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Sabato, 08 Giugno 2019 13:25

Una spirale ascendente verso la propria identità

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La morte cifra dell'esistere umano

di Giovanni Cucci

Il confronto con il tema della morte, tra i suoi molteplici e variegati aspetti, pone in particolare, a chi resta, l’importanza e la necessità di rielaborare l’esperienza di perdita della persona cara, imparando a lasciarla andare. È un atteggiamento obiettivamente difficile perché paradossale, antitetico alla tendenza spontanea a trattenere le persone amate, per non perderle.

Ma è indispensabile poter compiere questo lavoro; in caso contrario si diviene portatori di morte. Studi compiuti sui reduci dai lager, successivamente emigrati in altri paesi, hanno evidenziato la dimensione «transgenerazionale» dei lutti irrisolti. Gli scampati mostravano in apparenza di aver superato il trauma subito e decisero di non parlare con nessuno di quanto accaduto, soprattutto in famiglia. Eppure nel corso della crescita i figli manifestavano una serie di disturbi persistenti: essi si mostravano sempre più ansiosi, tristi, affetti da ricorrenti pensieri di morte, senza una apparente causa scatenante. Come una sorta di malattia contagiosa, la sofferenza repressa dai genitori prendeva dimora nella psiche dei figli.

Il lutto negato in tal modo, come si avrà modo di vedere, diventa melanconia.

Nella sofferenza, nella prova c’è un elemento di intuizione profonda che qualcosa di serio sta succedendo nel proprio mondo interiore. Il dolore accomuna credenti e atei, mostra un’uguaglianza di fondo dell’esistenza umana, talvolta fornisce nuove possibilità, rende cioè le persone capaci di capire ed aiutare gli altri come mai era accaduto prima, evidenziando cosa conti davvero nella vita.

Sembra una cosa troppo idealista, eppure è quanto emerge dal percorso compiuto da più di 500 handicappati nelle loro biografie. Ognuno di noi può aver attraversato nella sua vita dei momenti di prova e sofferenza, ma chi è gravemente malato presenta in questo una differenza fondamentale. Chi non è mai stato colpito da handicap o da incidenti gravi può forse riuscire ad evitare situazioni tragiche o comunque drammatiche; chi è pesantemente segnato dalla sofferenza si trova invece tale interrogativo riproposto per tutto il giorno: 24 ore su 24 è costretto a confrontarsi con la crisi, con il vuoto di senso, e a cercare di elaborarlo.

Le fasi evidenziate nel corso di questa ricerca hanno e non hanno una loro logica interna. Hanno una logica perché tutte le vicende pur caratterizzate da una estrema varietà passavano attraverso precisi “stadi” (Schuchardt ne individua 8, Kübler-Ross 5), indicando come un percorso di fondo che le accomunava. D’altro lato non era presente una logica perché il passaggio da uno stadio all’altro non costituiva una necessità, molti si fermavano al primo, oppure arrivati più avanti ad un certo punto regredivano ai livelli inferiori; non era possibile né prevedere né indicare perché, ad un certo punto, la persona passasse alla fase successiva. Infine, e questo forse è il punto che colpisce di più, nonostante il progredire degli stadi del cammino, il problema scatenante restava immutato, anzi spesso peggiorava, non era possibile alcuna sua “soluzione”. E. Schuchardt introduce la ricerca invitando il lettore a personalizzarla, a cercare di coinvolgersi in ciò che potrebbe costituire un vero cataclisma nella propria vita, lasciando emergere le possibili reazioni, domande, paure.

Per fare luce su questo processo di apprendimento e di elaborazione della crisi, può essere utile chiedersi come noi stessi reagiremmo se confrontati con una diagnosi di malattia letale, di cancro, o se ci venisse detto: «Il suo incidente comporta una paraplegia!». Presto o tardi anche noi ovviamente ci chiederemmo: «Perché proprio a me?». Ma raramente o mai ci poniamo la domanda inversa: «Perché non a me?». Se osiamo porci la prima domanda, allora sperimentiamo anticipatamente le fasi di un processo di elaborazione, “a spirale”, nell’affrontare la dinamica di quella lotta, che spesso dura una vita intera, per definire la propria identità.

Queste domande introducono un tragitto all’interno della sfida che la sofferenza lancia alla vita di ciascuno e che costituiscono le tappe di una elaborazione più o meno simile.  

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