Un passo avanti. Per “credere” occorre qualcosa su cui basarsi e di cui fidarsi, e quindi una “comunicazione”, una parola da ascoltare o l’esperienza di un evento di cui prendere atto. L’ascolto perciò, e l’esperienza fatta nella vita, sono all’origine del credere. Ecco perché alla fine del nostro secondo incontro ho ricordato un libro, “Uditori della Parola”, del teologo Karl Rahner: il nostro credere, nel senso forte che è quello della “fede”, include qualcuno che “parla”, qualcuno che “opera” e rispettivamente qualcuno che “ascolta” e qualcuno che “vede” e vive un’esperienza, un incontro di vita. Dunque: parlare, ascoltare, vedere e capire. Si tratta del mestiere dell’uomo: in questione siamo noi con la nostra vita.
Cuore divino di Gesù,
io ti offro per mezzo
del Cuore Immacolato
di Maria, Madre
della Chiesa, in unione
al Sacrificio eucaristico,
le preghiere e le azioni,
le gioie e le sofferenze
di questo giorno:
in riparazione
dei peccati,
per la salvezza di tutti
gli uomini, nella grazia
dello Spirito Santo,
a gloria del divin Padre.
Gesù tu non hai condannato nessuno.
Tu guardavi l’uomo con lo stesso sguardo di Dio Padre. Tutto il tuo Vangelo è un atto di profondo rispetto per la persona umana: rispetto e perdono per la Samaritana, per la Maddalena la pubblica peccatrice. Anche l’adultera non è stata condannata e l’hai mandata con l’invito: «Non peccare mai più». Per i bambini che ti si avvicinavano, hai detto agli apostoli: “Lasciateli venire da me e cercate di somigliare a loro”. Matteo, l’evangelista, l’hai sedotto con il tuo sguardo e ha lasciato tutto per seguirti. Al centurione non hai lanciato rimproveri, ma hai lodato la sua fede.
A Pietro non hai detto: «Sei un fanfarone» ma: «Mi ami più degli altri?». Al ladrone hai detto: «Oggi sarai con me in Paradiso!». Per tutti quelli che ti hanno condannato hai pregato: «Padre perdona loro, che non sanno quello che fanno!».
Signore, ora che ti ho ricordato cosa hai fatto, ti presento tutti i divorziati, le famiglie separate, i figli di genitori non più uniti. E per ognuno di loro ti prego. Tu sai di cosa hanno bisogno.
La Chiesa sappia offrire
alle nuove generazioni
ragioni di vita
e di speranza
I missionari portino Cristo
a quanti ancora
non lo conoscono
Lo Spirito Santo
dia consolazione
a coloro che vivono
nella solitudine
e nell’angoscia
È in corso in questi giorni il dibattito sul disegno di legge riguardante le “Dichiarazioni anticipate di trattamento” (DAT), che darà la possibilità di esprimere per iscritto le proprie volontà in merito ai trattamenti sanitari da accettare o rifiutare in caso di futura perdita di coscienza. Il confronto tra i rappresentanti di diversi schieramenti etici e politici si fa ogni giorno più vivace. Ma al contempo cresce anche un certo disorientamento: qualcuno chiede che il testo venga riscritto, altri lo ritengono inutile, o perché troppo restrittivo della libertà individuale, o al contrario perché pericoloso.
Mi pare che i principali dubbi riguardino tre questioni.
È proprio necessaria una legge, o non era meglio regolarci come si è fatto finora?
Per comprendere il senso che aveva, e in parte ha ancora, nel calendario la Quaresima bisogna rimettere un po’ indietro l’orologio, nel tempo in cui questo periodo era, per molta gente, il tempo peggiore dell'anno dal punto di vista della tavola, della salute, dei disagi e della sopravvivenza.
Il freddo, combattuto col focolare, gli scaldini, i bracieri, incrudiva in questa stagione, mettendo a dura prova il fisico. Le provviste alimentari, di chi doveva vivere dei prodotti della terra, cominciavano a scarseggiare: grano, vino, carne salata, frutta conservata, marmellate... di tutto si arrivava presto a grattare il fondo e spesso si cominciava a sentire la fame.
Anche il pollaio diceva di no: non si poteva distruggere la possibilità delle covate primaverili mangiando le galline, o usando le uova che a gennaio tornavano nei covi. Anche i conigli dovevano essere lasciati per la riproduzione.
