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Mercoledì, 10 Giugno 2015 14:38

Don Guanella racconta il suo don Bosco

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Bicentenario della nascita di don Giovanni Bosco

di Sergio Todeschini

 

Nel novembre 1891, don Guanella inviò al salesiano don Lemoyne, attento biografo di don Bosco, alcuni suoi fogli titolati: «Pensieri attorno a Don Bosco», dove il sacerdote comasco descrive la figura del fondatore dei salesiani, come lui la ricordava e come l’aveva spiritualmente e moralmente assimilata. Una vicinanza sperimentata nel triennio 1875-78, trascorso a Torino come salesiano. «Pochi pensieri e aneddoti - scriverà don Luigi nella sua introduzione -, sui quali posso serenamente e assolutamente attestare».

I ricordi del sacerdote comasco iniziano dal primo contatto avuto con don Bosco da giovane seminarista, quando partì da Como e andò ad ascoltarlo a Bergamo, dove il famoso sacerdote teneva gli Esercizi Spirituali nel seminario diocesano. Scrisse così da osservatore esterno: «Il chierico Luigi Guanella fra gli altri ne prese affetto istintivo che poi moltiplicò in se stesso». Già dal primo contatto, dunque, don Bosco riusciva a conquistare per il suo carisma e per la sua affabilità. Un incontro che rimase costante anche nei ricordi del giovane Guanella semina­rista e che alimentò nel tempo il desiderio di rinnovarlo.

Ciò avvenne nel 1870. Quell’anno don Guanella fu a trovarlo nell’oratorio torinese di Valdocco e don Bosco, già in quell’occasione, non mancò di invitarlo a entrare nella sua società salesiana. Si legge tra le righe dei fogli: «In questa circostanza, con un discorso tutto suo, diceva: Ella venga fra noi e io aprirò in più un collegio». La frequentazione di don Guanella all’oratorio di don Bosco era in quei periodi motivata dalla stampa di un libretto che egli aveva steso per i contadini e che in seguito gli provocò ostilità sia da parte del clero sia dagli avversari della Chiesa.

Tale libretto: «Ammonimenti contro i pericoli della rivoluzione a tutti e in particolare al popolo di campagna», fu stampato nell’officina salesiana nel 1870. «In verità Don Bosco ne previde i pericoli, ma non li accennò e mostrò così di confidar più che tutti nella Provvidenza», scriverà don Guanella. Ancora un aspetto non secondario delle qualità di don Bosco, quello della prudenza, della riservatezza e dell’affidamento alla Provvidenza Divina. Il sacerdote torinese desiderava fortemente inviare don Luigi alle missioni d’America; ma il giovane discepolo voleva impiantare in diocesi una sua opera, e all’invito fattogli da don Bosco un giorno gli rispose: «Vorrei poi anch’io piantar in diocesi una famiglia di figlie (suore) e altra magari di figli come è intelligenza con qualche confratello mio».

La risposta del sacerdote torinese fu disarmante, affermando che se quello era tutto ciò che desiderava, anche la sua società aveva fratelli e sorelle. Nei fogli in esame si scopre che fu don Guanella a suggerire a don Bosco l’idea dei cooperatori salesiani. Si legge: «In carnevale dl 1876 Don Bosco m’invitò con sé a Lanzo e mi parlò di cotal metodo per fare il bene sul quale egli e don Rua con don Durand, etc. studiavano. Io mi permisi di suggerirgli l'idea dei Cooperatori Salesiani. Ne scrissi un abbozzo che egli poi ridusse al sistema dei Cooperatori».

Anche la modestia e l’ascolto erano dunque una particolarità che don Guanella ci indica come qualità di don Bosco. Dinanzi alle scorribande e alla indisciplina dei ragazzi operai che frequentavano l’oratorio, il santo torinese invitava il sacerdote comasco alla pazienza. Così si legge della risposta che don Bosco diede a don Luigi, il quale si lamentava della frenesia dei ragazzi e del loro parlottare in chiesa: «io credo che nel più dei casi non vi sia un peccato veniale avvertito: molto bisogna perdonare all’età loro».

Quando don Guanella fu mandato direttore di un collegio presso Mondovì, i contatti con don Bosco furono sempre frequenti anche attraverso le lettere. è comprensibile perciò il dolore e anche il rimorso che provò don Guanella quando, alla scadenza del triennio, decise di lasciare i salesiani e don Bosco e tornare nella sua diocesi comasca, ubbidendo al suo vescovo. L’episodio della partenza è riportato in modo staccato, da testimone: «Certamente che nel separarsi non patì meno che alla separazione dei genitori diletti quando, a breve intervallo l’un dall’altro, gli morirono fra le braccia». Dunque, un gran senso di colpa verso don Bosco accompagnò da allora in poi il Guanella, scrisse che non osava presentarglisi dinanzi. Questo rimorso, seppur col tempo assopito, durò sino al 28 gennaio 1887. Fu allora che don Guanella andò a trovarlo.

Fu questa l’ultima sua visita, perché nel 1888 don Bosco morì. Le righe che descrivono l’incontro, anche queste narrate non in prima persona, esprimono la devozione, l’amore e l’ammirazione di figlio del Guanella per don Bosco e anche l’ammirazione che il fondatore dei salesiani non mancò di esprimere per ciò che il suo don Luigi stava realizzando: «Don Bosco gli apparve allora in grande maestà di bontà e di severità[…]mi parve trasparente sul diafano di quel volto mi pareva scorgere un raggio di divina grazia. Meravigliò che io avessi potuto mettere assieme tre case e benedisse di gran cuore a me genuflessogli ai piedi ed alle minime opere mie. Credo che lo stesso dì, un anno di poi, fosse salito tra i beati».

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