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Giovedì, 09 Aprile 2015 15:54

Trasmissione Radio - Aprile 2015

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La settimana santa: panorama della vita di fede

Nella mattinata di domani tutti i vescovi del mondo cattolico celebreranno la messa crismale, per consacrare quest’unguento per la celebrazione dei sacramenti del battesimo, della cresima, dell’ordine sacro e per il sacramento della guarigione l’unzione dei malati.

La Settimana Santa ci presenta un vasto insieme di immagini simboliche, assai emozionanti, ricche d’insegnamento e di una coinvolgente testimonianza come ad esempio: la lavanda dei piedi, la frazione del pane, la discesa agli inferi.

Domani, prima che il sole tramonti, la liturgia compirà come gesto di guarigione nell'azione della lavanda dei piedi. 

È un gesto di guarigione per la nostra fragilità umana. Ogni fragilità è rafforzata e si guarisce soprattutto con l’amore e la condivisione: l’amore non guarda mai dall’alto in basso, ma sempre si abbassa per innalzare.

Prima della grande preghiera sacerdotale Gesù con la lavanda dei piedi anticipa lo stile di un servizio, sia per tutto il popolo di Dio ma anche e soprattutto per i sacerdoti: devono imparare a essere servi e non padroni, non funzionari ma solidali compagni di viaggio.

Da grande Gesù dirà di imitarlo: «Io ho fatto, affinché voi facciate».

Già dall’infanzia Gesù aveva imparato come si serve e si ama in modo autentico la vita: servendo.

Ascolta, ora!

Un pittore moderno, il tedesco, Koder ha rappresentato la lavanda dei piedi ponendo Gesù accanto a san Pietro. Sull’acqua del catino si vede riflesso il volto stesso di Gesù.

Il volto di Dio si vede solo stando accanto al fratello.

È la chiesa in questa circostanza si mette il grembiule si fa serva. Una chiesa con le porte aperte sia per accogliere come per andare alla ricerca nelle periferie della vita gli scarti della società, le persone che non producono, che non hanno reddito, che non aumentano i bilanci delle gradi imprese. 

L’evangelo ci ricorda che: “Gesù depose le vesti, versò dell’acqua in un catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli” (Gv 13, 4-5). 

 Lavarsi i piedi era un’azione necessaria per gente che camminava per strade polverose. 

Per i ricchi era un compito riservato alla servitù.  Gesù vuol indicare un alto valore morale a quest’azione.

L’immagine dei piedi, ricorrente nella simbologia religiosa, indica la terra, lo spazio nel quale l’uomo stabilisce il contatto con la manifestazione corporale.

 Può essere banale affermare che i piedi sono l’opposto della testa; ma dobbiamo dire che la testa è in alto e i piedi nel basso. 

 Nella vostra professione di operatori sanitari mi insegnate che la prima conseguenza di un disagio cerebrale va in crisi la stabilità dei piedi, l’equilibrio della persona. 

  Fisiologicamente perché l’uomo sia in perfetto equilibrio, è necessario che l’alto alimenti il basso, così come il cielo alimenti la terra.

Nei salmi noi cantiamo: “La tua parola è luce ai miei passi” (Sal. 118); “Guida i nostri piedi nella via della pace” (Lc 1,79).

In molte pagine della bibbia spesso si dice che i piedi dell’uomo sono insidiati e feriti.

Nella Genesi il serpente insidia i piedi della donna, Edipo ha i piedi feriti, Achille è  vulnerabile nel tallone. L’insidia, la ferita, la vulnerabilità si manifestano nei piedi, in basso nella terra, ma la causa è nell’alto dell’uomo, nella testa.

Adamo ed Eva nell’Eden mangiando del frutto dell’albero proibito, hanno segato i rami e ha voluto separarsi dal principio divino. 

La sua intelligenza e la conoscenza si sono riempite di terra, e hanno smarrito il motivo dell’esistenza. 

Invece che aprirsi verso l’alto, l’uomo si piega verso la terra e le sue energie sono indirizzate a conquistare il mondo esteriore. 

Così avviene che le energie dell’uomo, invece di ascendere, scorrono al livello dei piedi attraverso un’aperta ferita. 

L’Incarnazione della Parola eterna in Cristo segna la discesa del cielo sulla terra per guarirne la ferita e guidarla alla riconquista dell’alto.

La lavanda dei piedi ci rivela qualcosa di più di un gesto d’umiltà: è il gesto con il quale Cristo cura e guarisce la ferita del piede dell’uomo. 

La lavanda dei piedi è la nuova nascita dell’uomo in una realtà d’amore gratuito, che ignora ogni ricerca di orgogliosa affermazione di sé e ritrova le vie dell’ascesa nella silenziosa, instancabile, umile e perenne offerta di se stesso alla vita.

La pedagogia del dolore innocente.

Il dolore innocente, il male dei bambini è un interrogativo infuocato che brucia nell’animo di tutti.

Spesso papa Francesco è ritornato sul dolore dei bambini. 

«Il dolore dei bambini e il mistero della croce rimangono una domanda sempre aperta. Guardando Gesù nella sua passione, noi vediamo come in uno specchio anche le sofferenze di tutta l’umanità e troviamo la risposta divina al mistero del male, del dolore, della morte. Tante volte avvertiamo orrore per il male e il dolore che ci circonda e ci chiediamo: «Perché Dio lo permette?».

 È una profonda ferita per noi vedere la sofferenza e la morte, specialmente quella degli innocenti:

«Quando vediamo soffrire i bambini, è una ferita nel cuore. È il mistero del male. E Gesù prende tutto questo male, tutta questa sofferenza su di sé. Questa settimana, ci farà bene a tutti noi guardare il Crocifisso, baciare le piaghe di Gesù».

