La Vergine Maria, scolara alla scuola di Dio e maestra nei sentieri della vita umana, prima di presentarsi il 13 maggio 1917 a Lucia, Francesco e Giacinta e di scrivere i desideri di Dio su pagine bianche di creature innocenti, ha inviato un precursore, un angelo come pedagogista ad insegnare loro l’alfabeto del linguaggio di Dio.
La prima lezione dell’angelo è stata un invito alla preghiera, perché la preghiera è come il “respiro”: l’ossigeno che ci permette di vivere. Quei tre ragazzini erano nati e vivevano in famiglie profondamente religiose, quindi pregavano, ma la loro preghiera consisteva nel recitare formule; era come una copertina che riscaldava il corpo, ma non faceva respirare a pieno l’anima. Per la fretta di osservare un obbligo, a volte, si accontentavano di recitare il rosario riducendo la preghiera alla Madonna soltanto dicendo “Ave Maria” e subito “Santa Maria”. Forse per questo nelle prime tre apparizioni vedono solo un angelo che ha il compito di preparare la loro anima a un cammino veloce di santità nella cornice di una grande missione che avrà Lucia come principale protagonista.
In questa circostanza mi piace mettermi alla scuola dell’angelo per essere introdotto alle rivelazioni che lo Spirito vorrà regalarmi in un clima di autentica preghiera. Non solo insegnava a pregare, ma l’angelo pregava con loro, era la preghiera che veniva dal mondo dello spirito e si faceva realtà concreta su un orizzonte allargato a misura dello sguardo di Dio.
Troppe volte, anche nella mia vita, la preghiera si riduce a formule più che a un respiro vitale. I momenti della preghiera sono scadenzati come l’orario della terapia farmacologia per mantenerci in buona salute.
A ben riflettere il cristiano in preghiera nuota nel mare della vita per fecondare quelle acque, fa librare sul nostro pianeta lo Spirito creatore di Dio, come avvenne all’inizio della creazione; la preghiera umana costantemente rinnova.
Per questo l’atteggiamento ideale per chi prega è respirare a due polmoni: quello dell’esistenza umana con la trama dei dolori, delle sofferenze e delle gioie, e quello della consapevolezza che l’esistenza quotidiana non dipende sempre dal nostro volere, ma è determinata da circostanze esterne che troppe volte sembra che ci divorino.
Ma sappiamo che la “preghiera salverà il mondo”, perché il respiro della preghiera disinquina dall’egoismo, dalle voglie di potere che scatenano le guerre tra famiglie, nazioni, clan di poteri malavitosi. La preghiera allarga non solo i nostri orizzonti, ma suscita energie positive per sognare e progettare percorsi diversi dalle faticose vicende dei nostri tempi.
Come Dio per progettare un mondo rinnovato a Nazareth «ha guardato all’umiltà della sua serva», così la Vergine Maria a Fatima ha affidato a tre fanciulli, analfabeti, formidabili energie di rinnovamento, e così oggi affida al nostro incontro di innamorati con Gesù nella preghiera un patrimonio di vitalità, per innescare reazioni a catena e per far fiorire la pace.
Non solo Gesù, non solo la sua mamma, ma tutti i santi hanno indicato nella preghiera una formidabile risorsa per il bene dell’umanità. Anche i grandi artisti nelle loro opere hanno tracciato i sentieri dei camminamenti della pace.
Dostoevskij, nel suo romanzo L’idiota, fa dire al principe Myskin che «La bellezza salverà il mondo». Questo principe è considerato dalla società come un “idiota”, ma essenzialmente è l’unico che porta, a chi lo avvicina, un dono di pace e di salvezza, perché «è il solo che trae alimenti per la sua attività umana da sorgenti che non appartengono a questo mondo».
L’invito della Madonna a Fatima e il periodo delle vacanze sono un‘opportunità per dei “respiri” profondi.