Rullo SIR -Servizio Informazione Religiosa
Come impegno c’è la preghiera per i Morenti, da recitarsi devotamente anche più volte al giorno. La preghiera è la seguente:
“O San Giuseppe,
padre putativo
di Gesù Cristo
e vero sposo di Maria Vergine,
prega per noi
e per gli agonizzanti
di questo giorno (o di questa notte)”
Rallegrati, o Giuseppe,
pieno di grazia,
Dio Padre è sempre con te.
Tu sei benedetto tra tutti gli uomini,
sposo santo della Vergine Maria,
scelto per accogliere
il Salvatore del mondo, Gesù.
San Giuseppe,
protettore del Popolo di Dio,
guida i nostri passi
sulla via della croce
fino all’ora della nostra
morte felice.
Amen.
Caro san Giuseppe,
Sei stato lavoratore come noi
e hai conosciuto la fatica e il sudore.
Aiutaci ad assicurare lavoro per tutti.
Sei stato un uomo giusto che ha condotto,
nella bottega e nella comunità, una vita integra
nel servizio a Dio e agli altri.
Fai che anche noi siamo integri nel lavoro
e attenti alle necessità del nostro prossimo.
Sei stato sposo che ha portato in casa Maria già incinta
per opera dello Spirito Santo.
Fai che i nostri genitori accolgano le vite che Dio manda.
Hai accettato di essere padre di Gesù
e ti sei preso cura di lui contro chi lo voleva uccidere
e lo hai protetto nella fuga in Egitto.
Fa che i nostri genitori proteggano i loro figli e fìglie contro le droghe che corrompono e contro le malattie che uccidono.
Sei stato educatore di Gesù, insegnandogli a leggere le Scritture e introducendolo alle tradizioni del suo popolo.
Fa che conserviamo la pietà familiare
e sempre ci ricordiamo di Dio in tutto ciò che facciamo.
Caro san Giuseppe,
nel tuo volto umano vediamo ritratto il volto del Padre divino.
Che Egli ci dia rifugio, protezione
e la certezza che siamo portati sul palmo della sua mano.
Mostraci, san Giuseppe, la forza della tua paternità:
Dacci determinazione di fronte ai problemi,
coraggio di fronte ai rischi, senso del limite delle nostre forze
e fiducia illimitata nel Padre celeste.
Tutto questo ti chiediamo nella forza del Padre,
nell'amore del Figlio e nell'entusiasmo dello Spirito Santo.
Amen.
Chi arriva a Roma sosta sempre almeno per un attimo di raccoglimento davanti all’Altare della Patria, davanti al monumento del Milite ignoto. Ai fianchi del braciere sempre fiammeggiante, vegliano, ventiquattro ore al giorno, due militari come guardie d’onore ai caduti per la Patria.
Anche per gli iscritti alla Pia Unione del Transito di San Giuseppe c’è la possibilità di essere guardie d’onore per San Giuseppe. Non si veglia davanti ad un morto, ma davanti a chi ha svolto un ruolo assai importante per il bambino Gesù e la Madonna e che ora intercede per tanti fratelli giunti al traguardo dell’esistenza.
In questa iniziativa gli iscritti alla Pia Unione decidono di impegnarsi per un’ora al giorno o alla settimana o al mese a stare in compagnia di San Giuseppe nell’offrire atti di amore e di solidarietà affettiva ai morenti e a chi lotta nella vita.
In quest’ora non si tratta di stare in ginocchio o in preghiera, ma di innestare un’intenzione particolare nel lavoro o nelle faccende, in modo che siano compiute con quell’intensità di attenzione di amore che avrebbe impegnato San Giuseppe nella sua vita a Nazareth. Una mamma, che sia a casa o al lavoro, pensa spesso ai propri figli. Così è anche per l’ora nostra: si inizia con una piccola preghiera e la si conclude con un’invocazione a San Giuseppe. Le modalità di adesione, semplicissime, sono indicate su una pagellina che inviamo agli associati che vogliono impegnarsi nel consacrare la propria ora di bontà e solidarietà verso i morenti.
