Una longevità sempre in aumento va considerata una grande conquista: si vive più a lungo grazie a miglioramenti nell’ambito dell’alimentazione, dell’igiene, a progressi nel campo della medicina, cure mediche, istruzione e benessere economico.
Ma si tratta di un processo che va al di là del semplice dato demografico e che presenta importanti risvolti economici, sociali, culturali, psicologici, spirituali.
Di fronte a questa nuova situazione, le società, ancora sorprese da questo fenomeno, si trovano impreparate ad elaborare un nuovo assetto, con una nuova comprensione sociale della persona anziana.
Ma forse vi è anche l’incapacità delle stesse persone anziane a comprendere se stesse e il loro ruolo sociale. Infatti anche la persona anziana deve affrontare il significato di questo aumento del tempo di vita: aumento che non può essere solo tempo di sopravvivenza, ma deve avere significati e obiettivi. Di qui un dovere di riflessione e di elaborazione da parte della stessa persona anziana.
Certo, sono problemi correlati, poiché una progettualità personale dipende dai valori soggettivi della persona, ma anche dai valori dell’ambiente sociale.
L’essere umano è un complesso indivisibile di natura e cultura: questo influenza profondamente l’invecchiamento in tutti i suoi risvolti psicofisici, anche per quanto riguarda il modo in cui viene avvertito e vissuto nei diversi periodi storici e nelle diverse culture. Ne deriva che l’invecchiamento e l’anzianità sono prima di tutto processi culturali e sociali.
Quindi, se va perseguito ogni sforzo per migliorare la prevenzione e la promozione della salute, i problemi dell’anziano non vanno considerati primariamente di natura biomedica, poiché i fattori personali, sociali, economici, culturali, sono le determinanti più importanti del modo in cui l’invecchiamento è vissuto.
Il riconoscimento, ad esempio, che la povertà è ancora il maggior fattore di rischio di malattia e che il suo impatto è notevole anche quando viene attuata la prevenzione sanitaria, sottolinea l’inadeguatezza di un approccio limitato all’aspetto biomedico.
Quando poi si ricorda che le grandi differenze nelle situazioni economiche e sociali degli anziani sono causate dalla cultura, dal sesso, dalla classe sociale, le analisi semplicistiche appaiono assolutamente inadeguate.
è per tutti questi motivi che occorre progettare un nuovo modello di società che superi gli attuali schematismi.
Prima di tutto è necessario un cambiamento di prospettiva: tendere a realizzare «una società per tutte le età», nella quale ogni componente dà un contributo, costituisce una risorsa, una società che attribuisce a ogni fascia di età un ruolo indispensabile per il suo sviluppo armonico.
Ogni persona infatti, a prescindere dall'età, va considerata come una risorsa per il suo apporto, personale e insostituibile, al progresso stesso della comunità in cui vive.
Ma perché l’anziano sia “protagonista sociale” occorre affrontare il significato di questo aumento del tempo di vita, aumento che non può essere solo tempo di sopravvivenza, ma che deve avere significati e obiettivi: significati e obiettivi che interpellano la stessa persona anziana – poiché una progettualità personale dipende certamente dai valori soggettivi della persona –, ma interpellano anche la società, in quanto una progettualità personale è influenzata dai valori dell’ambiente sociale.
Cosa significa educarsi all’anzianità? Prima di tutto significa considerarla una tappa importante della vita, una meta ancora ricca di frutti e di possibilità. Un tempo non da temere o da evitare rifugiati in un inautentico giovanilismo, ma un tempo prezioso da vivere responsabilmente, un tempo in cui viene in rilievo ciò che conta e che ha vero valore.
Significa ancora valorizzare la vita umana in tutti i suoi momenti e in tutte le condizioni di vita, offrendo risorse che diano un significato anche alla perdita, alla disabilità, alla sofferenza.