Da sempre, e soprattutto oggi, il Natale di Gesù è l’invito alla scoperta del Dio vicino. Un giorno ha detto agli apostoli: «Io sono con voi sino alla fine dei secoli». Gesù è il nostro contemporaneo e, quando ha parlato della fede, l’ha paragonata a un tesoro nascosto e ad un uomo che trovatolo investe in esso tutto quello che possiede.
Il tesoro di cui parlava Gesù non era il diamante d’inestimabile valore, ma il tesoro della fede, in cui Dio Amore regala il senso dell’esistenza, il timone che mantiene la rotta verso la meta della santità.
Da Betlemme parte l’avventura di Dio che si fa vicino a ogni persona e non ci fa sentire orfani.
Come San Giuseppe ha stretto tra le braccia Gesù, così Dio ci prende nelle sue braccia, ci solleva sino a guardarci negli occhi e ci ripete: «Non avere paura del futuro, ti sto accanto per aiutarti a vivere in pienezza la tua esistenza». Abbiamo bisogno di amore ed è questo respiro dell'amore a spingerci a ricercare il volto di Dio che, a Natale, si nasconde nelle sembianze di un bambino.
Il racconto evangelico di quell’evento singolare registra la presenza dei pastori, di umili personaggi del luogo, ma anche dei modelli dei cercatori di Dio: i Magi.
L’immagine è ardita, ma fotografa la realtà del battezzato investito dalla potenza dello Spirito. «Come il camoscio rapito dall’aquila, un attimo prima di morire, vede un panorama da lui insospettato, così la mente dell’uomo, illuminata dalla pienezza dello Spirito Santo, è colmata da una visione insolita e infinita». Dal sepolcro vuoto lo sguardo del credente si apre verso l’infinito di Dio. La risurrezione di Gesù ha sdoganato la morte e ha posto il sigillo dell’immortalità nella nostra carne redenta.
La visitazione di Maria alla casa di Elisabetta ci dice che non ha fatto di questo singolare privilegio un vanto, ma un servizio. Per accogliere bisognauscire da sé; per edificare è necessario faticare: il sudore della strada, l’impegno a pregare, il sacrificio nel donare tempo, sorriso, conforto, consolazione agli altri. Maria è uscita fisicamente da casa. Elisabetta esce in strada per accogliere Maria e annunciare la benedizione di tutte le genti a Maria per aver creduto e insieme lodano Dio.
Caro e amabile san Giuseppe, come sempre, nel nostro appuntamento mensile con questa rivista che porta il tuo nome, vogliamo attingere una riflessione, uno sprazzo di contemplazione alla luce del tuo esempio; vogliamo entrare e preparare il nostro animo in un clima per una tranquilla lettura che si trasforma in preghiera.
All’indomani della sua elezione, papa Francesco ha celebrato l’Eucaristia con tutti i cardinali. Durante l'omelia, dopo aver denunciato la tentazione che fu di San Pietro di seguire Gesù con criteri della logica umana, ha terminato dicendo: «Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, siamo vescovi, preti, cardinali, papi, ma non discepoli del Signore. Io vorrei che tutti, dopo questi giorni di grazia - ha continuato papa Francesco -, abbiamo il coraggio, proprio il coraggio, di camminare alla presenza del Signore, con la Croce del Signore; di edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla Croce; e di confessare l’unica gloria: Cristo Crocifisso. E così la Chiesa andrà avanti».
Mancano poco più di quattro mesi alla conclusione dell’«Anno della fede», il 24 novembre con la solennità di Cristo Re. A quel traguardo dovremmo arrivare rigenerati, con maggior entusiasmo e generosità, abilitati a offrire un sapore di eternità al nostro tempo, a volte anemico, demotivato e stanco.
Papa Francesco in questi mesi ha ripetuto spesso che «alla Chiesa non servono cristiani da salotto» ma gente capace di arrivare alle periferie della nostra società negli accampamenti dei poveri.
Ai preti ha suggerito di apprezzare «l’odore delle pecore» stando in mezzo alla gente; ai cristiani ha suggerito di non accontentarsi di vivere una vita da credenti part-time, ma a tempo pieno. La vita buona ha le radici nel cuore di una fede praticata nella carità. Nell’indire l’Anno della Fede, papa Benedetto ha scritto: «La fede senza la carità non porta frutto e la carità senza la fede sarebbe un sentimento in balia costante del dubbio. Fede e carità si esigono a vicenda, così che l’una permette all’altra di attuare il suo cammino». È costante la voce di Gesù che suggerisce alla nostra coscienza: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri».
Come sempre un nuovo anno sociale inizia con della rinnovata energia. I tempi non sono tra i più gioiosi, ma la volontà e la fiducia in Dio daranno speranza ai nostri propositi di bene. Stiamo percorrendo gli ultimi tornanti dell’Anno della Fede nella fervorosa ricerca del volto luminoso di Dio. Fra un paio di mesi si concluderà la tappa di questo itinerario con la festa di Cristo Re, re dei cuori, principe di pace e di fraternità. Tra gli strumenti per vivere il nuovo anno sociale molti dei nostri associati, per il centenario della Primaria Pia Unione del Transito di San Giuseppe, hanno ricevuto in omaggio un Vangelo, miniera di saggezza per percorrere gli itinerari della vita con le indicazioni di marcia dettate dal messaggio di Gesù. In questo «tascabile» è descritta l’esperienza della chiesa di Gerusalemme ed è narrata la vita delle primitive comunità cristiane disseminate nelle principali città dell’Impero romano.
