Ammesso alla sua presenza schietto e sbrigativo si premurò di precisare:
- Non sono venuto qui da te per avere teorie o grandi spiegazioni. Dammi qualche consiglio che mi permetta di riconoscere la strada che porta in paradiso. E indicami anche quella che può portare all’inferno, così che la possa evitare.
Il saggio accenna a un sorriso, apprezza la lucidità della richiesta del soldato, la sua voglia di dare un indirizzo buono al suo vivere. Riflette un momento poi chiede a sua volta:
- E tu chi sei?
Il soldato, con evidente orgoglio, confida ad Haikin:
- Come puoi vedere dalla mia uniforme sono un samurai, sono il capo dei samurai. Per l’importanza del mio ruolo sono tenuto in considerazione e stimato da tutti. Anche l’imperatore mi mostra un grande rispetto.
Haikin allora dà l’impressione di prendersi gioco del suo interlocutore:
- Tu, un samurai? Non l’avrei mai pensato. Hai l’aria di essere uno di quei poveri diavoli, che non sapendo cosa altro fare, decidono di passare la loro vita a fare la guerra, a ferire e ad ammazzare chi non va loro a genio.
Il samurai non crede alle sue orecchie nel sentirsi trattato male fino a questo punto. Ferito nel profondo del suo orgoglio, estrae la sciabola e sta per colpire il saggio. Ma qualcosa trattiene il suo gesto. Haikin lo sta guardando senza scomporsi alla minaccia pur grave che gli incombe. In tono severo il saggio ammonisce:
- Ecco questo è l’inferno: mostrarsi in balia dei propri istinti e non riuscire a controllare le proprie pulsioni.
Un commento disarmante. Il soldato, rammaricandosi del suo gesto sconsiderato, ripone l’arma nel fodero, si rimette umilmente in ascolto. Haikin allora aggiunge:
- E il paradiso è riuscire a essere padroni di sé stessi, capaci di gestire in modo costruttivo e soddisfacente il proprio mondo interiore, cariche e pulsioni che gli eventi vi sollecitano.