Nella stagione turbolenta che viviamo, la nostra esperienza di fede ha necessità di trovare una «stella radiosa del mattino», che segni il tragitto per i nostri passi.
Paolo VI, alla vigilia dell’’Epifania del 1964, dettava le coordinate per una sana educazione, indicando un metodo educativo, ammonendo di restare in ascolto dell’ambiente, dei costumi, delle trasformazioni e anche del silenzio.
Oggi, come allora, Nazareth si fa scuola di relazione, scuola di vita, scuola della fatica del lavoro, laboratorio di sviluppo dell’energia redentrice della fatica umana.
La globalizzazione, il repentino cambiamento dei costumi hanno imposto agli educatori una fatica ciclopica, costringendoli ad applicare la loro encomiabile arte dell’educare nonostante la povertà di cognizioni.
La Chiesa da sempre ha la missione di «madre e maestra» con un cammino sempre rinnovato che la spinga fuori dal circolo pigro del «si è sempre fatto così» per affacciarsi sul panorama della società e sulle problematiche del mondo.
Come «piccola chiesa domestica», chiamata ad essere «madre», la famiglia deve alimentare l’interesse nei confronti delle persone, sulle situazioni della loro vita, deve saper ascoltare per capire e diventare «maestra» nel proporre positivi cammini di vita. Oggi, a differenza di ieri, si è autentici maestri se educhiamo e anche ci lasciamo educare.
Molte volte la nebulosità delle proposte, la poca chiarezza nel saper dire dei «sì» e dei «no», al momento opportuno, svuota i contenuti dell’azione educativa.
Un altro ostacolo a un’educazione «materna e magistrale» è il non rispetto delle età della vita. La saggezza vuole che a ogni domanda ci sia almeno il tentativo onesto di una risposta adeguata e tempestiva, in modo che le proposte diventino carne della vita e non solo una vernice superficiale che alle prime intemperie si scolora o viene cancellata.
La casa di Nazareth insegna che l’educazione ha sempre una dimensione sociale, ognuno è chiamato a costruire una famiglia allargata, aperta alle problematiche del mondo e allenata a ricomporre in unità la separazione tra la fede e la vita, tra il culto e le occupazioni quotidiane, tra la partecipazione alla vita della comunità ecclesiale (la parrocchia, l’oratorio, l’Azione cattolica, l’apostolato della preghiera e i vari gruppi) e la condivisione delle responsabilità pubbliche. Il compito educativo non si esaurisce negli anni dell’infanzia o della giovinezza, ma è un cammino, un confronto costante, affinché la persona rimanga nella gioiosa convinzione di essere sempre un credente e un cittadino.
Don Mario Carrera