La Cei (Conferenza episcopale italiana) ha dequalificato la festività di san Giuseppe a livello di liturgia ordinaria depennando l'obbligo della Messa e del riposo per dare una mano alla bilancia dei pagamenti. Ci sono cattolici che optavano per una riduzione delle ore di sciopero e per un impegno maggiore nei giorni lavorativi; ma non mancano i cattolici che sostengono che la santità è un diritto di tutti come la Mutua e che le feste sono un peccato contro la promozione occupazionale […] Io mi attesto sulle posizioni dell'«Osservatore Romano» che è la campana grossa della chiesa di San Pietro. Il calendario dei santi non è mai stato a numero chiuso e l'ultima lista di feste con Messa d'obbligo e riposo di contorno risale a Pio X. E, d'altro canto, l'Italia poveretta vale una Messa, tre santi e altre feste comandate. Solo mi rigermoglia il pensiero che dove il papa ritira la pantofola, c'è subito qualcuno che ci mette la scarpa. […] Difficile sarà estirpare la festa laica di san Giuseppe. Cade in un tempo di tentazioni ecologiche. L'inverno è dimissionario e la primavera inaugura la sua amministrazione con uno sperpero faraonico di fiori di pesco. I rilievi smettono il fumo di Londra e il mare gira onde allegre. L'aria si fa di seta ed è consigliabile vivere. Chi ha passato i mesi perturbati in città mangiando nebbia inquinata e originali televisivi, inventerà sciatiche, catarri bronchiali o la malattia dei polli per strappare il 19 marzo alla cazzuola o all'aratro.
San Giuseppe in Romagna era una devozione per tutte le ruote: lo festeggiavano repubblicani storici, anarchici e mangiapreti dogmatici. La Romagna si trasferiva in pineta portandovi chilometri di salsiccia, mastelli di ragù e un fiume di Sangiovese. […] Io a san Giuseppe gli faccio questa festicciola di parole in un articolo perché è un santo fatto a mio dosso. Prima di tutto contesta la turba sterminata dei chiacchieroni col suo silenzio irreversibile.
Nella Bibbia parlano tutti, anche l'asina di Balaam: di san Giuseppe non c'è un discorso in presa diretta. Ora è cominciato il secondo diluvio ed è quello delle parole. Nel primo si salvò Noè, nel secondo non si salverà nessuno. La tivù e la radio mischiano infinite acque ciarliere; il ministro, il sindacalista, il politologo e il cretino affogano l'Italia nelle parole. Da anni si versano lacrime qualunquistiche sull'inquinamento dell'aria. L'inquinamento del silenzio sarà l'ultima devastazione dell'uomo.
Orazione efficace: san Giuseppe in silenzio, salvaci dai discorsi dei nostri politici. San Giuseppe contesta l'antica mafia a impianto familiare che genera le baronie. Quando un italiano giunge all'impatto con la poltrona, comincia il ballo di san Vito. Suoceri, generi, figli e figli dei figli fino alla terza e quarta generazione sono coinvolti nell'area del potere seduto. Una poltrona tira l'altra come le ciliegie. San Giuseppe per trent'anni incontrò il Signore in casa sua e non gli chiese mai un posto in federazione, una spintarella in busta o un giorno di vita in più. Gesù cavò quattrini dalla bocca del pesce, risuscitò Lazzaro; ma san Giuseppe rimase operaio del legno ed ebbe la sua morte come stipendio a contratto supernazionale.
La Chiesa ha sacrificato alla micragna i suoi rappresentanti sindacali, cioè san Giuseppe (sindacato carpentieri), san Pietro (sindacato della pesca) e san Paolo (artigianato). La spensierata miseria della repubblica ha impoverito le rappresentanze del Regno dei Cieli. I santi se ne vanno e la crisi economica resta.
San Giuseppe, falegname, piantaci su una contro-benedizione ribadita col martello.