Don Bosco e San Giuseppe
di Sergio Todeschini
Sono rose bianche e rose rosse quelle che dalle mani di San Giuseppe cadono sull’oratorio di don Bosco, impiantato dal santo dei giovani a Valdocco, nell’allora periferia torinese. Sono rose rosse ,metafora del sacrificio, e rose bianche, simbolo delle grazie. Quelle grazie che don Bosco chiedeva incessantemente anche al santo padre putativo di Gesù. Non era forse anche lui, umile sacerdote di Valdocco, un padre putativo di tanti ragazzi che trovavano nel suo oratorio una casa, una famiglia e una speranza? Si capisce allora come don Bosco, costruita la chiesa grande dedicata a Maria Ausiliatrice, cuore del suo complesso oratoriano, commissionò un grande quadro dedicato a San Giuseppe da collocare sopra l’altare a lui dedicato. Il quadro è ancora al suo posto. E' un dipinto importante perché documenta visibilmente la fede particolarissima che don Bosco nutriva verso San Giuseppe.
Un affetto, quello di don Bosco verso il santo, che il sacerdote torinese andava trasmettendo ai suoi salesiani, ai giovani e ai fedeli. Ed è un quadro interessante per la storia salesiana perché testimonia come si presentava allora, nella seconda metà dell’800, l’oratorio di Valdocco. Il dipinto è di facile lettura. Nel cielo torinese, sopra l’oratorio e la basilica di Maria Ausiliatrice, troneggia l’immagine della Sacra Famiglia, raccolta serenamente e circondata da angioletti. Uno di questi consegna a san Giuseppe il giglio della purezza. Il nostro santo regge Gesù Bambino che la Vergine, con un trasporto amorevole, gli affida.
Frutto di questa profonda venerazione è un libretto dedicato a San Giuseppe che don Bosco volle dare alle stampe. Un fascicolo formato di XXIII capitoli, dal titolo: “Vita di San Giuseppe sposo di Maria SS. ”Padre Putativo” di G. Cristo”.
Vediamone alcuni punti.
Nella prefazione don Bosco, riconoscendo la scarsa documentazione su San Giuseppe, ricorda che il compito affidato al padre putativo di Gesù era quello di “ tenerlo celato al mondo”, perché nel “sacro silenzio di cui è circondata la sua vita noi troviamo qualche cosa di misterioso e di grande”. Don Bosco ricorda che San Giuseppe è protettore dei moribondi e ne elenca le ragioni:
- per l’impeto amoroso che egli ha acquistato sopra il cuore di Gesù, giudice dei vivi e dei morti e suo figliuolo putativo;
- per la potenza straordinaria di cui Gesù Cristo lo ha insignito di vincere i demoni che assalgono i moribondi, e ciò in ricompensa d’averlo il santo salvato un tempo dalle insidie di Erode;
- per il sublime onore di cui godette Giuseppe d’essere stato assistito in punto di morte da Gesù e Maria.
Don Bosco ci narra, in capi, la vita del santo, dalla sua nascita (un avvenimento tramandatoci da San Luca e da San Giovanni, e soprattutto da Giulio Africano), in poi, soffermandosi sugli episodi strettamente legati a quelli di Gesù: dal concepimento, alla nascita, alla fuga in Egitto, alle nozze di Cana; per terminare colla santa morte di San Giuseppe, assistito da Maria e dal Salvatore.
Dal capo XII in poi, dal titolo: “Potenza di San Giuseppe nel cielo. Motivi della nostra confidenza”, don Bosco elenca i motivi che ci spingono alla venerazione. Si legge:
“… non dobbiamo noi credere, che fra i beati che sono l’oggetto del nostro culto religioso, San Giuseppe sia, dopo Maria, il più potente di tutti presso Dio, e colui che merita a più giusto titolo la nostra confidenza ed i nostri omaggi?”.
