di Giovanni Cucci
Nel desiderio le cose, le azioni, le scelte diventano importanti perché acquistano un significato simbolico, affettivo, in esse si può raggiungere ciò che è fondamentale per la vita, ciò che sta a cuore.
In ambito psicologico si distingue il desiderio dal bisogno. il desiderio ha una radice più sottile e complessa legata alla storia, alla memoria, agli affetti dell’individuo: esso ha anche a che fare con la fantasia e non è così facilmente concretizzabile in un oggetto immediato, come è invece caratteristica del bisogno. Sarebbe dunque riduttivo associare il desiderio al piacere o all’appagamento sessuale, esso è piuttosto un elemento che attraversa tutti gli aspetti della vita, intellettuale, spirituale, relazionale, ludico. C’è un elemento di continuità nel desiderio che indica una direzione, un percorso, un senso al vivere, a differenza del bisogno che è puntuale, limitato, circoscritto; il suo piacere è perciò anche di breve durata.
Un’altra caratteristica del desiderio, che lo differenzia dal semplice bisogno, è che esso mira a ciò che si potrebbe indicare come “la realtà fondamentale”, un punto focale che garantisce orientamento e significato al vivere ed all’agire. Dal punto di vista psicologico, il desiderio si potrebbe ancor meglio definire la capacità di «canalizzare tutte le nostre energie verso un oggetto stimato centrale per noi. Non è quindi il cieco impulso, la voglia matta, ma una tendenza significativa verso qualcosa che è apprezzato in sé» (Manenti). Questo perché il desiderio coinvolge tutta la persona, è strettamente legato agli affetti, ma comprende in sé anche l’aspetto conoscitivo, il riconoscimento dei valori.
In secondo luogo il desiderio, a differenza del bisogno, mostra la trascendenza dell’uomo; il bisogno è infatti legato a qualcosa di immediato, puntuale, mentre il desiderio può riguardare realtà a lunga scadenza, che implicano una progettazione, sacrifici, tentativi, smarrimenti e rinunce, applicando in esso tutte le proprie facoltà e capacità. Si pensi al desiderio di diventare medico, o di portare a termine una ricerca, o di adoperarsi perché venga fatta giustizia in una situazione di abuso e sfruttamento: perché esso possa realizzarsi si presuppone che il desiderio abbia una durata nel tempo; esso inoltre non scompare una volta esaudito, ma rimane un senso di pienezza e di soddisfazione.
Tutto ciò richiede certamente anche una certa stabilità nel soggetto, la libertà e la capacità di vedere oltre l’urgenza immediata del bisogno. Il desiderio, qualora non venga riconosciuto ed educato, rischia infatti di essere confuso facilmente con il bisogno, più semplice da soddisfare ma più superficiale e passeggero, portando ad una saturazione che nello stesso tempo lascia insoddisfatti, vuoti ed annoiati. Alcune manifestazioni di devianza e distruttività a livello giovanile sono legate al disagio di un vuoto interiore che si è cercato di riempire in ogni maniera, senza riuscirvi, lasciando alla fine ancora più scontenti.
Nel desiderio, infine, le cose, le azioni, le scelte diventano importanti perché acquistano un significato simbolico, affettivo, in esse si può raggiungere ciò che è fondamentale per la vita, ciò che sta a cuore. E l’affettività ha una grossa influenza anche sulla vita intellettuale: la parola ricordare infatti significa, letteralmente, “tenere nel cuore”, gli affetti stimolano la conoscenza o la limitano: di fatto ci sono delle cose che non si riescono a ricordare e ci sono invece cose che purtroppo non si riescono a dimenticare, anche se magari lo si vorrebbe tanto… in questi casi gli affetti possono diventare un ostacolo che affatica il conseguimento di ciò che si riteneva importante. Da un lato elevano, ma dall’altro riportano a terra, proprio per la componente di “umiltà” che li caratterizza.
Il desiderio è dunque una specie di “cerniera” che unisce in sé cognizione, affetto e volontà, elementi tutti presenti nell’atto della decisione. Il mondo dei desideri rivela all’essere umano che egli è potenzialmente infinito.
Alla sua nascita egli può apprendere qualsiasi lingua, compiere qualunque progetto, tutto sembra ugualmente posto davanti alla gamma delle sue possibilità, potrebbe essere imprenditore, monaco, professore, esploratore, atleta. Inoltre apre la porta a dieci, mille altri desideri possibili, non conosce mai la parola fine, ma anzi sembra accrescersi col passare del tempo: leggere un libro richiama ad altre infinite letture possibili, una persona conosciuta mette a sua volta in relazione con altre ad essa vicine, un’esperienza apre ad altre.
Questo senso di potenzialità infinita, che è proprio dell’essere spirituale, può essere ulteriormente riconosciuto se si considera l’aspetto di immaginazione e di fantasia presenti nel desiderio: con il pensiero, senza muoversi dalla propria stanza, ci si può trovare in qualunque posto possibile, pensare a diverse persone, immaginare di conversare delle cose più belle, senza la fatica di doversi spiegare, di seguire un filo logico, senza la difficoltà di introdurre cautele, chiarimenti. Unito al fascino delle nuove scoperte emerge però prima o poi anche la stanchezza e la delusione, la percezione cioè del limite: se non altro, il tempo stesso tende a ridimensionare il senso di onnipotenza del desiderio.