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Venerdì, 06 Aprile 2018 11:15

Il culto cattolico al santo patriarca

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San Giuseppe dormiente

di Violetta Ferraris

Papa Francesco ha nel suo studio una statua di San Giuseppe dormiente, che indica sempre come modello di vita fedele al servizio  di Dio e sotto il piedistallo infila dei biglietti con le sue richieste di grazie: «Con questi falegnami bisogna avere pazienza: dicono che ti faranno un mobile in due settimane, poi magari ci mettono un mese. Ma te lo fanno, e lavorano bene! Solo bisogna avere pazienza».

Il libro La devozione a san Giuseppe dormiente  di don Marcello Stanzione ed edito dalle Edizioni Segno di Udine, è un agile compendio della spiritualità e della devozione a san Giuseppe dormiente e unisce anche la storia del culto cattolico al Santo.  Vi sono aggiunte le più belle preghiere  a lui  e  una meditazione sulle sue virtù. Per ogni cristiano san Giuseppe è il modello ideale: ci mostra il comportamento da tenere con Dio, con la Santissima Vergine e con  gli Angeli. La sua obbedienza, il suo rispetto dell’autorità, la sua fiducia e la sua fede, il suo silenzio sono per noi uno sprone all’imitazione.

Obbedisce agli angeli e agli uomini, almeno a quelli che parlano da parte di Dio, diventando un esempio di rispetto dell’Autorità.

La sua obbedienza è pronta: non si fa ripetere due volte l’ordine come gli è chiesto, fino a partire in piena notte, perché Dio vuole che sia così.

Al momento del censimento avrebbe potuto opporre le difficoltà di un viaggio non indifferente per Maria, ma non si sottrae al suo dovere di cittadino.

Non cerca le ragioni del comando: l’ordine è giunto dall’Alto e gli basta, poiché il fondamento dell’obbedienza è nell’autorità di colui che comanda, e non nell’approvazione delle ragioni che motivano gli ordini.

Troviamo anche una lezione di fiducia e di fede. Nel Vangelo  l’angelo, tutte le volte che è Andato da lui, l’ ha trovato addormentato, nel sonno del giusto.  San Paolo raccomanderà più tardi ai cristiani di non preoccuparsi oltre misura di nulla: «Non angustiatevi per nulla» (Fil 4, 6).

Il suo sonno  e quello dell’uomo di fede, consapevole che ad ogni giorno basta la sua grazia e la sua pena, che nulla giunge  e che Dio non permette niente che per il nostro più grande bene.

E’ interessante anche il secondo capitolo del libro, in cui viene presentata la figura di San Giuseppe negli scritti apocrifi. Giustamente fa notare l’autore: «Non ci sono documenti che attestano la verità dei racconti… però le descrizioni hanno offerto materia per artisti e scrittori e per questo non è mancato un influsso… anche sulla pietà dei m monaci antichi». E ancora: «Ciò non toglie che gli scritti apocrifi siano tuttora una lettura importante per comprendere il comune sentire del cristianesimo primitivo, perché questi racconti ne alimentavano l’immaginario e la pietà e perfino le aspettative». Anche il silenzio di San Giuseppe è per noi una lezione. 

Nel Vangelo non è riportata nessuna sua parola, ma questo non vuol dire che non parlasse affatto. Sarebbe stato un triste compagno per la sua Sposa se non avesse mai detto niente. Ma non era “chiacchierone”, egli diceva quello che occorreva dire, quando bisognava e come  occorreva. Era “giusto” anche nel parlare.

Il silenzio di san Giuseppe era anche un silenzio di raccoglimento e di unione a Dio. Come Maria, conservava nel suo cuore il ricordo di tutte quelle meraviglie: «Custodiva tutte queste cose nel suo cuore» (Lc 2, 51).   

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