Il 24 marzo 1877 il vescovo di Strasburgo, Andrea Raess, ha fondato la Confraternita di San Giuseppe con sede nel monastero Saint Marc. Egli lo fece su richiesta di Padre Engelke, padre spirituale di quel monastero, e l’ha destinata nella cappella del monastero, "prendendo esempio da quella che esiste a Beauvais, con sede nella cappella del pensionato dei Frères des Ecoles Chrétiennes, e con il desiderio che si congiungesse ad ella". L'aggregazione ebbe luogo il 24 luglio 1877. L'Arciconfraternita, con sede a Beauvais era stata fondata da Papa Pio IX nel 1861. Il documento della fondazione del vescovo Raess, come anche il documento dell'aggregazione a Beauvais, sono conservati nell'archivio del monastero.
Nel 1888 i religiosi di Beauvais, come quelli di tutte le altre Congregazioni, sono stati cacciati dal paese su ordine del governo anticlericale della Francia. è probabile, che per questo motivo e per mediazione del vescovo Adolf Fritzen, la Confraternita con sede a Saint-Marc fu aggregata il 28.12.1891 ad un'altra Arciconfraternita, cioè alla Pia Unione di San Giuseppe Sposo di Maria Vergine Immacolata (Erzbruderschaft des Heiligen Josef, Bräutigam der Unbefleckten Jungfrau Maria). Questa era stata fondata il 19 marzo 1862 dal Papa, il Beato Pio IX, ed elevata il 10 settembre dello stesso anno ad Arciconfraternita con sede nella parrocchia San Rocco a Roma. Questa modifica dell'appartenenza era probabilmente voluta dal vescovo di Strasburgo. Per quali motivi? Forse erano state anche ragioni politiche: dal 1870 l'Alsazia era diventata tedesca e all'amministrazione prussiana non era gradito un legame con la Francia.
Nel 1913, dal sacerdote romano don Guanella, è stata fondata una nuova confraternita di San Giuseppe con il titolo: "Pia Unione del Transito di San Giuseppe" con la sede a Roma, nella chiesa parrocchiale San Giuseppe al Trionfale, più tardi elevata a basilica. Nel 1914, questa confraternita è stata elevata ad Arciconfraternita dal Papa S. Pio X e doveva riunire tutte le confraternite di San Giuseppe.
Nel febbraio 1918 è subentrata una modifica: come se non esistesse già una tale confraternita, il 23 febbraio, il vescovo Fritzen ha approvato gli statuti per una "Confraternita di San Giuseppe, canonicamente eretta" il 27 febbraio 1918.
Successivamente, l'8 aprile 1918, il direttore della Pia Unione ha mandato il documento dell'aggregazione. Nell'archivio si trova la lettera di accompagnamento, ma non il documento.
La differenza con l'Arciconfraternita di San Rocco è da notare: fedele al nome, la Pia Unione del Transito di San Giuseppe mette l'accento su Giuseppe come patrono della buona morte e anche sull'impegno della preghiera per gli agonizzanti.
L'Arciconfraternita di San Giuseppe a Beauvais ha continuato ad esistere nel 1888 nella cappella, nonostante la soppressione del pensionato dei Frères des Ecoles Chrétienne, e nel 1914 si è aggregata alla Pia Unione del Transito di San Giuseppe a Roma. Dopo il ritorno dell'Alsazia alla Francia, avvenuta nel novembre 1918, con una lettera del 3 settembre 1919, fu chiesto da Roma se ormai, data la nuova situazione, Beauvais dovesse essere considerata la centrale per tutta la Francia o se fosse Saint-Marc per l'Alsazia-Lorena. Il 10 settembre 1919, la risposta dell'allora superiore Sommereisen fu: Saint-Marc resta sede centrale per l'Alsazia-Lorena e per la Germania dovrebbe essere prevista la centrale a St. Trudpert.
L'aggregazione della confraternita di Saint-Marc alla Pia Unione, avvenuta nel 1918, fu di nuovo confermata in una lettera del direttore alla Madre Superiora di Saint-Marc (aprile 1985): "Dai nostri registri risulta che la Pia Unione del Transito di San Giuseppe è stata fondata nel monastero Saint-Marc nel marzo 1918... Quando una succursale della Pia Unione è stata eretta, lo resta per sempre, salvo una revoca o cambiamento della sede, ma questo non è il caso". Non sappiamo come era formulata la domanda della madre generale.
Per ciò che riguarda la fondazione e l'aggregazione della confraternita di San Giuseppe di Saint-Marc, per anni è prevalsa l'oscurità con la conseguenza che nella corrispondenza e nelle pubblicazioni, vengono citate differenti date per mancanza di chiarezza negli archivi, sia nel monastero di Saint-Marc, come anche nel vescovado di Strasburgo.
