Il complesso di Sant’Agnese fuori le mura, modello di architettura e di devozione, sottolinea il ruolo della presenza femminile nelle prime comunità cristiane. Fin dall’antichità, pari venerazione ebbero uomini e donne martirizzati, anche se invalse l’uso di indicarli come “vergini e martiri”, dando per implicito il martirio anche per le vergini. Tra le romane martirizzate, alle quali sono dedicate splendide chiese, spiccano Cecilia, Balbina, Prassede, Pudenziana, Prisca, Sabina e Agnese. A quest’ultima sono dedicate due chiese. Una, Sant’Agnese in Agone, sorge sulla centralissima Piazza Navona ed è capolavoro barocco del Borromini. L’altra sorge sulle catacombe presso la Via Nomentana dove la Santa fu sepolta.
Questa chiesa, eretta all’inizio del secolo IV da Costanza, figlia o nipote di Costantino, nonostante i restauri successivi è esempio mirabile di costruzione paleocristiana. Causa il generale innalzamento del suolo di Roma, alla chiesa si perviene attraverso un’ampia gradinata che scende al nartece, il portico d’ingresso. L’interno presenta pianta a tre navate, scandite da 14 colonne con eleganti capitelli corinzi, e sopra le navate laterali è il matroneo, la loggia adibita alle donne. Bellissimo è il mosaico che orna il catino absidale (sec. VII), con al centro l’alta figura di Agnese con ai piedi le fiamme, che non la lambirono, e la spada che la decapitò.
Il complesso non si esaurisce nella chiesa ma comprende, in un’oasi di pace non contaminata dai rumori della città, anche le catacombe, i resti di una grande basilica e la chiesa di Santa Costanza. E’ quest’ultima una splendida costruzione a pianta centrale eretta per essere, presumibilmente, il mausoleo di Costanza e di Elena, moglie di Giuliano l’Apostata. Divenne chiesa nel secolo XIII. Da un nartece si accede all’interno che presenta, nella muratura perimetrale, una serie di nicchie di varia forma, tra le quali spicca quella a fronte dell’ingresso, con il grande sarcofago di Costanza, copia dell’originale ai Musei Vaticani. La copertura centrale, a cupola, insiste su un colonnato binato di complessive 24 colonnine. La copertura dell’ambulacro, tra il muro perimetrale e il colonnato, è a volta a botte. Su questa volta si sono conservati i mosaici murali originari (inizio sec. IV), tra i più antichi giunti fino a noi, con il caratteristico fondo bianco tipico del mosaico romano. Si tratta di una serie di riquadri in cui si alternano decorazioni geometriche e decorazioni figurate, in cui prevale il tema della vendemmia con amorini che pigiano l’uva e guidano carri che contengono pampini. Nei catini delle due piccole absidi laterali sono i mosaici con Cristo che consegna le chiavi a San Pietro e che consegna la Pace a Pietro e Paolo. A lungo si è dibattuto se l’edificio fosse da sempre cristiano, viste le raffigurazioni “profane” dell’ambulacro. In realtà, poiché i mosaici dell’ambulacro appaiono coevi ai mosaici, di soggetto cristiano, nelle piccole absidi, è probabile che ai mosaicisti, abituati a realizzare repertori profani, sia stata lasciata mano libera in una zona dell’edificio poco visibile, a condizione che i repertori non avessero riferimenti diretti a divinità pagane e che potessero essere interpretati, come la vendemmia, in chiave cristiana.
Tutto il complesso di Santa Agnese è dunque artisticamente esempio di rinnovamento nella continuità. E il messaggio che Agnese affida ancor oggi ai posteri è quello di credere nell’immortalità, ce lo indica la fenice, il mitico uccello che risorge dalle sue ceneri, raffigurato sulla sua veste.