I requisiti, o le espressioni vive, di una persona santa sono: l’essere felice, gioiosa, pacificata e pacificante. Papa Francesco si propone con questo ideale spartito musicale e confessa: «Il mio umile obiettivo è far risuonare ancora una volta la chiamata alla santità, cercando di incarnarla nel contesto attuale, con i suoi rischi, le sue sfide e le sue opportunità».
La santità non è una scalata alla perfezione “in solitaria” come una scalata per la conquista di una vetta, ma il rendersi disponibili come creta in mano ad un vasaio per lasciare al grande Artista della vita di modellare la fisionomia della nostra santità con gli elementi essenziali di cui siamo stati dotati. Le qualità sono il riflesso della luce dei talenti evangelici di cui la grazia divina ci ha forniti.
I riferimenti della santità ordinaria sono semplici, vicini e popolari»: una “santità minuscola”, che parte dal basso, dall’umiltà dell’anima che si riconosce, in tutto, frutto della grazia divina. Il fiore della santità spunta nella vita del battezzato, che ha accolto lo spirito di Dio, ricevuto nel battesimo e coltivato nella vita quotidiana.
Giovanni Paolo II, durante la Giornata mondiale della gioventù a Parigi, ha proposto alla Chiesa universale una giovane donna, Teresa di Lisieux, morta all’età di 24 anni, come dottoressa, maestra di santità. Questa ragazza nella sua breve esistenza, pur avendo vissuto in un monastero di clausura dall’adolescenza ha maturato un’esperienza spirituale straordinaria, tracciando nel suo diario di vita un percorso di santità chiamato la «Piccola via».
Il venerabile Aurelio Bacciarini, coetaneo di santa Teresa, suo grande devoto, con affinità spirituali straordinarie, da vescovo, si era impegnato con un proposito solenne a vivere la santità nell’alveo della “Piccola via”.
Papa Francesco tante volte fa riferimento a Teresa di Lisieux, richiamando la sua “piccola via” alla santità. Non soltanto ha una grande devozione, ma sulla scia della sua spiritualità ha canonizzato i genitori di santa Teresa. La santità è un fuoco che si accende e cresce in ogni singola persona, ma poi si allarga per una benefica influenza sulla comunità dei battezzati e spinge i membri della comunità a vivere sulla terra la propria vocazione di testimoni dello Spirito Santo.
Questa vocazione rende vigili e costantemente in guardia nel discernere la propria strada, la propria via di santità, quella che permetterà di offrire a Dio, alla società e alla Chiesa il meglio di sé.
Una della caratteristiche della spiritualità di Papa Francesco , figlio spirituale di sant’Ignazio, è il discernimento, cioè cogliere con plausibile certezza i desideri di Dio su di noi. Infatti, ha scritto il direttore de La Civiltà Cattolica che «In un contesto di continuo zapping esistenziale, si potrebbe vivere persino uno zapping spirituale», se non si è sostenuti dal discernimento che poggia su profonde convinzioni e plausibili certezze.
Ha detto Gesù che se la casa della vita è costruita sulla sabbia, c’è il pericolo che al soffiare dei venti e allo scrosciare della pioggia possa crollare, così lo “zapping” diventa un maestro inaffidabile e ci rende burattini. Il nostro tempo è caratterizzato da irrequietezza, da pellegrini del vuoto che tolgono energia alla vocazione cristiana alla santità.
Papa Francesco recentemente ha parlato anche dei “nemici” della santità. Tra questi insidiosi e nocivi avversari c’è la nuova corrente dello gnosticismo, che annulla come «non senso l’Incarnazione di Gesù», e l’atro volto nemico è il pelagianesimo, cioè quella corrente di pensiero che confida e si affida alle strutture, all’organizzazione e alla pianificazione. I due nemici della santità, in fondo, da una parte mettono in campo la presunzione di non poter conoscere la sfera spirituale e dall’altra quella di ardire essere santi con la potenza dei nostri mezzi.
La dimensione quotidiana della santità piace a Papa Francesco, quando vede «la santità del popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere». Padre Spadaro, gesuita molto vicino al Papa, ha dichiarato che l’esperienza di pastore immerso nella complessa diocesi argentina ci fa «comprendere che l’esortazione è il frutto maturo di una riflessione che il Pontefice porta avanti da molto tempo, ed esprime in maniera organica la sua visione della santità intrecciata a quella della missione della Chiesa nel mondo contemporaneo».