La richiesta fu trasmessa il 20 aprile 1918 al vescovo monsignor Giuseppe Ravetta. Il 22 aprile 1918 viene rilasciato il decreto di erezione ed il 26 aprile il decreto di aggregazione».
Quest’anno ricorre il centenario. Da qui manifestazioni religiose e civili alla grande. Assemblea gremita, attenta e reattiva all’animazione del predicatore celebrante nella bella chiesa barocca, ricca di opere d’arte pittoriche: dalla tela raffigurante la Sacra Famiglia nell’abbraccio tenero tra Giuseppe e il bambino Gesù alle altre collocate in ognuno degli altari laterali, soprattutto quella della Vergine del Carmelo.
La processione, con la statua artistica del santo in legno, a mezzo busto, del 1700 e caratterizzata dalla tradizione delle “cinte”: telai in forma ottagonale, quasi torri, bastioni, chiuse ognuna da oltre 120 candele portate in testa come voto a significare che la Madonna o san Giuseppe fanno cinta, si sono posti intorno, creando un muro di protezione a favore del fedele che ne ha chiesto la grazia, la custodia, la guarigione.
La festa si conclude, alla fine della processione, nella parte più alta del paese con una gestualità quanto mai simbolica: vengono presentate al sindaco le chiavi della città; il sindaco e il sacerdote, quasi una liturgia, le consegnano al santo. Come dire: autorità e società civile e religiosa si costruiscono insieme, consegnandosi al protettore.
Tutti uniti proprio attorno a san Giuseppe, guarda caso, non alla santa di cui il paese ha ereditato il nome: da sempre patrono, la cui festa si celebra non a marzo, ma a luglio.
Come mai, ci si chiederà? La risposta l’abbiamo nella storia liturgica e religiosa della Calabria. A partire dal Medioevo la Calabria, dai monti del Pollino, della Sila, delle Serre, fino alle ultimi pendici dell’ Aspromonte grecanico è tutta una costellazione di monasteri, romiti, luoghi di culto di ispirazione greco bizantina, a dire di un popolo portato, quasi antropologicamente, alla contemplazione, alla filosofa, alla preghiera. Ebbene nella liturgia dei copti monofisiti, di fatto, la morte (il transito) del santo viene commemorata precisamente il 26 abib, cioè, il 20 luglio.
Alla fine di questa mia esperienza ho evidenziato una preghiera tramandata nella documentazione da me consultata che è profonda e articolata espressione, prodotto, direi, di questa storia e di questo rapporto tra Santa Domenica e San Giuseppe invitando a stamparne immaginette da diffondere tra tutta la popolazione. La trascrivo. “O San Giuseppe tu sei specialmente nostro protettore. Ricordati, dunque, con particolarità di questo popolo di Santa Domenica a te devoto e consacrato. Tutto aspetta da te, la pace tra le famiglie, la prosperità degli averi, la benedizione dei campi, sulla cultura, sopra i negozi sopra le industrie, sopra tutto ciò che gli appartiene. Accendi nel suo cuore il lume della fede. Guarda questi cittadini con occhio particolare: spegni nel loro cuore l’odio, l’invidia, la superbia, l’avarizia; apri la loro mente alla luce degli studi, proteggili nei loro viaggi. O nostro gran santo, una parte di cittadini nostri è lontana dalla patria, non gode l’allegrezza della tua festa, noi a loro mandiamo un saluto dal profondo del cuore e tu accompagnalo con le celesti benedizioni”. Termino ripartendo dal motivo che mi ha portato a Santa Domenica, su invito di don Mario: la Pia Unione, un bel gruppo guidato e animato da Sandra Capobianco, donna quanto mai dinamica e accogliente. Ebbene, la prima celebrazione della sessa e relativa recita del Sacro Manto vedevano protagonisti proprio i componenti del gruppo. A loro e a tutta l’assemblea presente ho esposto il senso dell’aggregazione alla primaria di Roma e lo spirito del fondatore don Luigi Guanella affermando sulla base della sua biografia più autorevole che l’istituzione della Santa Crociata presso la chiesa di San Giuseppe al Trionfale in Roma fu “la corona di tutte le opere” del Santo della carità, “il centro propulsore” della sua missione.