Dal matrimonio di Giuseppe con Maria fino all’episodio di Gesù dodicenne nel Tempio di Gerusalemme, tutta la fase dell’infanzia è intessuta di premura amorevole «per la crescita di Gesù in età, sapienza e grazia». Pur nel silenzio, Giuseppe è accanto alla sposa sia nei momenti sereni e in quelli difficili della vita, come il viaggio da Nazaret a Betlemme per il censimento; nelle ore trepidanti del parto; e poi il drammatico avviso dell’immediata partenza per un paese straniero, l’Egitto. La ricerca di un lavoro e poi l’indagine affannosa del figlio al Tempio; e poi la quotidianità della casa di Nazareth, nel laboratorio, dove ha insegnato il mestiere a Gesù».
Chiediamoci: il nostro mondo globalizzato, sempre di corsa, preoccupato di non perdere l’aggancio con il presente, come si può rispecchiare nella vita di Giuseppe? Certamente non nel modo - ormai lontano nel tempo -, ma nella qualità - come arte - nel custodire i valori consegnatigli da Dio Padre. Giuseppe non è stato il padrone, ma il custode di un patrimonio ricevuto da Dio; l’ha custodito in un modo mirabile perché ha saputo ascoltare, si è lasciato guidare dalla mano di Dio, per questo è stato sensibile alle persone che gli furono affidate. Egli ha saputo leggere con realismo gli avvenimenti, fu attento a ciò che lo circondava, prendendo così le decisioni più sagge. Nel padre terreno di Gesù troviamo il modello di come si risponde alla vocazione di Dio; due qualità: disponibilità e prontezza. La prerogativa principale dell’agire di san Giuseppe fu di collocare la sua vita accanto a Gesù. Dimentico di sé e dei suoi personali progetti di vita, ha messo al centro di ogni decisione il bene di Gesù; così, istintivamente, ha insegnato anche a noi come custodire il prossimo che ci sta accanto, in casa, nel lavoro, nella vita ordinaria.
L’evangelista Matteo attribuisce a Giuseppe l’appellativo di «uomo giusto». Giuseppe era «giusto» non solo perché osservava scrupolosamente la legge, ma per quel rapporto vitale con Dio, che cambia il cuore dell’uomo e lo rende disponibile a fruttificare secondo i suoi piani. Il primo salmo dice: «L’uomo giusto è colui che si compiace della legge del Signore, medita la sua legge» e si può paragonare a un «albero piantato lungo i corsi d’acqua che dà frutto a suo tempo». San Giuseppe è modello perché ha messo Dio al centro della vita. Questo non significa avere davanti agli occhi una chiarezza assoluta del nostro futuro, ma la consolante certezza che a ogni passo Dio ci è accanto, soprattutto, quando «si è stretti dalla tribolazione e invochiamo il suo patrocinio».