Il servo di Dio, il professor Giorgio La Pira, il “sindaco santo”, sosteneva - e lo ripeteva spesso – che le preghiere e le buone azioni, anche se silenziose o nascoste, non solo salgono a Dio, ma scendono nelle correnti sotterranee della storia umana per riscaldare le radici della storia stessa e così far maturare frutti di bontà, di pace e di giustizia.
I lettori che desiderano iscriversi all’Ora di San Giuseppe possono inviare alla Pia Unione la loro adesione indicando, ovviamente, nome e cognome, l’ora (dall’ora… all’ora…) che quotidianamente, settimanalmente o mensilmente intendono dedicare ad onore di San Giuseppe, tenendo desta l’attenzione a favore degli agonizzanti.
Da parte nostra invieremo la pagellina, in cui saranno indicate l’ora scelta, la preghiera iniziale e quella finale.
La Pia Unione del Transito di San Giuseppe,
può essere da voi aiutata:
✔ innanzitutto sostenendola spiritualmente con
la vostra preziosa preghiera a favore di tutti gli iscritti;
✔ inoltre, impegnando parte del vostro tempo per la preghiera a sostegno dei sofferenti e degli agonizzanti;
✔ contribuendo economicamente alla realizzazione di concreti progetti di bene: borse di studio; un lettino, un pane e un libro; bambini consacrati a San Giuseppe;
✔ e in mille altri modi che il vostro buon cuore
vi suggerirà.
L’Istituto è Ente giuridico può quindi ricevere Donazioni e Lasciti testamentari (RR.DD.2.7.1931 e 11.1.1932).
Per evitare possibili contestazioni si consiglia:
✔ per Donazioni di denaro o di beni mobili e immobili, rivolgersi direttamente alla Direzione Pia Unione del Transito, Via B. Telesio 4/b - c.p. 6021 - 00195 Roma telefono 0639737681 - fax 0639740055 - email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
✔ per testamenti: se trattasi di Legati si può usare la seguente formula: “Io... lascio alla Provincia Italiana della Congregazione dei Servi della Carità, Opera Don Guanella, per la Pia Unione del Transito di San Giuseppe, a titolo di Legato, la somma di Euro... o l’immobile sito in... (oppure) gli immobili siti in...” (luogo, data e firma leggibile per esteso). Se si vuole nominare la Pia Unione erede universale, scrivere: “Io... annullando ogni mia precedente disposizione, nomino mio erede universale la Provincia Italiana
della Congregazione dei Servi della Carità, Opera Don Guanella, per la Pia Unione del Transito di San Giuseppe” (luogo, data e firma leggibile per esteso).
N.B. Consigliamo di depositare il testamento,
scritto di propria mano, presso un notaio di fiducia. .
Per informazioni: tel. 0639737681
Nelle feste importanti della tradizione ebraica c’è l’usanza di lasciare a tavola un posto libero, perché potrebbe ritornare il profeta Elia e chiedere d’essere accolto.
Gesù nell’Evangelo afferma: “Chi accoglie voi accoglie me”. Il fratello bisogno è sempre l’immagine di Cristo che sta alla porta e bussa; se noi abbiamo sensibilità e cuore amorevole apriamo la porta e lo invitiamo a tavola e dividiamo il pane con lui.
In questi ultimi tempi si è diffusa l’adozione a distanza: le tavole di molte famiglie si sono allungate sino a raggiungere altri continenti ed idealmente i cuori di molte famiglie ogni giorno hanno a tavola un ospite ideale: un ragazzo che con loro spezza un pane dal sapore della benevolenza con occhi luminosi di gioia. Con l’adozione a distanza quando una famiglia si mette a tavola celebra idealmente un’eucaristia domestica, in cui le distanze si accorciano, l’amore rompe i confini e il passo verso il futuro si fa solidale.
