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Mercoledì, 12 Marzo 2014 16:00

Quaresima un pellegrinaggio nella misericordia Featured

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Il periodo quaresimale desidera sottolineare una fase critica che precede una trasformazione. Un tempo di gestazione per la nascita di nuovi pensieri e nuovi stili di vita. Un tempo di lavorio silenzioso in attesa della fioritura.
 Nel definire il periodo della Quaresima, il vescovo Tonino Bello ha un’immagine stupenda e assai suggestiva. Dice: questo periodo quaresimale «inizia con uno sciampo alla cenere e finisce con la lavanda dei piedi». Così dalla testa ai piedi tutta la vita passa sotto il lavacro della purificazione sul senso del vivere e dell’impegno al servizio degli ideali nutriti dallo Spirito Santo nei momenti di preghiera, di generosità e di penitenza.
«Lo sciampo alla cenere» ha come elementi lo splendore dei rami di ulivo, benedetti nel giorno delle Palme, ma anche le piante dell’ulivo furono testimoni del patire in solitudine di Gesù nel Getzemani.
La Chiesa, inoltre, compie il rito dell’imposizione delle ceneri quaranta giorni prima della Pasqua. Il numero quaranta nel panorama della storia della salvezza è un crocevia di novità. La prima volta il numero quaranta si trova al diluvio, quando Dio contrae con Noè il patto di alleanza e il cielo si illumina dei sette colori dell’arcobaleno. Mosé al quarantesimo anno è chiamato da Dio a iniziare la sua missione. Sul Sinai Mosé sta quaranta giorni prima di ricevere il Decalogo. Quarant’anni dura il cammino dalla schiavitù dell’Egitto alla Terra promessa. Anche il nuovo Testamento nei momenti significativi è attraversato dal numero quaranta. Quaranta sono i giorni dalla nascita di Gesù alla sua presentazione al tempio. Quaranta sono i giorni passati nel deserto. La sua predicazione dura quaranta mesi. La sua resurrezione avviene dopo quaranta ore di permanenza nel sepolcro e quaranta sono i giorni in cui Gesù appare risorto agli apostoli prima dell’ascensione al cielo.
Al termine della Quaresima siamo invitati a partecipare alla Cena di Gesù con gli apostoli; Gesù si alza da quella tavola, si mette il grembiule del servo e lava i piedi ai suoi commensali. In quella circostanza si dischiude l’ingresso alla pienezza della comunione con il Padre per mezzo di Gesù, servo per amore dell’umanità. Quel pane condiviso e quella lavanda segnano il limite tra la vecchia e la nuova vita.  Solo l’anima che durante l’esodo dei quaranta giorni ha esperimentato la luce della purificazione e viene nutrita con il pane di vita eterna, è in grado di affrontare il buio del disagio, delle sconfitte. 
Solo discendendo nelle profondità oscure della propria anima, camminando tra le sterpaglie del male e delle malvagità che si annidano nell’anima, riusciamo a raggiungere la luce della redenzione. La Pasqua non è un traguardo, ma una partenza per camminare su nuovi sentieri illuminati dalla luce della vittoria di Cristo sul male e sulla morte. 
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