Qual è dunque il legame tra il Santo artigiano di Nazareth e la Misericordia? Ad aiutarci nella riflessione è proprio il testo della Misericordiae Vultus di Papa Bergoglio. Intravediamo due cose riguardo san Giuseppe: la sua intimità con la Misericordia e il suo essere uomo misericordioso. Partiamo con la prima caratteristica: il Patriarca unito alla Misericordia. «Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre» (MV 1) – l’incipit della bolla – e nella «pienezza del tempo» (Gal 4,4) questa misericordia si rivela pienamente nella persona di Cristo proprio nella casa-bottega di Giuseppe. «Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. è fonte di gioia, di serenità e di pace. è condizione della nostra salvezza» (MV 2). Ebbene, san Giuseppe, il santo silente, per quasi ben trent’anni è stato intento a contemplare il mistero misericordioso del Padre che si è realizzato con l’Incarnazione del Verbo, fondamento della Redenzione. Il suo ruolo di Padre di Gesù e di Sposo della Madre di Dio, gli ha permesso non solo di essere beneficiario della misericordia e della salvezza promesse dal Padre per mezzo del suo Figlio Gesù, ma anche di farsi un umile servitore saggio e fedele, ministro obbediente e premuroso: «San Giuseppe – afferma l’esortazione apostolica Redemptoris Custos - è stato chiamato da Dio a servire direttamente la persona e la missione di Gesù mediante l'esercizio della sua paternità: proprio in tal modo egli coopera nella pienezza dei tempi al grande mistero della Redenzione ed è veramente “ministro della salvezza”» (RC 8). «Misericordia - continua il Papa - è anche la via che unisce Dio e l’uomo» (MV 1). Giuseppe è stato il guardiano di questa via, il custode della misericordia, il testimone oculare, il depositario. è quindi colui che, dopo Maria santissima, può indicarci la via “alla” e “della” Misericordia perché “tutta la vita cosiddetta «privata» o «nascosta» di Gesù è affidata alla sua custodia” (RC 8); difatti, la salvezza, che passa attraverso l'umanità di Gesù, si è realizzata nei gesti della quotidianità della vita familiare e lavorativa di san Giuseppe. Una tale intimità e vicinanza col Mistero non poteva altro che infondere nel cuore di san Giuseppe quella gioia, serenità e pace di cui parla proprio Papa Francesco nella Misericordiae Vultus. è forse questa la giusta intuizione dell’arte letteraria e figurativa che ci ha presentato un’immagine tenera e pacata del santo Patriarca, il santo che non pronuncia parole. Il silenzio di Giuseppe svela però il suo profilo interiore. è un silenzio che dà spazio alla contemplazione della Parola: cuore, corpo, vita…tutto intento e diretto a guardare il “Volto della Misericordia”, a contemplare quel Gesù che riposava sulle sue braccia paterne, o che giocava sulle sue ginocchia, o che obbediente gli lavora accanto al suo banco di artigiano. «Poiché l'amore «paterno» di Giuseppe non poteva non influire sull'amore “filiale” di Gesù e, viceversa, l'amore «filiale» di Gesù non poteva non influire sull'amore “paterno” di Giuseppe, come inoltrarsi nelle profondità di questa singolarissima relazione? «Le anime più sensibili agli impulsi dell'amore divino vedono a ragione in Giuseppe un luminoso esempio di vita interiore» (RC 27). Passiamo così alla seconda caratteristica del nostro santo: san Giuseppe, “uomo di misericordia”. Egli ci viene presentato come “uomo giusto” (cf. Mt 1,19) e in quanto tale, è anche misericordioso. Anzi, è proprio questa giustizia, che gli viene riconosciuta dallo Spirito Santo nei vangeli, a renderlo anche misericordioso. Il legame giustizia e misericordia è un altro concetto ripreso dalla Papa nella Misericordiae Vultus ai numeri 20 e 21. Santo, pio osservante della Legge, rispettoso, queste ed altre caratteristiche sono racchiuse nella “giustizia” di san Giuseppe; di conseguenza, allora, a maggior ragione, possiamo includere anche il suo atteggiamento e il suo comportamento misericordiosi. Usò misericordia con Maria evitando il ripudio non perché sospettoso ma in quanto nutriva un sacro timore riverenziale per lei. Usò misericordia anche con Gesù stesso. Immaginiamolo, per un attimo, in quel momento rivelatore, cioè alla sera della vita, quando saremo giudicati sull’amore; in quell’istante sentiremo da Cristo le seguenti parole: «Bene, servo buono e fedele… sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone (Mt 25,21) perché: avevo fame e sete e mi hai nutrito e dissetato, ero nudo e forestiero e mi hai vestito e trovato un alloggio, ero malato e mi hai curato (cf. Mt 25); grazie alla tua giustizia e istruzione paterna mi hai cresciuto ed educato a consigliare i dubbiosi, ad insegnare agli ignoranti, ad ammonire i peccatori, a consolare gli afflitti, a perdonare le offese, a sopportare pazientemente le persone moleste, a pregare mio Padre che è nei cieli per i vivi e per i morti». E dopo queste parole, o altre simili, la Chiesa intera cos’altro potrebbe dire? «Ecco il servo saggio e fedele, diremmo tutti, che il Signore ha posto a capo della sua famiglia» (cf. Lc 12,42). Non è questo un farneticare, non vuole essere uno sterile e sentimentale fervorino. Diversi testi di spiritualità giuseppina trattano della misericordia di san Giuseppe, l’uomo misericordioso; anche lui – possiamo dirlo – ha fatto della misericordia una missione di vita perché l’ha vissuta soprattutto con la fonte della Misericordia, Gesù Cristo, Figlio del Padre misericordioso, nato dalla sua Sposa. Dopo Maria, quindi, è stato il santo Patriarca a conoscere direttamente il mistero di Dio fatto uomo, tutto nella sua vita è stato plasmato dalla presenza della misericordia fatta carne. Scelto per essere il padre in terra del Figlio di Dio, san Giuseppe è stato chiamato a essere custode degli inizi della nostra redenzione. Rivolgiamoci, dunque, al Santo carpentiere, guardiamo il suo esempio e affidiamoci alla sua intercessione: come Maria ci renda degni di contemplare il volto della misericordia, suo Figlio Gesù (cf. MV 24). Un “fiat”, quello di Giuseppe, non pronunciato da parole ma segnato da opere misericordiose; diventiamo, quindi, suoi apprendisti, “operai di misericordia” verso i nostri fratelli, facciamolo maggiormente in questo anno giubilare. Attraversiamo la porta dell’officina di Nazaret dove la Misericordia di Dio ha visto «l’umiltà del suo servo» (cf. Lc 1,48), ha preso dimora per tanti anni presso la sua casa “sottomettendosi” alla sua custodia (cf. Lc 2,51). «Ite ad Joseph» (Gn 41,55), dunque, l’uomo giusto e misericordioso, assorto a contemplare in terra e in cielo il volto di Cristo, Misericordia infinita.