mese di novembre, dedicato al ricordo dei defunti, si apre sul panorama delle realtà «invisibili» che noi professiamo nel Credo. Quest’anno la solennità di Cristo Re chiude «l’Anno della fede» indetto da Papa Benedetto nel ricordo del cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. In questa stagione la nostra fede ci invita a riflettere che il tramonto della nostra esistenza non è destinato a una notte senza alba, ma sfocia in una calda luce: un’aurora che non conoscerà tramonto. Nella stesura di questo «confidenziale» mi hanno incoraggiato e aperto a una maggior fiducia le parole del cardinal Ersilio Tonini, morto tre mesi fa alla vigilia dei cento anni. Questo comunicatore ha lasciato scritto: «La morte è l’evento che mi ha accompagnato fin da ragazzo, particolarmente negli anni pieni di giovinezza. Fu un tema amato, frequentato, come scuola di libertà, di sapienza e di speranza».
«Nella mia esperienza personale di Dio non posso prescindere dal cammino - ha detto papa Francesco –; Dio lo si trova mentre si cammina: noi cerchiamo Lui e Lui si fa trovare da noi». Da sempre la direzione del cammino è segnata dal desiderio, infatti, Gesù dice che il nostro cuore è orientato là dove sta il nostro amore, l’anima della vita.
A Natale siamo tutti in cammino con i pastori per un rinnovato stupore: Dio si fa bambino! Dopo secoli di attesa, Dio decide di rinnovare la creazione facendosi uno di noi. Nel cuore di quella notte Maria e Giuseppe udirono un vagito: era la voce stessa di Dio tra noi. Fu la prima sillaba ancora incomprensibile della Parola “divina”. I pastori, persone semplici, che hanno nelle ossa l’eco della sofferenza dei poveri, avvertono questa singolare e misteriosa presenza e si mettono in cammino.
«È una legge generale del nostro esistere che noi viviamo in avanti e comprendiamo all’indietro». Questa frase di Jean Guitton mi aiuta ad avviare la riflessione sul nuovo anno che stiamo iniziando con tanta speranza.
Questa grande voglia di «vivere in avanti» non deve farci calpestare il passato, cancellando la memoria di volti raggianti di luce. La memoria serve a investire il futuro avendo sulle spalle il capitale dell’esperienza, infatti, «il vivere in avanti» ci fa scoprire che tutte le persone incontrate, gli avvenimenti ci hanno offerto scintille di luce per allargare la visione sulla vita.
All’inizio del nuovo anno mi piace coltivare nei sentimenti l’immagine di un contadino, in mezzo ad un campo arato di fresco, mentre spande con le robuste mani semi di futuro, i semi della speranza: speranza di vita, di benessere fisico e spirituale, speranza di amare e di essere amati.
«Una Chiesa che fa e non solo una Chiesa che dice». È uno slogan che vorrebbe diventare l’anima della nostra rivista edita all’ombra di un’associazione dedicata a San Giuseppe, ma soprattutto attenta a imitare le virtù umane ed evangeliche del carpentiere di Nazareth che è stato il maestro di umanità per Gesù.
Abbiamo ancora negli occhi le immagini della canonizzazione dei due pontefici, i santi Angelo Giuseppe Roncalli e Carlo Wojtyla; due santi cresciuti nella santità all’ombra di san Giuseppe e nella devozione alla Vergine Maria. Nel mese di luglio la liturgia celebra la memoria di un drappello di santi che ci invitano a visitare le radici della nostra redenzione. Tra i personaggi sulla frontiera dell’Antico Testamento, il 26 luglio abbiamo i suoceri di san Giuseppe, i genitori di Maria, Gioacchino e Anna. Dopo di loro, accanto a Maria - festeggiata il 16 come Madonna del Carmelo -, incontriamo delle donne che hanno avuto un ruolo interessante nei giorni drammatici antecedenti la Pasqua e nel giorno stesso della risurrezione di Gesù.
C’è un versetto del libro del Siracide che spesso mi ritorna all’orecchio perché mi indica un punto fermo cui far riferimento nella mia missione: «Ricorderò le opere del Signore e descriverò quanto ho visto». In occasione della Pasqua riemerge un ricordo impresso nella mia anima e che sorregge il cammino della mia fede. All’interno del sepolcro di Gerusalemme i miei occhi hanno impresso uno straordinario atteggiamento di fede. Devo premettere che tra i grandi doni che Dio mi ha concesso c’è una serie di esperienze che mi hanno fatto scoprire la «terra santa» come una bibbia scritta con la luce su quella terra benedetta.
Da sempre marzo è stato un mese ricco di avvenimenti: uno scrigno di speranza. A marzo si apre la stagione primaverile. Qualche volta, ospita anche la Pasqua cattolica. Sempre festeggia il concepimento di Gesù nel grembo di Maria, l’Annunciazione. Qualche giorno prima di questo rivoluzionario avvenimento, in cui Dio decide di farsi uomo nel grembo di questa immacolata ragazza di Nazareth, la tradizione ha collocato la solennità di San Giuseppe. Lo scorso anno nel mese di marzo per la comunità ecclesiale si sono registrati grandi avvenimenti: l’elezione di papa Francesco, il quale nel suo stemma porta accanto alla «M» di Maria, il «fiore» di San Giuseppe.