di Mario Carrera
Il Sinodo dei Vescovi, per parlare dei giovani e con i giovani, ha vissuto due momenti: il primo, una rete e una risonanza mondiale ha interpellato tutte le diocesi sparse nei vari continenti; il secondo, la fase conclusiva in cui le chiese locali hanno inviato il loro contributo alla presidenza, ma la partecipazione di qualche centinaio di giovani ai lavori, collaborando così ad esaminare ed illuminare le problematiche giovanili consegnando ai vescovi «un vissuto concreto con l’odore della vita» e non solo «un sentito dire».
La vita - è stato scritto - non è altro che un gettar ponti: dal limbo del tempo alla riva dell'eternità, dalla spiaggia della fatica del vivere alla sponda della speranza.
Ogni volta che la liturgia mi porta nel cuore della fede cristiana - che è la celebrazione della Pasqua - questo evento straordinario e singolare della Resurrezione di Gesù cerca un appoggio nella mia vita e mi invita a perseverare, nonostante tutto, sulla strada dell'immortalità.
La famiglia di Nazareth dal momento in cui Giuseppe, Maria e il piccolo Gesù sono tornati in Galilea nella loro casa, si è aperta l’Università della vita. Da quel momento al vivere umano è stato aggiunto un supplemento di qualità: Dio cammina con noi con una carne umana. La vita del Creatore ha iniziato a pulsare con il ritmo della nostra umanità. Con l’alfabeto umano Dio ha imparato a gustare la dolcezza di un sorriso, nel pianto del bambino ha udito il lamento di una preghiera come un’elemosina di vita.
Nella tradizione religiosa ogni festività nasconde una scintilla di divino da regalarci. La festa della Presentazione di Gesù al tempio non è solo una scintilla ma accende un arcobaleno di luce che lega in un’alleanza eterna il cielo con la terra. Dopo quaranta giorni dalla sua nascita, troviamo Gesù con i suoi genitori nel tempio di Gerusalemme. Ogni papà alla nascita del figlio primogenito aveva l’obbligo religioso di riconsegnare, simbolicamente, a Dio il dono ricevuto della vita che rendeva perpetua la continuità del nucleo familiare.
All’alba di un nuovo anno, la liturgia ci introduce nello spazio della vita, guidandoci con la stella luminosa della Parola di Dio. La Parola all’inizio della messa del 1° gennaio apre il panorama del nostro futuro con il desiderio che Dio, il datore di ogni vita, ci possa benedire, custodire e che la luce gioiosa del suo volto possa illuminare il nostro cammino.
Inginocchiati davanti alla culla di Gesù nella sembianze di un bambino, con gli occhi illuminati dalla fede, intravediamo una carne umana abitata da Dio e scopriamo con gioia che la nostra carne è capace di ospitare Dio e avere la facoltà di respirare con il suo stesso respiro.
A Natale «il Dio invisibile si è reso visibile» nella fragilità della carne di un bambino. Come tutti i bambini, figli dell’umanità, anche Gesù ha avuto bisogno di sentirsi circondato di amore e assistito da mani operose che aiutassero questa visibilità divina a manifestarsi al mondo.
La visita ai cimiteri, dove i nostri parenti aspettano la chiamata alla nuova vita, “una terra nuova e cieli nuovi”, è sempre un navigare sui fiumi del passato, le cui rive sono popolati di volti familiari, frammenti di una storia con cui abbiamo costruito la nostra vita.
Si dice che quando nasce un bambino in cielo si accende una stella. Non sappiamo se è vero, ma è certo che ad ogni creatura umana che viene alla luce è assegnato un punto di arrivo: non gli si indica la strada, ma lo si mette in cammino. L’avventura della vita consiste nello scoprire la via giusta per arrivare vincitore alla meta che è quella porzione di santità che ci rende simili a Dio.
A Betlemme Luca canta la gioia degli angeli sulla grotta della natività e nell’ultima riga del suo Vangelo si riaggancia alla gioia iniziale.
«Il cuore dell’uomo ha una profondità talmente grande che nessuno può leggere sino in fondo e qualcosa che i libri non sanno leggere», è una miniera di sogni, esperienze, desideri progetti. Tutti nel cuore abbiamo registrato il fluire di incandescenti emozioni, di passioni, entusiasmi e delusioni. Nel cuore, diceva Pascal, e ne siamo convinti, transitano tanti pensieri che la mente non conosce. Se questo è il cuore dell’uomo, come posso pretendere di descrivere l’amore infinito del cuore di Gesù? Eppure solo nel panorama luminoso e caldo del cuore di Gesù posso tentare di comprendere l’amore di un Dio, creatore del cielo e della terra, che si fa carne e si concretizza in Gesù.
Come la festa dell’Epifania chiude il ciclo della nascita di Gesù tra noi, la festa della Pentecoste inaugura la secolare stagione della presenza dello Spirito di Gesù risorto nei sotterranei della storia umana. Gesù con l’ascensione al cielo si è sottratto ed è diventato invisibile ai nostri occhi, ma non ci ha lasciati orfani e smarriti e la fede si fa sentire il suo respiro. Il respiro di Gesù è il respiro dello Spirito Santo. Come la creatura umana quando esce dal grembo della mamma inizia a respirare con i propri polmoni così la comunità cristiana a Gerusalemme avvertì il primo respiro dello Spirito nel giorno della Pentecoste. La vita, l’anima, il respiro della Chiesa è lo Spirito Santo.
Gesù risorto ha fatto fiorire nell’animo di Tommaso la beatitudine della fede. Dopo aver invitato l’apostolo a costatare con le sue mani la presenza di Gesù risorto e dopo l’invito a «non essere incredulo ma credente» Tommaso professa la sua fede, dicendo: «Mio Signore e mio Dio».
Gesù risorto esalta la potenza dei sentimenti dell’anima sottolineando che l’intelligenza può arrivare al cuore delle realtà solo se è accompagnata dall’amore. La fede parla solo con le parole della vita. «L’amore è il più aristocratico, vigoroso e ardente dei ritrovati umani per cambiare e abitare il mondo». Con onestà dobbiamo constatare che gli ideali importanti di una vita sono alimentanti da fiumi carsici che la mente non conosce, ma che l’amore intuisce.
«Come una candela viene accesa alla fiamma di un'altra candela, così dalla fede scaturisce altra fiamma di fede» e così la nostra vita è un perenne passaggio da luce a luce.
Le stagioni liturgiche hanno il compito di preparare la nostra anima ad accogliere la fiaccola della luce dello Spirito per illuminare il nostro presente.
Nella tradizione della Chiesa il periodo della quaresima era l’anticamera di tutti i sacramenti e costituiva il periodo del catecumenato, la preparazione alla celebrazione del sacramento del battesimo, la porta di ingresso nella comunità dei credenti.
di Mario Carrera
Dal 2017 traghettiamo nel 2018 la fiaccola della speranza sino alle periferie degli accampamenti dei poveri. Il cristiano, infatti, è un atleta di Dio in marcia per illuminare i fratelli ai confini del mondo. La famiglia di Nazareth è un costante modello d’azione e di vita per il percorso di fede e di amore per il nuovo anno.