Riguardo alla protezione di san Giuseppe, scrive don Bosco:
“ Certi santi, dice il dottore angelico, hanno ricevuto da Dio il potere di assisterci in certi bisogni particolari; ma il credito di San Giuseppe non ha limite; si estende a tutte le necessità, e tutti coloro i quali a lui ricorrono con fiducia sono certi d’essere prontamente esauditi[…] Giuseppe, il quale ha veduto Gesù e Maria sottomessi a sé, può senza dubbio ottenere tutto quello che vuole dal re suo figlio e dalla regina sua sposa”. Con sicura convinzione ribadirà don Bosco:
“Ma quanto maggior virtù e potenza non avrà la preghiera che Giuseppe volge per noi al sovrano giudice, di cui egli fu guida e padre adottivo?”.
Don Bosco riafferma la paternità di san Giuseppe anche su di noi:
“Ma ciò che deve raddoppiar la nostra confidenza in San Giuseppe è la sua ineffabile carità per noi. Gesù facendosi suo figlio, gli mise nel cuore un amore più tenero di quello dei migliori dei padri. Ma non siamo noi diventati suoi figli; mentre Gesù Cristo è nostro fratello e Maria, sua casta sposa, è nostra madre piena di misericordia?”. “Il potere di San Giuseppe è illimitato; si estende a tutti i bisogni della nostr’anima e del nostro corpo”. Nel cap. XXII, don Bosco tratta del culto, della istituzione della festività di San Giuseppe e del patrocinio di San Giuseppe. Ricostruendo la storia del culto dei santi, don Bosco ricorda che la devozione di San Giuseppe è tra le più antiche. In tempi moderni fu la principessa Isabella Clara Eugenia di Spagna, assai devota del santo, a voler introdurre a Brusselle la festa il 19 marzo, e: “…divulgatosi il culto nelle provincie vicine veniva proclamato e venerato sotto il titolo di conservator della pace e protettore di Boemia. Questa festa ebbe inizio in Boemia l’anno 1655”.
Don Bosco nel suo opuscolo, dà al lettore delle informazioni legate alle reliquie del santo:
“Una parte dl manto con cui San Giuseppe ravvolse il santo bambino Gesù è conservata in Roma nella chiesa di Santa Cecilia in Trastevere dove si conserva pure il bastone che questo santo portava viaggiando. L’altra parte si conserva nella chiesa di santa Anastasia nella stessa città”. Si sofferma poi anche sulle devozioni di alcuni Pontefici verso San Giuseppe:
“Fra i sommi pontefici che concorsero colla loro autorità a promuover il culto di questo santo si annovera Sisto IV, il quale fu il primo ad instituire la festa verso il fine del secolo XV. S. Pio V ne formulò l’uffizio nel Breviario Romano. Gregorio XV ed Urbano VIII si adoperarono con appositi decreti a riscuotere il fervore verso questo santo […] Il Sommo Pontefice Innocenzo X […] ne estese la solennità a tutto l’orbe cattolico. […] Fin dal 1921 l’Ordine dei Carmelitani scalzi avendo solennemente riconosciuto San Giuseppe come patrono e padre universale del loro Istituto consacrava una delle Domeniche dopo Pasqua a celebrarne la solennità sotto il titolo di Patrocinio di San Giuseppe”.
Il libretto prosegue: “Corona che può servire di pratica per la novena del Santo”. Si legge dalla introduzione:
“Il regnante Pio IX, ampliando le concessioni de’ suoi predecessori […] accordò ai suoi fedeli le sette Allegrezze ed i sette dolori di San Giuseppe, se per sette consecutive domeniche, in qualunque tempo dell’anno, visiteranno, confessati e comunicati, una Chiesa, od Oratorio pubblico, ed ivi pregheranno secondo le sue intenzioni: indulgenza Plenaria applicabile ancora alle anime del Purgatorio, in ciascuna di dette domeniche.
La corona dei sette dolori ed allegrezze di San Giuseppe, inizieranno definendo San Giuseppe: Sposo purissimo di Maria Santissima, Felicissimo Patriarca, Esecutore delle leggi divine, Fedelissimo santo, Vigilantissimo custode, Angelo della terra, Esemplare d’ogni Santità”.