Tra i quadri che nel tempo ci hanno regalato il momento del transito di S. Giuseppe e che colgono l’ultimo respiro del santo, ne vengono scelti quattro, dipinti in periodi diversi.
Assereto Gioacchino, pittore genovese del 1600, in uno splendido dipinto ci inquadra con un marcato verismo, il momento del transito. Maria appoggia teneramente la mano sul capo del moribondo; e Gesù, raccolto in un dolce colloquio col padre, gli solleva la mano con un gesto amorevole, mentre con l’altra gli indica il paradiso che già gli si sta aprendo dinanzi. Il volto di Giuseppe è un poco acceso e contrasta col colore della sua mano che pare già spenta. Sul petto del patriarca si trova un esile bastone; quello della tradizione legata alle vicende dello sposo di Maria. I colori a toni spenti fanno risaltare il bianco candido delle lenzuola e la tinta carnale dei volti. Una candela appoggiata al tavolino e una boccetta d’acqua su un piatto, compongono un ambiente di intimità familiare, e aprono a varie interpretazioni.
Come non trovare emozione dinanzi a questa opera così realistica e comunicativa?
Francesco Solimena, artista napoletano vissuto nel periodo del più fantasioso barocco secentesco, ci presenta l’episodio inserito in un contesto di grande respiro pittorico. Giuseppe ha accanto Maria e Gesù in piedi gli indica il paradiso. Ma altre figure si inseriscono nel quadro: quella di Dio Padre, che sorretto da angeli si fa largo nel cielo, mentre una pesante tenda si apre al suo arrivo. Quella dell’Arcangelo, protettore delle anime, situata come sentinella oltre il giaciglio; e altre figure celesti che reggono i vasi delle virtù, poste ai piedi del letto, prospetticamente inclinato. Una teatralità tutta barocca che si arricchisce di un cromatismo manierista. Cosi il rosso del tendone e il blu cobalto del manto di Maria e di Gesù, contrastano fortemente col biancore del corpo di Giuseppe.
L’insieme non trasmette emotività; punta sul celebrativo, sulla esaltazione del santo patrono dei moribondi e delle sue virtù.
Il grande pittore a cavallo tra il settecentesco e l’ottocento, lo spagnolo Francesco De Goya ci rappresenta una suggestiva immagine del transito di S. Giuseppe, cogliendo l’attimo in cui Gesù, quasi stupito di ciò che sta accadendo, giunge al capezzale del padre morente. Il colore vivo dei capelli ci raccontano - insolitamente - di un Giuseppe ancora in età virile, quasi coetaneo di Gesù. Maria, posta al lato del letto, osserva Gesù proteso verso il genitore proprio nell’attimo in cui esala l’ultimo respiro e i suoi occhi si stanno chiudendo. Le braccia aperte del Redentore amplificano prospettivamente lo spazio dilatando l’azione. I colori sono brillanti, quasi manieristici. L’ampia veste che copre totalmente Gesù è rimarcata, come rimarcato è tutto il corredo della stanza, e la linea verticale della tunica che percorre gran parte della figura del Salvatore si fa quasi tagliente. Alle spalle del letto un fascio ocra proveniente dall’alto, taglia lo spazio, e va a colpire la figura di Giuseppe, per accoglierne l’anima e rapirla al paradiso.
Il pittore del novecento veronese, Vincenzo De Stefani, ci presenta un delizioso quadro che interpreta il transito di San Giuseppe in modo semplice e immediato. Gesù ci osserva mentre regge la mano a Giuseppe e gli appoggia dolcemente il viso. Maria solleva l’altra mano de nostro santo, mentre una schiera di angeli giunge in processione dal paradiso, che si apre alle loro spalle in una profusione di dorature, pronti ad accogliere l’anima del santo. A terra il giglio delle virtù caduto sul pavimento ci racconta molto sulla vita del santo. I colori tenui ben risaltano la delicatezza espositiva dell’opera e le capacità artistiche dell’autore.