Vale la pena innanzitutto osservare che il p. Gautrelet venne in qualche modo per secondo, come fondatore; primi, e in un certo senso veri fondatori, furono gli anonimi scolastici, cioè religiosi ancora in formazione, della Compagnia di Gesù, che, molto desiderosi di vivere già un apostolato anche in quel periodo che è necessariamente di studio, e quindi apparentemente non efficace, rivolsero a lui questo desiderio. E il Padre li esaudì, mostrando loro che il vero e primo apostolato, l’anima di tutti gli apostolati che nel mondo si svolgono, è esattamente la preghiera: così nasce, appunto, l’apostolato della preghiera. Questi seminaristi incominciarono a comporre elenchi di intenzioni che venivano affissi pubblicamente, affinché ognuno offrisse le sue preghiere, le sue sofferenze, il suo studio e la propria vita nascosta, a sostegno di quanto erano in tal modo loro affidati. Questi elenchi furono in qualche modo gli antenati dei moderni bigliettini che contengono le intenzioni del Papa e dei Vescovi, che voi certamente conoscete. E infatti dallo scolasticato francese l’iniziativa si diffuse, dapprima in altri seminari e Ordini religiosi, poi tra i laici, ai quali va riconosciuto, soprattutto per mezzo degli zelatori e zelatrici, un ruolo assolutamente centrale nel suo sviluppo e propagazione.
Il p. Ramière, continuatore in seguito dell’idea di p. Gautrelet, definisce l’Apostolato della Preghiera “lega santa dei cuori cristiani, uniti al Cuore di Gesù, per ottenere il trionfo della Chiesa e la salvezza delle anime”. Il linguaggio è quello combattivo dell’Ottocento, ma il principio ispiratore rimane validissimo, così come rimane vero quanto lo stesso Padre asseriva, che la triplice sorgente dell’efficacia dell’Apostolato è la preghiera in sé stessa, l’associazione degli oranti, e la loro unione col Cuore di Gesù.
Nel frattempo, il papa Pio IX approva i primi statuti nel 1866, osservando che «l’Apostolato della Preghiera non è una Congregazione né una Confraternita propriamente detta, ma una santa lega di zelo e di preghiera». Tutti i Papi in seguito approvarono e incoraggiarono il sodalizio, e furono anche redatte altre edizioni degli Statuti: qui mi limito a ricordare quella del 1968, approvata da Paolo VI, che redasse in un linguaggio veramente nuovo la tradizionale spiritualità dell’AdP, fondata su cinque elementi qualificanti: la centralità della Messa e dell’offerta della giornata in essa; la spiritualità del Cuore di Cristo; la devozione mariana, con l’impegno della decade di Rosario quotidiana; l’unione alla Chiesa; e infine l’attenzione assidua alla preghiera come anima della nostra vita apostolica.
In tutti questi anni, in Francia e altrove, vennero poi fondate riviste di spiritualità e ascetica che sostenessero la cultura religiosa degli associati: qui ci limitiamo a ricordare, in Italia, l’odierno Il Messaggio del Cuore di Gesù. Possiamo certamente dire che in tutti questi anni centinaia di milioni di persone hanno vissuto la loro fede anche appoggiandosi a questo modo di preghiera.
Ricordo che in fondo quanto proposto dell’AdP anche oggi è la stessa spiritualità ignaziana, resa accessibile anche al di là della Compagnia di Gesù: questo era del resto il motivo per cui i Papi concessero la partecipazione ai beni spirituali dell’Ordine agli iscritti. L’unione a Cristo, l’offerta di sé, il sentire con la Chiesa sono infatti i tratti tipici di Ignazio e dei suoi figli. Oggi come ieri l’AdP è un cammino spirituale che la Chiesa propone a tutti i cristiani per aiutarli a divenire amici ed apostoli di Gesù risorto nella vita quotidiana, risvegliando in loro la capacità missionaria; è una rete mondiale di preghiera al servizio delle sfide dell’umanità e della missione della Chiesa, espresse nelle intenzioni mensili di preghiera del Papa, oggi anche in internet, nell’applicazione click to pray. Insomma, è un cammino del cuore di ognuno verso il Cuore di Cristo.