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Giovedì, 02 Gennaio 2020 13:02

Adottare il futuro è accendere speranze

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Brindare al nuovo anno 2020

di Mario Carrera

Quando varchiamo la soglia di un nuovo anno, idealmente, lanciamo sulla sponda del futuro lo zainetto con i nostri desideri: un grappolo di sogni maturati nel cuore della vita. Scommettiamo il nostro futuro sul tavolo della Provvidenza divina con la certezza che il Dio della vita cammina con noi e si fa luce soprattutto nei momenti bui.

Le forti convinzioni religiose che spingevano il corso della vita, oggi, sembra che abbiano perso un po’ di freschezza. Ieri scommettevamo sul nostro futuro nella consapevolezza di esser investiti dalla potenza creatrice di Dio. Oggi gli orizzonti si sono abbassati, i nostri occhi guardano più la terra che il cielo, la fretta rapina la nobiltà dei sentimenti.

Viviamo tante volte come incapsulati in scafandri senza fessure. Nei tempi antichi, iniziando dall’uomo delle caverne, sulle pareti di roccia si disegnava un  ”altrove” per la vita umana e i suoi passi erano segnati dalle orme del divino. Ora viviamo prigionieri nel momento presente con una speranza dalle ali spezzate. Diceva la filosofa e mistica francese Simone Weil: «… il mio compito è pensare a Dio e poi è Lui che deve pensare a me».  Anche nel decalogo, il sabato da santificare per gratitudine a Dio viene prima dell’impegno ad onorare il padre e la madre.  Nella vita di ogni uomo Dio rimane sempre al centro del nostro vivere. La ruota dell’esistenza non si limita a mantenere legato in modo esclusivo la vita al nostro “io”, ma il fluire dei giorni e degli anni ci spinge su terreni e panorami diversi, lontani da noi.

Il nostro vivere in società ci spinge a costruire ponti, avviare relazioni che fruttificheranno nel benessere comune di cui godranno anche le generazioni future. 

Chi pianta un albero lo fa per le generazioni future, per sorrisi mai conosciuti e gratitudine depositata nei granai del futuro.

La vita di una persona non è limitata ad una sola dimissione; qualsiasi cosa noi facciamo è sempre coinvolto anche Dio.  Una sana educazione sa far attingere le risorse della vita anche dalla presenza di Dio. «Noi possiamo dissetarci al flusso dei pensieri che sgorgano dalla rupe delle parole» che Dio fa vivere nelle parole ispirate della Bibbia.

Don Guanella era un educatore e sapeva che nel nostro corpo “prestato” alla vita terrena e poi “richiesto” per l’eternità doveva essere coltivata anche la dimensione spirituale. La dimensione dello Spirito ha le sue radici nel cuore, per questo diceva, appunto, che «l’educazione è un affare di cuore». Egli sapeva che «Il “buono” è ciò che interessa a Dio; il buono è ciò che unisce l’uomo con se stesso, l’uomo con i suoi simili e, non per ultimo, l’uomo con lo stesso Dio».

Oggi viviamo una relazione complessa e sofferta della nostra fede con la secolarizzazione e un conseguente rilassamento della pratica religiosa.

Oggi per i credenti è tempo di coraggio e di testimonianza e san Giuseppe ci offre una esemplare modalità per vivere un rapporto di collaborazione con i disegni di Dio. 

Vivere la fiducia nella continuità con la radice della fede e nella discontinuità per le sollecitazioni provocate dalla modernità.

San Giuseppe, patrono delle Chiesa universale, ci doni occhi lungimiranti nell’essere malleabili alle ispirazioni dello Spirito Santo.

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