Gesù ritrovato al tempio: quinto mistero gaudioso
Gesù, il ragazzo, che resiste tre giorni a Gerusalemme, è la sapienza che interroga e dà le risposte alle promesse di Dio. Gesù è per noi la Parola viva dell’evangelo che ascolta e interroga sulle promesse dell’Antico Testamento
di Ottavio De Bertolis
Una scena stupenda: il figlio di Maria, dodicenne, cioè adulto (come anche oggi presso gli Ebrei il dodicenne diviene Bar Mitzvà, “figlio dell’alleanza”, e legge così per la prima volta la Torah in pubblico, nella sinagoga), non rimane in casa, con i suoi, o “nella carovana” del mondo. Gesù vuole dedicarsi alle cose del Padre suo, ovvero, con le sue parole letterali riportate nel Vangelo: “non sapevate che devo essere nelle cose del Padre mio?”. E Maria e Giuseppe non compresero: non si trattava di una disobbedienza, di un dispetto fatto dal giovinetto ai suoi genitori (“tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo”), ma della manifestazione più profonda della sua identità e quindi del suo destino, della sua vita che gli si apriva davanti, come a un giovane adulto si pone davanti la vita con le sue scelte.
Gesù non si identifica con un bravo Rabbi, come avrebbe potuto essere, un dotto conoscitore della legge di Mosè, e nemmeno con un giusto, un “devoto”, un osservante dei precetti: è di più, è figlio. E come tale ama e cerca per sé quel che il Padre stesso ama e cerca: lo vedremo compiutamente durante tutta la sua esistenza. Gesù non si limita ad osservare la legge, ma consegna al Padre tutta la sua vita, per non vivere più per se stesso, secondo i suoi gusti e il suo criterio, ma perché il Padre riveli in lui se stesso.
Trovo commovente pensare a questo: un dodicenne “normale” sente che sta crescendo, vive i primi amori, capisce, o prova a capire quel che sarà la sua strada, il suo mestiere, quel che vuole dalla vita. E così Gesù: ma lui scopre un grande amore, quell’amore che riempie tutta la sua vita, e questo è Dio, il Padre. E scopre la vita non come un “mestiere” da imparare, un “qualcosa” da dover fare, ma piuttosto nel “come” essere, che “tipo di uomo” essere. Come a noi, così anche a lui si sono aperte tante possibilità: ma la voce dello Spirito gli rivelava di potere vivere come figlio di Dio: di potere vivere cioè non solo come suo alleato (era diventato, lo ricordo, “figlio dell’alleanza” mosaica, basata sulla Legge) o come persona onesta e retta, ma come Dio stesso. E infatti Lui manifesta il Padre in tutto quel che dice, sceglie, compie ed è, fino a rivelarlo nel suo corpo santissimo, specie nella Passione. Gesù, la sua vita, è la fotografia di Dio, l’immagine visibile del Dio invisibile.
Maria e Giuseppe sono i suoi compagni più generosi e fedeli in tutto questo: potremmo dire che Gesù li rende partecipi della sua stessa vita. Già lo abbiamo visto nella scena della natività, e poi possiamo vederlo ancora: poveri, come lui ha scelto di essere povero, casti, come lui ha scelto di amare in questo modo, obbedienti alla volontà del Padre come Lui ha scelto di compiere in tutto e fino in fondo la volontà del Padre. E così ogni cristiano è chiamato a condividere i propri beni, a vivere in qualche modo questa povertà che Lui scelse, a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo. Ognuno poi è chiamato ad amare in modo vero, autentico e profondo, in mezzo alle mille possibilità di “amare di meno”: e questa è vera castità, che santifica ogni nostro amore e lo preserva da ogni falsità; infatti è casto colui che ama, non colui che non ama, anzi, il non amare è la vera impurità. Infine, ogni cristiano è chiamato a porgere l’orecchio, ad ascoltare la voce di Dio Padre, che lo chiama e gli dà un posto unico nella storia, per essere, potremmo dire, “l’uomo giusto al posto giusto”, vivendo quella vocazione che Dio gli ha dato: in fondo, siamo chiamati tutti a compiere non la nostra volontà, ma quella del Padre, per essere suoi figli, sue immagini. Vediamo dunque che tutti, in un modo o in un altro, siamo chiamati a vivere la vita stessa di Cristo. In questa decina possiamo pregare per tutti noi, ma soprattutto per i giovani, per “essere” anche noi “nelle cose del Padre”, del tutto, e non solo in parte.
In fondo, è nel Cuore di Cristo che si adempie la preghiera che ogni buon ebreo recita tre volte al giorno: “amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze”. Che Maria ci ottenga un cuore pienamente configurato al Cuore stesso di Cristo.