Monastero di San Trudpert
Su richiesta di Madre Eutropia, l'Arcivescovo di Freiburg (im Breisgau), il 12 gennaio 1920 ha fondato la "Fromme Bruderschaft vom Tode des Heiligen Josef zur Hilfe der Sterbenden" e nominato come rettore il rev. Superiore Strohmeyer (documento nell'Archivio di St. Trudpert). Poco dopo dovrebbe essere stata fatta l'aggregazione alla Pia Unione a Roma, i documenti dovrebbero trovarsi nell'Archivio.
Nel passato ogni centrale della Pia Unione era presieduta da un rettore. Ogni cambiamento era confermato da parte di Roma, come si vede dalla corrispondenza prima della guerra, che si trova nell'archivio di Saint-Marc. Gli statuti a questo punto sono stati cambiati. In una lettera del direttore della Pia Unione alla Madre Generale di Saint-Marc, si legge: "Siccome la filiale della Pia Unione è stata fondata nella Casa Madre della sua Congregazione, la Madre Generale, per l'incarico del direttore della Pia Unione del Transito di San Giuseppe, può nominare di caso in caso una persona - addirittura una consorella" (Lettera di aprile 1985).
(Traduzione dal tedesco di Elvira Hofenbach)
Se anche per le piccole cose possiamo chiedere in prestito parole solenni dobbiamo gridare: «Gaudium magnum nuntiamus vobis: don Guanella sarà canonizzato il 23 ottobre 2011».
In quel giorno il Santo Padre Benedetto XVI con un atto solenne del suo magistero investirà don Guanella della laurea in santità, con la specializzazione di ricercatore del volto di Dio ed esperto in umanità, fragile e sofferente.
Don Guanella è un campione di umanità riuscita. La santità è una parola che incute timore, la riteniamo meritevole soltanto a persone privilegiate, segnate da un destino nobile, invece, per il cristiano è il traguardo della propria esistenza. Diceva un filosofo antico, Platone, che «Possiamo perdonare a un bambino che abbia paura del buio.
Nell’Esortazione apostolica “Redemptoris Custos” Giovanni Paolo II affida a san Giuseppe il compito di indicarci “le vie dell’Alleanza salvifica sulle soglie del prossimo Millennio, nel quale deve perdurare e ulteriormente svilupparsi la ‘pienezza del tempo’ che è propria del mistero ineffabile dell’incarnazione del Verbo” (n.32).
La “pienezza del tempo” corrisponde al periodo storico che stiamo vivendo e che si concluderà quando Gesù presenterà il regno davanti a Dio Padre (cf. 1 Cor 15,24); le “vie” dell’Alleanza salvifica si identificano con le “grandi opere di Dio”, alle quali “il Concilio Vaticano II ha di nuovo sensibilizzato tutti”. Si tratta dei “misteri della vita di Cristo”, “annunciati dagli apostoli e attuati nella liturgia”, che costituiscono appunto “quell’economia della salvezza, della quale Giuseppe fu speciale ministro” proprio nel momento fondamentale del passaggio dall’Antico al Nuovo Testamento, la cui “unità” è tenuta ben presente nell’Esortazione apostolica, perché necessaria alla comprensione dei misteri della vita nascosta di Gesù.
Quando il 24 febbraio 2005 a Giovanni Paolo II fu praticata la tracheotomia, al risveglio dall’anestesia, non potendo parlare, chiese alla suora che lo assisteva in ospedale un pezzo di carta e un pennarello e scrisse: «Cosa mi hanno fatto! Ma …totus tuus!». Con un sentimento di totale confidenza alla volontà di Dio ripete: «Sono tutto tuo»; era il suo motto di consacrazione della sua esistenza a Maria, la mamma di Gesù. Quel punto esclamativo raccoglieva il dramma della sua esistenza. In quel momento si chiudeva una lunga stagione della sua vita pastorale e si apriva un nuovo capitolo sulla sua vita.
Proseguiamo la nostra riflessione sulla quinta parola del Decalogo: non uccidere. Abbiamo già visto che “uccidere” qui dice la relazione con l’altro resa spezzata o deformata dalla violenza. In estrema sintesi, potremmo dire che “uccidere” si verifica tutte le volte che un altro viene cancellato dalla nostra vita. Ancora, abbiamo osservato che la fraternità che il comandamento ci impegna a vivere non è un rapporto a due, io e il mio amico, ma un rapporto a tre: io, l’altro e Colui che ci ha posti l’uno accanto all’altro. In questo senso, per risanare le ferite nelle nostre relazioni interpersonali dobbiamo guardare a questo terzo soggetto, Iddio, che ha amato entrambi per primo condonando a ognuno ogni debito: possiamo quindi accoglierci gli uni gli altri, come Lui ci ha accolto.