Per Giuseppe quanta felicità sapere che questa era proprio la volontà di Dio per lui, il dono di amore che Dio gli fa!
Difficilmente possiamo immaginare il senso di pienezza che colmò allora il cuore di Giuseppe e che lo sostenne durante tutte le prove della sua vita. Ed egli da allora ama Gesù con autentico amore di padre, diventando modello per tutti i genitori e gli educatori.
Però questa immensa felicità porta con sé una rinuncia talmente grande che sembra impossibile a chi non ha fede, a chi non conosce la potenza della grazia di Dio.
Giuseppe si trova in una situazione strana: Maria è sua e non è sua, Gesù è suo figlio ma non è stato generato da lui. Nell'amore di Giuseppe troviamo dunque una rinuncia molto profonda, molto esigente. Una rinuncia che però non nuoce all'amore, anzi, lo eleva ad un'altezza sublime.
È un amore che non cerca il proprio interesse, le proprie soddisfazioni, ma si mette completamente al servizio della persona amata.
L'amore di Giuseppe per Maria non cerca che di servire la vocazione di Maria e così giunge ad una unione spirituale ammirevole, da cui scaturisce una grandissima e purissima gioia. È veramente la perfezione dell'amore. In questo mese dominato dalla tradizione popolare con la figura di san Giuseppe, la Chiesa come buona mamma e saggia educatrice, ci invita a rallegrarci pensando alle grazie ricevute da san Giuseppe, grazie meravigliose, che suscitano in noi un senso di ammirazione profonda. L'Angelo che apparve a Giuseppe, oltre a rasserenare il suo spirito togliendolo dalla turbolenza affettiva pe il sospetto di un tradimento, l’Arcangelo Gabriele nel suo messaggio riassume il mandato e lo scopo della sua missione accanto alla sua futura sposa: 1°) essere lo sposo di Maria; 2°) imporre il nome a Gesù, cioè avere la responsabilità di un padre verso di lui. 3°) Vivere dunque intimamente unito a Maria e a Gesù.
L'amore di Giuseppe per Gesù cerca soltanto di servire la vocazione di Gesù, la missione di Gesù. Giuseppe non assomiglia a quei genitori che considerano i figli loro proprietà, che impongono un'autorità e un affetto tirannico. Egli sa benissimo che Gesù non gli appartiene e non desidera altro che prepararlo, secondo la sua capacità, alla sua missione di Salvatore, come lo ha annunciato l'Angelo.
Tutto questo non è possibile se non nella fede. Il brano della lettera ai Romani che leggiamo oggi è in questo senso un commento del Vangelo. Il Vangelo dice che Giuseppe era un uomo «giusto», cioè cercava sinceramente la volontà di Dio, non il proprio interesse; la lettera ai Romani osserva che la giustizia viene dalla fede.
Giuseppe credette in Dio, come Abramo, anche nei momenti di incertezza e di difficoltà, anche quando la sua felicità sembrava annientata. Conservò una profonda fiducia, rimase aperto alla luce di Dio, che lo illuminò restituendogli pace e felicità.
Chiediamo la stessa fede, la stessa fiducia, la stessa docilità, la stessa generosità e purezza di amore per noi e per tutti coloro che hanno responsabilità nella Chiesa, affinché le meraviglie di Dio si attuino anche nel nostro tempo.