Riguardo al dono della vita e alle sue strade - sempre originali e personali - da percorrere, mi ritorna alla mente l’immagine dello scrittore Pasternak quando paragona l’esistenza delle persone ad una flotta di zattere che entrano nel grande fiume. Ogni zattera si muove trasportata dalla corrente verso la foce. Raffigurando l’avventura della vita al fiume che ci trasporta alla foce.
Tutti navighiamo su una immaginaria zattera alla ricerca dell’onda vincente che conduce al porto assegnato ad ognuno.
In questo navigare siamo ansiosamente proiettati verso il futuro e perdiamo di vista la scia sull’acqua che lasciamo alle spalle. Con questa disattenzione, seppure involontaria, cancelliamo il passato correndo il rischio di naufragare in un mare senza orientamenti. Il patrimonio della memoria è indispensabile: la patologia dell’Alzheimer è un tempo abitato da “fantasmi”, come parole scritte sull’acqua che subito si liquefano senza lasciare traccia. Per tutti il ricordo è un po’ come una tavolozza di colori che ci permette di dipingere la vita.
L’ebrezza di vivere il nostro tempo con celerità ha diminuito l’attitudine a riflettere e ha cancellato i confini del lecito e dell’illecito, gli spazi del “non puoi” e del “devi”. La nostra società, figlia dello slogan “proibito proibire”, ha favorito la cultura del soggettivismo, in cui è bello e utile solo ciò che momentaneamente mi soddisfa.
Con la presunzione di essere arbitri insindacabili nel far scendere o salire la bilancia del bene o del male, abbiamo sfilacciato la fibra del bene, indebolendo così le motivazioni al “ben fare” e, senza alcuna vigilanza, abbiamo permesso anche all’indifferenza religiosa di imprigionarci l’anima.
Non occorre essere scienziati per accorgersi che, dalla carenza di motivazioni condivise con passione, si sia abbassato il livello della solidarietà ed esaltato il trionfo dell’individualismo. La storia non usa il camminare del gambero, sa scrivere il futuro anche sulle macerie del passato, recuperando la linfa della tradizione con perseveranza nel fondo dell’animo.
L’inizio dell’anno scolastico stimola tutti ad accostarsi con fiducia e buona volontà alle giovani generazioni, non con la presunzione di maestri infallibili, ma come persone ricche di esperienze da condividere e anche disponibili a farci educare dalla loro freschezza; con un rapporto di stima, di solidale vicinanza, di dialogo franco e leale da vivere con la pazienza del seminatore, consapevole di aver seminato per il futuro.
Da troppo tempo si parla di una generazione giovanile orfana di padri. Oggi sembra necessario recuperare questa presenza genitoriale non tanto come arcigne sentinelle accanto ai ragazzi, ma compagni di viaggio nel pellegrinaggio della vita che sappiano dialogare e cercano insieme quelle strada che permettono di scoprire e disegnare il percorso verso una realizzazione ottimale delle proprie esistenze, portando a pienezza e maturità progetti personali, nel rispetto di tonalità singolari ed irripetibili.
Oggi troppi genitori nell’illusione di favorire il rapporto educativo preferiscono coprire i ragazzi di cose materiali, di attenzione alla loro salute e ai loro desideri immediati, che creano isole di solitudine in cui è difficile entrare.