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Mercoledì, 18 Febbraio 2015 15:41

A Gerusalemme la prima tappa del grande riscatto

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Presentazione di Gesù al tempio, di Quentin Massys

di Maria Gloria Riva

E' così stretto lo spazio entro il quale Massys relega la Sacra Famiglia che non pare neppure la cornice solenne del Tempio. Massys, allievo di Memling e fondatore della Scuola Fiamminga di Anversa, vede, nell’evento della Presentazione, la professione di fede da parte di Maria e Giuseppe e, con loro, del popolo degli anawim, nell’avvento del Messia riconosciuto in Gesù. Forse per questo non ci permette di vedere nulla del tempio, tutto deve essere concetrato su di loro, sui protagonisti, i loro volti, i loro simboli.
San Giuseppe reca le colombe, offerta dei poveri, prescritta dalla legge di Mosè per il riscatto dei primogeniti.
Il simbolo della colomba affiora qua e là in tutta la Scrittura caricandosi di volta in volta di diversi significati. Compare all’inizio del dettato biblico nell’episodio di Noè dove il patriarca pre-abramitico, al termine del diluvio, lascia partire una colomba per verificare lo stato dell’emersione della terra dalle acque. Quello che, collegato all’arcobaleno, è stato sempre identificato come segno della pace è in realtà un simbolo molto complesso e dalle mille sfaccettature. Il verso lamentoso e gutturale della colomba è stato associato alla voce del popolo che geme per il desiderio del tempio e della salvezza messianica. Così anche nell’offerta sacrificale per il tempio le coppie di tortore o colombe venivano a simboleggiare la struggente attesa del Messia, una di queste serviva per l’olocausto, l’altra per il sacrificio espiatorio.
Nella Presentazione di Gesù al tempio, di Quentin Massys, le colombe si trovano al centro della scena ed è appunto Giuseppe che le offre, nel porgerle a Simeone appare spaventato come se si fosse improvvisamente fatto consapevole del significato profondo del gesto religioso che sta compiendo. Quel riscatto di Gesù sarà solo l’inizio di ben altro riscatto. Mentre Giuseppe riscatta Gesù, riconoscendolo come primogenito, un altro Padre – Dio stesso- riscatta l’umanità intera per mezzo di quel Figlio. Colomba, del resto, in ebraico si dice «Giona», nome di profeta immaginario che simboleggia l’intero popolo di Israele. 
Se Giuseppe, infatti, regge le sole colombe, Maria regge invece una candela segno della sua fede in quel Figlio e nell’opera di Redenzione che proprio da quel momento prende avvio. Dietro a Giuseppe si scorge la profetessa Anna di Fanuele, anziana frequentatrice del tempio di Gerusalemme, la quale pure regge la candela. Massys la dipinge in realtà giovanissima, a significare la vita verginale condotta dalla donna dentro al tempio. Una verginità feconda perché dietro di lei, ecco altre quattro candele, segno dei punti cardinali, che narrano di altre professioni di fede destinate a moltiplicarsi. 
L’umanissimo Gesù Bambino di Massys sembra spaventato. Una colomba lo guarda, è quella che sarà data in olocausto come del resto avverrà a quel bimbo un giorno sulla croce; l’altra invece guarda noi e chiede, implicitamente, la nostra disponibilità ad offrire ogni giorno il sacrifico della nostra fede.
 
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