Il corpo, con cui comunichiamo e ci relazioniamo con gli altri, ha un’inevitabile funzione sociale: nella mentalità corrente noi valiamo tanto quanto il nostro corpo si conforma ai canoni della bellezza. Soprattutto i giovani vivono questa percezione, moltiplicata a dismisura dai social media, fino a percepire il valore della propria persona in funzione di quanti “like” ricevono le foto personali postate sui networks. Questa fragilità nella percezione di sé e del proprio valore, rende spesso schiavi della ricerca di un corpo diverso da quello che siamo; spesso è implicata anche la valutazione morale di certi interventi estetici correttivi e della sperimentazione cosmetica fatta sugli animali e a costi economici per il singolo
Sobriamente il Catechismo della Chiesa cattolica (CCC) afferma: «la morale cristiana si oppone ad una concezione neo-pagana, che tende a promuovere il culto del corpo, a sacrificargli tutto, a idolatrare la perfezione fisica e il successo sportivo. A motivo della scelta selettiva che tale concezione opera tra i forti e i deboli, essa può portare alla perversione dei rapporti umani» (CCC 2289).
La nostra fede in Cristo, il Verbo che si è fatto carne, ci insegna ad amare e rispettare il nostro corpo, a prendercene cura con amore; è dono di Dio, opera suo e quindi buono, come è buono tutto ciò che viene da Lui. Attraverso la cura del corpo in tutti i suoi aspetti rendiamo grazie a Dio che ci ha creati e manifestiamo il nostro amore per noi stessi e per gli altri.
Nella Bibbia non ci sono proibizioni circa l’uso dei cosmetici o di ornamenti particolari, ma indicazioni di buon senso per vivere anche questo ambito della vita secondo il progetto di bene che Dio ha per noi. Lo testimoniano anche le scoperte archeologiche che ci offrono un’idea dell’abbondante uso dei cosmetici nella società del tempo.
Nella prima lettera di Pietro troviamo l’invito: «Il vostro ornamento non sia quello esteriore – capelli intrecciati, collane d’oro, sfoggio di vestiti – ma piuttosto, nel profondo del vostro cuore, un’anima incorruttibile, piena di mitezza e di pace: ecco ciò che è prezioso davanti a Dio» (1Pt 3,3-4).
Non si condanna la cura estetica del corpo in sé, ma la cura «fuori misura»: il nostro corpo è dono di Dio, è tempio dello Spirito; dobbiamo averne cura nella giusta misura, con sobrietà, senza cadere nell’ossessione, senza farne un idolo. E non dobbiamo dimenticarci del corpo dei fratelli, soprattutto dei poveri, degli affamati, dei malati. Sono tutti «corpi» che hanno bisogno di cura e del nostro amore
La cura dell’aspetto esteriore non deve diventare così importante da mettere in secondo piano ciò che davvero conta, la vita interiore. è il mondo interiore della persona, il cuore buono, che ama e fa’ il bene, che ci rende «belli» agli occhi di Dio.
Anche in questo è guida la virtù della temperanza che «dispone ad evitare ogni sorta di eccessi» (CCC 2290). Anche un trucco più bello, un vestito nuovo, la cura della piacevolezza della persona possono manifestare il nostro amore per il prossimo che incontriamo e facilitare le possibilità di relazioni di aiuto e forse anche insegnarci ad accettare le situazioni più difficili da vivere e accettare, come i limiti del corpo, la sua decadenza, la malattia, in attesa del corpo trasfigurato, incorruttibile, risorto nell’ultimo giorno.