Seguire Gesù povero
di Mario Sgarbossa
Povertà che educa e al tempo stesso che provoca e dà scandalo come la visse frate Francesco, e la Santa Famiglia di Nazareth. Nel precedente articolo (gennaio 2013), parlando del Poverello d’Assisi, si è detto che i poveri interrogano la Chiesa. Ora ascoltiamo la risposta che a questo interrogativo dei poveri dà la Chiesa, oggi, con l’esempio e con le parole dei suoi ministri, dai più titolati agli ultimi nella scala gerarchica, i preti “in cura d’anime”, appunto chi condivide in loco povertà e speranze del popolo, per cui il pastore sente, come dice il Papa Francesco, l’odore delle sue pecore.
L’esempio che più delle parole è parso convincente mi è venuto dal mio parroco, di Galliera Veneta, della diocesi di Treviso, un autentico maestro di quelli che seguono alla lettera il monito evangelico, coepit facere et docere, prima delle parole i fatti. Un prete plurilaureato (a Lovanio in Belgio e a Roma alla Lateranense), ma umile povero, che fin dal suo ingresso ci ha dato l’esempio che piace appunto a papa Francesco.
L’ho visto scendere dalla corriera di linea Treviso-Vicenza con la sua valigia di cartone, come usano i migranti. Poi l’ho visto fare le visite quotidiane ai poveri e agli ammalati in bicicletta, lasciando al cappellano la vecchia Cinquecento. La porta della canonica era aperta a tutti a qualsiasi ora del giorno, perché, come dice ancora papa Francesco, il Papa ama tutti, ricchi e poveri, ma ha l’obbligo di ricordare ai ricchi che devono aiutare i poveri.
Appunto come fece il mio parroco, don Guido Manesso, deceduto in giovane età, quando fu invitato dal direttore della banca locale, a benedire e a dire parole di circostanza alla inaugurazione del nuovo locale. Le parole del parroco lasciarono tutti perplessi: Sentite, disse, io dovrei predicare il vangelo, sono qui per questo e non trovo che il vangelo parli di inaugurazione di banche. Ho letto che Gesù ha rovesciato i banchi dei cambiavalute, erano nel recinto del tempio, ovviamente fuori posto. Poi ho letto la parabola del ricco stolto, che in termini attuali si potrebbe riferire così: ho un bel pacchetto di banconote al sicuro in banca, adesso posso farmi una bella villetta con tanto di piscina nel parco... Ma il Signore gli disse: stolto, questa notte morirai e con te non porterai niente».
Nel vangelo possiamo trovare tante altre cose che riguardano l’uso del denaro. C’è una pagina dove Gesù dice: da’ a chi ti chiede e non voltare le spalle a chi ti domanda un prestito. Ma si può incappare in brutte sorprese, dunque, semplici come colombe, ma prudenti come serpenti. Anche i banchieri hanno un’anima, ma ci può essere il furfante in agguato. Come fare a difenderci? Ho posto il quesito a don Guido ed ecco la sua risposta. Nel vangelo leggiamo l’esortazione di Gesù a non accumulare tesori sulla terra, e di collocarli dove i ladri non possono rubarli. Sottinteso, nella banca dei poveri con le buone opere , che rendono il 100%.
Sul nostro cammino non ci capiterà di incontrare degli arricchiti simpatici come Zaccheo il quale, dopo aver incontrato Gesù, stabilì subito che metà dei suoi beni li avrebbe dati ai poveri e l’altra metà l’avrebbe usata per restituire quattro volte tanto a coloro che aveva defraudato, caso più unico che raro anche in casa cattolica.
Chi sono dunque i veri poveri, cioè quelli per i quali Gesù dice: «beati voi che siete poveri»? Eccoli: quelli che hanno fame, che piangono, che sono odiati e proscritti a causa di Cristo, la cui attenzione è rivolta anzitutto non alla povertà in spirito, ma ai poveri. Sono i poveri di beni materiali, i poveri di cultura, i poveri di libertà economica e sociale, i poveri per motivi di razza, i poveri costretti a emigrare, che soffrono per il distacco dalla loro terra, poveri per la solitudine, le incertezze del lavoro, quelli esposti alle fatiche mal remunerate, i poveri di possibilità di inserirsi nel tessuto sociale o politico a tutti i livelli.
E ci sono i poveri di energia fisica e di beni spirituali, poveri di salute, poveri di gioia, di serenità, di amore e di pace. E sono anche i poveri di spirito di povertà: sono quelli che non hanno quest’anima di povero di fronte al senso della propria esistenza e di fronte a Dio e di fronte a coloro che sono orgogliosi, potenti e ricchi, i poveri che soccombono alla violenza.
Nel Magnificat si parla di questi poveri di spirito, che sono in realtà i più poveri di tutti perché Dio li spazza via se non mutano il loro atteggiamento verso Dio e verso il prossimo. Dio non è dalla loro parte, li disperde, li butta giù e li manda via a mani vuote
Poveri, dunque, lo siamo tutti, ma tutti possiamo beneficiare della liberazione dal male annunciata da Gesù, “inviato dal Padre a guarire quelli che hanno il cuore contrito”. è questo il lieto messaggio ai poveri, la liberazione da tutte le povertà che impediscono all’uomo di essere uomo.
Anche le parole di papa Francesco, su questo tema, sono alla portata dell’umana debolezza, come diceva fra Bonaventura da Bagnoregio, il più qualificato interprete di Francesco d’Assisi, ai suoi frati. Tutti hanno da sintonizzarsi sulle parole del vangelo, come dice di se stesso papa Francesco: “Dal momento che sono chiamato a vivere quanto chiedo agli altri, devo pensare anch’io a una conversione del papato”, perché la Chiesa non è una dogana, ma è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con il bagaglio della sua vita faticosa.
Anche questo fa parte del manifesto programmatico del papa, benché sia più esatto parlare di un vecchio modo, giustamente in declino, di pensare la Chiesa ai nostri giorni, insomma, alla povertà oggi e non a quella del Poverello d’Assisi contestata dai suoi frati, perché non alla portata dell’umana debolezza. Altri tempi.