Alessandro Manzoni scriveva che la vita non è un divertimento per alcuni e una sofferenza per molti, ma per tutti una responsabilità di cui dobbiamo rendere conto: ecco perché il cristiano non può accontentarsi nell’essere contento da solo, ma ha bisogno di compagnia. Dio che è dono e gratuità per eccellenza, per essere riconosciuto come Dio ha avuto bisogno di una compagnia: l’uomo e la donna. Il figlio di Dio, Gesù, per diventare uno di noi ed assaggiare il sapore delle nostre lacrime e la gioia di un sorriso, è nato in una famiglia, si è attorniato di amici e ha voluto che i suoi amici portassero altri amici a condividere un’amicizia con il sapore dell’eternità.
La Pia Unione si fa ponte per congiungere le persone di buona volontà che desiderano aggiungere un posto alla loro tavola facendo un’adozione a distanza nella nazione che desiderano o dove c’è maggior urgenza e necessità.
Accendiamo un sorriso donando il futuro almeno per un anno ad un bambino.
A quel tempo nel piccolo paese in cui abitavo non c’era né asilo nido, né scuola materna. Si incominciava con la scuola elementare, e questo costituiva un grande evento sia per i bambini che per le famiglie, specialmente per chi abitava in case isolate.
Si trattava, infatti, di abituarsi ad entrare in relazione con altri bambini sconosciuti e con una insegnante che – per quanto fosse materna – non poteva supplire la mamma.
La scuola come luogo per imparare a leggere e a scrivere mi piaceva molto, ma la mia estrema timidezza mi metteva in difficoltà con alcuni compagni dispettosi, che arrivavano persino a intingermi la punta delle treccine bionde nel calamaio! Allora, infatti, non c’erano ancora le biro o le penne stilografiche, ma si usavano le cannucce di legno con i pennini infilati sulla punta, quindi su ogni banco di scuola c’erano i calamai incastrati in un foro per intingere, e si usava la carta assorbente per le inevitabili macchie.
{febbraio.wma.ff.mp3}
{marzo.mp3}
Mi ha sempre fatto simpatia un Vangelo apocrifo, non ricordo il nome, nel quale un soldato romano,incontrando a Nazareth Gesù da bambino, gli chiede: «Di chi sei figlio?». Il dialogo che si intreccia è molto curioso. Gesù avrebbe risposto: «Io chiamo papà uno che non è mio papà, perché il mio padre vero è un Altro». Il soldato incuriosito e pensando che il bambino non ha idee chiare: «Spiegati meglio». E lui: «Sì, perché devi sapere che io ho un papà che si vede e un Padre che non si vede». «Allora hai due papà?». «Ma no - risponde Gesù - il mio Padre vero è uno molto potente, l’altro è uno che lavora qui a Nazareth». Il soldato, spazientito, se ne va.
Ancora sulla prima parola: “Credo”. Forse sono discorsi difficili. Chiedo scusa a chi legge, e mi sforzerò di semplificare, ma qualche pensiero serve davvero per andare avanti insieme.
Quando dico “credo” e la parola esprime ciò che è proprio la “fede”, dico insieme certezza di fondamento (“basàh” biblico) e slancio di affidamento che si spinge avanti (“amàn”) e diventa capacità di rispondere con la vita alla “Parola” che annuncia e insieme rivela la salvezza che viene da Dio e che veramente dà senso ultimo a tutta l’esistenza umana, anche se come strumento “non serve” a niente di mondano, conoscenze umane e potere sulla natura. La salvezza è ciò che dà “senso ultimo” a tutto nel tempo ed oltre il tempo, perché acconsente all’invasione di Dio stesso nella nostra esistenza e la trasforma in una “compagnia” di Padre, Figlio e Spirito Santo fino alla vita eterna…