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Sabato, 25 Marzo 2023 10:29

Le opportunità nella crisi

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di don Bruno Capparoni

Scrivo queste righe in prossimità della festa più cara, quella di san Giuseppe. Quest’anno torneremo qui a Roma alla tradizione degli anni precedenti, alla Processione che è il momento più solenne e partecipato, ai festeggiamenti in Oratorio e lungo le strade, soprattutto senza le limitazioni tanto affaticanti degli ultimi due anni. Ringraziamone Dio!

Purtroppo, dopo il Covid, si è affacciata all’orizzonte un’altra crisi: la guerra. È un pericolo e un dolore ancor più grande del contagio, in quanto la guerra viene dal “virus del cuore umano”, che non ha vaccino. Durante il Covid eravamo preoccupati, ma avevamo speranza nella medicina. Invece per l’odio, la sopraffazione, l’ingiustizia non c’è medicina che valga. E così, dopo il Covid, con la guerra siamo caduti in una nuova crisi ancor più profonda. 

Cerchiamo una reazione positiva! È papa Francesco che collega spesso alle crisi il carattere di “opportunità”. È un’opportunità che certo non vorremmo avere, ma dalla quale vogliamo ricavarne un profitto.

In primo luogo, ripensando alla pandemia vogliamo esprimere gratitudine. Diciamo un grazie  a quanti ci hanno aiutato a superarla:  personale medico, forze dell’ordine, governanti! Ma noi credenti diciamo soprattutto un grazie a Dio provvidente che, mentre veste i gigli e nutre i passeri, provvede ancor più generosamente a noi, gente di poca fede… 

Secondariamente, guardando alle nubi del futuro, ci affidiamo con più fiducia a colui che è Padre e che non abbandona i suoi figli. Crediamo in un disegno buono che si realizza nella grande storia, ma anche nella breve vicenda della nostra vita: colui che ha iniziato l’opera buona (che siamo noi), la porterà a compimento!

Seguiamo anche il consiglio del Signore Gesù: «Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto» (Mt 7, 7-8). È il «gran mezzo della preghiera», come insegnava sant’Alfonso. 

E infine la crisi del Covid e ancora più quella della guerra ci hanno impoveriti. La reazione naturale è quella di chiuderci, di pensare solo a noi stessi. Invece la fiducia nella Provvidenza ci spinge ad aprirci, ad essere generosi. Aggiungiamo allora alla preghiera, come garanzia della sua validità, anche il dono che facciamo ai poveri. Nel Vangelo vi è una parabola in cui Gesù sorprendentemente loda un amministratore disonesto; al termine aggiunge queste parole: «Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne» (Lc 16, 9). È una parola da interpretare bene, ma senz’altro ha una realizzazione corretta quando, dopo aver pregato il Padre, facciamo elemosina ai poveri e aiutiamo chi ha più bisogno di noi.

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