorsa ha fatto riecheggiare nelle nostre assemblee la parola di tuo figlio Gesù, che ci invitava ad alzarsi e a levare il capo, per intravedere come vicina la nostra liberazione. C’è un invito e una costatazione: alzare il capo e una speranza vicina. Anche la tua vita è stata popolata di inviti: a prendere Maria tua sposa, a partire per Betlemme per il censimento, fuggire in Egitto. Ritornare dall’Egitto. All’invito di Dio hai sempre obbedito con generosità, ha sempre gettato l’ancora della speranza nel futuro e hai esperimentato che il futuro era colmo di grazia, colmo di Dio.
Anche noi stiamo vivendo il nostro avvento come tu l’hai vissuto. L'Avvento è il tempo che prepara le nascite, è il tempo in cui la tua sposa era in attesa del parto. L’attesa è il tempo delle donne: solo le donne in attesa sanno cosa significhi davvero attendere.
Oggi siamo qui a riflettere a pregare a chiederci: cosa davvero attendiamo?
Le pagine dell’evangelo ci prendono per mano e ci introducono oltre la soglia della porta della fede e ci aiutano a guardare in alto, a percepire il mondo pulsare attorno a noi, a sentirci parte di un’immensa vita e portatore del dono della fede per aiutare la gente del nostro a credere.
Caro San Giuseppe, all’inizio di questo mese in cui nel ricordo dei nostri cari defunti abbiamo bisogno non solo di tanta, ma di tutta la gioia dei santi per riuscire ad affrontare il doloroso tema della morte che tu, o caro San Giuseppe, hai sostenuto con il conforto e con la presenza di Gesù e della tua dolce e affezionata sposa, Maria santissima. In questo momento di preghiera, di riflessione vogliamo squarciare il cielo e alla luce del Vangelo delle parole del tuo figlio Gesù, alla luce dello Spirito Santo e con l’aiuto anche dei nostri cari defunti vorremmo che questi momenti così dolorosi e drammatici, divenissero luminosi e considerare come verità di fede che la morte è il sonno che ci risveglia in Dio.
In questi nostri tempi avendo la scienza allungate le stagioni della vita, siamo tentati di vivere un’eterna giovinezza.
Incontrare persone è sempre un motivo di gioia, è un soffio di umanità che rinnova la nostra stessa vita, soprattutto, quando i motivi dell’incontro sono nobili come questo momento di spiritualità in compagnia di San Giuseppe.
San Giuseppe è un nostro compagno di viaggio particolarmente ora alla vigilia di un anno dedicato all’approfondimento della nostra fede in Gesù, il Figlio di Dio, che Dio stesso ha dato in consegna a San Giuseppe per introdurlo nella nostra esistenza umana.
Un cordiale ben trovati in questo nostro appuntamento mensile in compagnia di San Giuseppe.
E’ un appuntamento carico di affetto, di stima e di ascolto nell’armonia di suoni che solo l’anima innamorata e ricca di fede sa esperimentare. Vogliamo questa sera parlare a «cuore a cuore» con San Giuseppe, il papà terreno di Gesù.
San Giuseppe ci è maestro non tanto per le parole che non ha pronunciato, ma per l’ascolto che sa dare alle nostre parole e alle nostre richieste. Il suo silenzio non è mutismo, ma è un silenzio illuminato da irradiazioni con tante sfaccettature che riflettono colori luminosi, quasi indicazioni di strade da percorrere per camminare nel giusto sentiero della santità, pienezza di beatitudine evangelica.
Un affettuoso saluto a tutti, a chi si trova a casa, a chi è in macchina, in viaggio, a chi soggiorna nei luoghi di villeggiatura, ma in particolare alle persone in difficoltà per tante ragioni, per la salute sia fisica che morale, per i disagi dell’incomprensione, anche una carezza ai bambini e a tutti un incoraggiamento affinché il Dio della vita con l’intercessione potente di San Giuseppe ci possa donare gioia di vivere e la forza per affrontare senza paura le difficoltà che incontriamo nel sentiero della nostra esistenza. Oggi la chiesa celebra la memoria di San Alfonso Maria dei Liguori, fondatore dell’ordine dei Redentoristi.
Questo santo che dopo aver esercitato la professione di avvocato, si è fatto prete, ha fondato appunto l’ordine dei Redentoristi e fu vescovo nella regione campana a Sant’Agata dei Goti in Campania, Sant’Alfonso è stato un grande devoto di San Giuseppe.
Innanzitutto ha consacrato il suo ordine alla protezione di San Giuseppe.
Era una grande intelligenza ed è stato paragonato a San Tommaso. Ha scritto libri di teologia morale he hanno formato nei seminari generazioni e generazioni di giovani preti.
Uomo di grande capacità comunicativa, sapeva parlare ai dotti e alle gente semplice; ha scritto un libro di novene a San Giuseppe. Nei suoi scritti di morale e nella preghiera cita spesso San Giuseppe come patrono dei morenti e il santo della buona morte.
Ma tutti noi ricordiamo Sant’Alfonso perché è l’autore del canto natalizio: «Tu scendi dalla stelle, o re del cielo e vieni in una grotta al freddo e al gelo».