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Mercoledì, 18 Febbraio 2015 15:19

Recuperare il legame tra il pregare e l’agire

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La prima preghiera di lode, che troviamo all’inizio dell’evangelo dopo la nascita di Gesù, è il ringraziamento di Giuseppe e Maria al tempio di Gerusalemme. Esprimono la loro gratitudine a Dio per il dono del figlio e riconsegnano il Primogenito nelle mani di Dio con il rituale dell’offerta di due colombi. 
Troveremo molte volte Gesù in preghiera, soprattutto nei momenti più importanti. Infatti, non è possibile un vita religiosa senza preghiera. 
La preghiera è il centro di ogni rapporto con Dio, è l’anima di ogni atto di devozione. Il respiro della fede è unito al respiro stesso di Dio. Pregare è respirare  a due polmoni. L’atto di  credere e di pregare s’identificano.
«La fede, infatti, è preghiera che ascolta e la preghiera è fede che parla».  È necessario convincerci che il pregare non è solo parlare, chiedere e bussare, ma dovrebbe essere anzitutto ascoltare e far cantare l’eco dell’ascolto nelle parole della preghiera. È proprio da quest’ascolto che nasce la fede, che a sua volta diventa parola d’invocazione. Dovremmo tentare di far in modo che fede e preghiera si diano la mano e camminino insieme come sorelle gemelle: affluenti dell’unico fiume della grazia divina. 
Le Confessioni di sant’Agostino sono una diffusa  preghiera. In questo scritto il santo vescovo veleggia nell’oceano delle sue esperienze, fotografando ogni attimo della sua vita: l’inquieta ricerca di felicità lontano da Dio e la melodia dell’anima nel visitare «la città di Dio» e «la città dell’uomo». 
Ne Le Confessioni è raffigurato «l'esempio più alto di come fede e preghiera comunichino così strettamente tra loro, da essere pressoché inseparabili». Infatti, afferma testualmente sant’Agostino: «Ogni mia speranza è posta nell’immensa grandezza della tua misericordia. […] O amore, che sempre ardi senza mai estinguerti; o Dio di carità, infiammami».  
Di san Francesco d’Assisi è stato detto: «non era tanto un uomo che pregava, quanto era diventato lui stesso preghiera».
Non possiamo mai dimenticare che la carità verso il prossimo non è altro che una carica di spiritualità che affiora: dai sentimenti coltivati nell’anima passa all’energia operosa delle mani.
Don Guanella voleva i suoi discepoli contemplativi nell’azione; oltre aver chiamati i suoi religiosi «Servi della Carità», nello stemma della sua congregazione ha scelto un motto di sant’Agostino: «Omnibus charitas», «In tutto carità», perché solo l’amore verso Dio genera la carità verso il prossimo.  In questo modo la preghiera si fa grembo che feconda nella carne i desideri dello Spirito Santo. 
Afferma ancora sant’Agostino che «nella preghiera avvengono la conversione del cuore e la purificazione verso Dio che è sempre pronto a dare» rinnovate energie per soddisfare le esigenze del prossimo sofferente.
La nostra società frenetica ci ha rubato l’interiorità e l’ascolto dell’anima. Non abbiamo più uno spazio dove, come dice Gesù: «raccogliersi nel segreto» per parlare e ascoltare Dio e così sentire scendere su di noi la rugiada della ricompensa divina. Nelle nostre giornate la televisione ci mangia il tempo e ci nutre di leggerezze e distrae l’attenzione ai valori che offrono la sostanza del vivere. 
Dobbiamo ammettere che anche le stagioni liturgiche hanno perso l’impulso dei «tempi forti». L’Avvento, la Quaresima e il tempo dopo Pasqua hanno i colori smunti, sbiaditi e soffrono di spirituale anemia. 
Dare un volto autentico alla preghiera significa convincersi che «la preghiera è una relazione vivente dell'uomo con Dio. La preghiera mette l'uomo a contatto diretto con Dio, in una relazione personale con lui. Tramite la preghiera, la vita religiosa diventa un rapporto vitale con Dio, una comunione con l'Eterno» e un’immersione concreta nel tessuto della vita sociale, affinché nessun uomo e donna siano orfani di affetto e di stima e considerazione amichevole. 
Dopo l’offerta di Gesù al Tempio, la santa famiglia, dopo l’esilio in Egitto ha ripreso  il cammino verso il paese d’origine. Arrivati a Nazareth, hanno fatto della loro casetta una scuola di preghiera, uno spazio di vita in cui i rapporti tra loro, con se stessi e con Dio costituivano il triangolo di una gioiosa armonia.
Dal  1° febbraio, per sette domeniche, vogliamo ritrovarci per un supplemento di preghiera in compagnia di san Giuseppe: un’ora di spiritualità come immersione nelle qualità umane e spirituali che hanno caratterizzato la vita terrena di san Giuseppe accanto a Maria e Gesù.
Sarà un modo di vivere, a livello internazionale tra gli associati della nostra Primaria Pia Unione, la preparazione alla solennità del Patrono universale della Chiesa e avviarci alla celebrazione pasquale.
 
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