 

«Dio ci mostra invece una vittoria umile - dice ancora il Papa Francesco - che umanamente sembra un fallimento. E possiamo dire: Dio vince proprio nel fallimento». 

La «grande umiltà di Dio è un mistero sconcertante». «Ma proprio quando tutto sembra perduto è allora che interviene Dio con la potenza della risurrezione. Nel momento in cui tutto sembra perduto, nel momento del dolore» e quando si sente il bisogno di scendere dalla croce quello è il momento più vicino alla risurrezione. 

La notte diventa più oscura proprio prima che arrivi la mattina, prima che arrivi la luce. Nel momento più oscuro interviene Dio. Resuscita». E Gesù, che ha scelto di passare per questa via, ci chiama a seguirlo nel suo stesso cammino di umiliazione»: 

 

«Quando in certi momenti della vita non troviamo alcuna via di uscita alle nostre difficoltà, quando sprofondiamo nel buio più fitto, è il momento della nostra umiliazione e spogliazione totale, l’ora in cui sperimentiamo che siamo fragili e peccatori. È proprio allora, in quel momento, che dobbiamo aprirci fiduciosi alla speranza in Dio, come ha fatto Gesù». 

 

Il Papa ribadisce il suo invito:

«Questa settimana pensiamo tanto al dolore di Gesù e diciamo a noi stessi: ‘E questo è per me. Anche se io fossi stato l’unica persona nel mondo, Lui l’avrebbe fatto. L’ha fatto per me. E allora quando baciamo il Crocefisso, diciamo: ‘Per me. Grazie Gesù. Per me’».

 

Il beato don Carlo Don Gnocchi che nell’ultima guerra mondiale con il regimento degli alpini è stato cappellano militare, di ritorno dalla Russia ha subito una profonda crisi di fede sia per la tragedia folle della guerra, ma, soprattutto per la sofferenza di tante persone, per le lacrime di tante mogli, per la solitudine di tanti bambini rimasti orfani.

 In un suo volume dal titolo Cristo con gli alpini descrive scene di viltà e di spietato egoismo e scrive che «in tanta desertica nudità umana, ho raccolto qualche fiore raro di bontà, di gentilezza di amore soprattutto dagli umili e il loro ricordo dolce e miracoloso che ha il potere di rendere meno ribelle e paurosa la memoria di quella vicenda disumana». 

 Di ritorno dalla Russia don Carlo si era portato un mondo di sofferenza e con l’animo appesantito dalla sofferenza, inizia la sua opera di «buon samaritano del dolore innocente». 

Un soldato morente affida a don Carlo queste parole da riferire alla sua famiglia: «Raccomando a lei, signor cappellano, Il mio bambino, gli dica che ho vissuto per lui e che muoio con il suo nome sulle labbra».

Don Carlo scrive il numero di matricola di quel soldato e di molti altri soldati e, tornato in Italia, inizia il pellegrinaggio delle lacrime e della consolazione in tante famiglie di orfani  e di mamme che hanno perso un loro figlio.

Tra i tanti letterati che hanno tentato di dare una risposta Dostoevskij, ha detto che solo Cristo può dare significato a questo scandalo».

Il mistero della croce vince e convince. Dio Padre ha attuato in Gesù il mistero della pedagogia del dolore innocente.

In una lettera a una signora, Anicia Proba, che gli chiedeva consigli sulla preghiera, sant’Agostino risponde: «Come si può cercare con le mani un Dio invisibile e impalpabile se non lo si cerca con le opere buone?».

Gesù, il Dio-visibile, fa trovare il Dio invisibile, con le sue ginocchia piegate davanti ai feriti della vita, con le mani in movimento per detergere il fango della nostra fragilità umana.

In questo rito della lavanda dei piedi le labbra del Dio invisibile s’imprimono sulla carne umana come viatico, come invito a un cammino di coerenza e di solidarietà.

Padre Agostino Gemelli, il fondatore dell’Università cattolica, da medico ateo che nel dolore umano vedeva la negazione di Dio, con la conversione a Cristo Gesù, la sua vita si è cambiata. Nel cammino della conversione nella sua anima tornavano i dubbi, le perplessità, le inquietudini. Un giorno Agostino Gemelli andò a far visita a Pio X, gli espose i suoi dubbi e gli chiese a chi poteva rivolgersi per dei consigli. Il papa gli rispose: «Va’ da don Guanella e vedrai che ti aiuterà». All’obiezione che don Guanella non era un teologo, il papa gli rispose che doveva smettere di arrivare alla conoscenza del mistero di Dio solo con l’intelligenza.

 Padre Gemelli iniziò a frequentare don Guanella, nacque un’amicizia e nel trigesimo della morte di don Guanella, lui laureato in psichiatria disse che  con Guanella con la fede e la pedagogia del cuore e del lavoro manuale ha raggiunto dei traguardi così alti nella riabilitazione che la scienza neppure osava sognare.

La vicinanza e l’amore solo le ali che permettono alle persone in difficoltà di essere al centro della vita.

 Giovanni Paolo II in Canada disse che la vicinanza con le persone disabili è come frequentare un’università di umanità. 

 La facoltà più bella ed entusiasmante, che ho frequentato nella mia vita, sono stati gli anni cui ho avuto il compito di dirigere nell’Opera don Guanella di Roma con spirito di servizio un grande centro di riabilitazione: è stato un tuffo in un’umanità straordinaria. persone con una capacità recettiva stupefacente: è un’umanità senza pelle, sensibilissima capace di avvertire i sentimenti del cuore a fior di pelle.

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