Da quando Maria ha detto di sì all’angelo Gabriele, un cromosoma divino è entrato in quella casa e ha segnato il ritmo della vita di Maria e di Giuseppe. Con il fidanzamento e il matrimonio, Dio ha abitato il nostro mondo e ha scommesso su un uomo dalle mani incallite nel consegnargli il tesoro più prezioso che un padre possiede: un figlio e il suo futuro.
Dopo le vicende di sofferenza della nascita di Gesù e la gioia di un annunzio angelico, melodioso e promettente, per la cieca gelosia di Erode, Giuseppe per ordine di Dio-Padre fugge, cerca scampo in terra straniera. Dio gli ordina di mettersi in marcia di inoltrarsi per sentieri sconosciuti, di abbandonarsi all’ignoto per salvare il Bambino, il Figlio umano di un Padre divino.
Davvero Dio è grande, Egli ha visto in Giuseppe un monumento di fedeltà e garanzia di vita per il Figlio.
Pur negli intrecci, a volte caotici della vita, Giuseppe è stato grande e fedele agli impegni assunti; con equilibrio e con il suo atteggiamento paterno, pur nel disagio delle circostanze e nell’orizzonte buio della sua vicenda ha agito da vero padre. Per questo San Giuseppe è un gigante nella fede. San Giuseppe, l’ultimo dei patriarchi, ha onorato la sua missione. Anche il papà terreno di Gesù, come il patriarca Abramo, ha continuato a credere anche quando le apparenze parlavano altri linguaggi; tuttavia, mai ha fatto morire la speranza nell’anima, anzi, «sperando al di sopra di ogni speranza umana», ha portato a termine la missione, garantendo non solo la custodia, ma anche consegnando l’adolescente Gesù nel tempio di Gerusalemme, alla storia del popolo ebraico e dell’intera umanità.
La spiritualità di San Giuseppe ha senso solo se è legata al nucleo essenziale della nostra fede: Cristo Gesù.
Suscita sempre stupore e ammirazione che un’umile creatura, presa da un laboratorio di falegnameria, sia stata incaricata da Dio-creatore a custodire, educare, far crescere Gesù, «in età e grazia», dentro un tessuto sociale caratteristico del suo tempo.
Quel tessuto sociale ha camminato con la storia e, pur in epoche e tradizioni culturali diverse, attorno alla “parola” di Gesù si sono ritrovate persone che vivono il dono della vita con un ideale evangelico. Gesù, il vivente, si trova al centro di tante situazioni familiari e sociali, egli, ieri come oggi, vede bambini nascere e gioisce, ha visto morire persone, umanamente a lui care, e ha pianto com’è stato per Lazzaro. Ha vissuto le carestie di stagioni avverse, la mancanza di lavoro, amicizie spezzate, tradimenti affettivi. Non c’è vibrazione dell’animo umano che Gesù non abbia vissuto.
In questa radiografia del vissuto di Gesù nasce la nostra passione nel far parlare il silenzio di San Giuseppe, la sua disponibilità ad agire prontamente secondo le esigenze del copione della vita che Dio aveva tracciato per lui.
La definizione di «uomo giusto» va scandagliata con passione da “colleghi” di San Giuseppe nel cammino della fede e saper cogliere dalle sue mani i frutti della sua obbedienza, della sua partecipazione puntuale, precisa e immediata alle indicazioni di Dio attraverso i “sogni”, come pure attraverso la preghiera, l’osservazione appassionata di un lavoratore onesto, la frequenza agli incontri nella sinagoga.
Ma, soprattutto, c’è anche da scandagliare il dramma del suo fidanzamento con Maria che gli sovverte un progetto umano, sognato, coltivato e accarezzato con la fantasia di un cuore innamorato di una ragazza eccezionale per bellezza e qualità umane.