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Sabato, 04 Marzo 2017 13:14

La bottega di Nazareth ha dato dignità al lavoratore

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Marzo: mese di san Giuseppe

di Mario Carrera

Nella Bibbia il libro del Qohèlet è uno scrigno di saggezza. Qohèlet Un volto che si fa parola e parole che si fanno creature viventi e protagoniste di una storia. è un predicatore che dà risposte, ma soprattutto sa fare domande, come quando si interroga chiedendosi: «Quale profitto c’è per l’uomo in tutta la sua fatica e in tutto l’affanno del suo cuore con cui si affatica sotto il sole?».

Fatica e affanno sembrano costituire l’ossatura dell’esistenza umana. Dopo la parentesi paradisiaca del giardino dell’Eden, per Adamo ed Eva lo scenario dell’esistenza è segnato dalla fatica e dal lavoro. Nel ciclo della creazione ben sei giorni sono occupati dal lavoro del “fare” di Dio per rendere abitabile la stanza dell’uomo. Tanto lavoro da parte di Dio: un capolavoro destinato a «un giorno senza tramonto» affinché il Creatore possa compiacersi, scrivendo il poema della creazione e coniugandolo con l’alfabeto della creazione. Le regole grammaticali per questo poema erano scritte con il sudore della fronte e dalla sofferta fantasia creatrice dell’uomo.

Ho trovato questa citazione attribuita a san Francesco il quale diceva: «Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore è un artista».

Da subito nelle pagine delle genesi l’uomo è chiamato ad essere artigiano con l’incarico di dare il nome alla realtà vivente. 

Abele diventa l’artista, perché  a differenza di Caino che si fa artigiano dei metalli. Il primo martire dell’invidia e dell’odio, Abele, attraversa la natura con il cuore e la rende inno di benedizione alla bontà divina. 

Nella trama della storia del popolo d’Israele la sapienza divina esalta le professioni « dipinge a colori vivaci i giorni e le opere del lavoratore, combatte l’ozio, tutela il diritto al riposo». Nella tradizione ebraica era obbligatorio un periodo di apprendistato per acquisire una professione lavorativa  come fonte di sostegno. San Paolo in una sua lettera denuncia a che i “lazzaroni” non hanno diritto a mangiare.

Il lavoro è una componente fondamentale della vita umana, Il lavoro ha segnato da sempre  il cammino dell’umanità e quella di ogni singolo individuo.

Per far giungere il suo figlio Gesù nella nostra storia, per dargli una paternità legale, Dio è passato nelle mani incallite di un lavoratore come Giuseppe.  Gesù a Nazareth, infatti, era conosciuto come il garzone di bottega, era «il figlio del carpentiere».

Per il giovane Gesù la casa di Nazareth era diventata un laboratorio di umanità, una scuola di lavoro come partecipazione all’opera creatrice di quel «Padre che sta nei cieli».

Dalla rivoluzione industriale della fine dell’Ottocento  la Chiesa  è stata costantemente presente alle problematiche del lavoro.  Da Leone XIII a papa Francesco il ruolo esemplare di san Giuseppe  vive nell’onesta  laboriosità. 

Non dobbiamo dimenticare come afferma San Giovanni Paolo II  che  nell’Evangelo «il lavoro umano e in particolare il lavoro manuale trova un accento speciale. […] Grazie al banco di lavoro presso il quale esercitava il suo mestiere insieme a Gesù, Giuseppe avvicinò il lavoro al mistero della redenzione».  

«Gesù ha lavorato con mani da uomo» per aprire la strada  della redenzione  dell’umanità intera attraverso il lavoro come contributo al benessere dell’umanità. 

Dobbiamo invocare l’aiuto di san Giuseppe affinché sviluppi la fantasia umana per aprire nuove strada lavorative  e permettere a tutti di guardare al futuro con speranza, così recuperare benessere e dignità, perché una persona senza lavoro è persona dimezzata.

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