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Mercoledì, 02 Marzo 2016 14:57

Le vostre lettere - Marzo 2016

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La forza della grazia nelle difficoltà

Carissimo don Mario, mi ha fatto tanto piacere il tuo interessamento e i saluti arrivati a voce da Vito, nostro comune amico. Tu sai già che, nel settembre 2014, ho lasciato gli Stati Uniti, dove avevo lavorato per alcuni anni a Chelsea nello Stato del Michigan, nella filiale della Pia Unione negli USA, e mi stavo preparando con entusiasmo ad andare in Nigeria per almeno un anno come aiuto nella formazione dei nostri novizi. L'Africa è sempre stata il sogno della mia vita fin dalla giovinezza. Per la verità avvertivo qualche dolore alle giunture, ma i medici la diagnosticarono come una forma di artrosi e le radiografie rilevavano solamente alcune vertebre un po’ schiacciate.

Giunto in Italia, una mia amica dottoressa ha voluto sottopormi ad alcuni esami approfonditi, che hanno gradualmente evidenziato un carcinoma, indolore, della dimensione di una palla da tennis al rene sinistro, che è stato asportato, e a cui è seguita la convalescenza qui a Como nella nostra Casa Madre, dove tuttora mi trovo. La metastasi aveva però invaso il sistema osseo del bacino e della colonna vertebrale, obbligandomi a sette cicli di chemioterapia. L'ultima è stata fatale e  dall'inizio della novena di Natale trascorro le giornate nel reparto dei Confratelli infermi. Sono sceso in carrozzina solo per la Messa di mezzanotte in Santuario, dove per vari mesi mi sedevo in confessionale tutte le mattine dalle 8,30 alle 11 a disposizione della gente. Ci ritornerò quando starò meglio. La chemio mi ha causato tanti problemi ad alcuni organi come la tiroide, i polmoni e il cuore, con versamenti liquidi nelle pleure di tutti e due i polmoni e nel pericardio. Questo mi fa pensare a Gesù in croce, che, quando l’hanno trafitto, ha versato il sangue e l'acqua. Sono però in pace e con il cuore pieno di tanti ricordi. Attraverso i media moltissime persone, con le quali ho condiviso il mio apostolato nel mondo, mi raggiungono e mi tengono compagnia, assicurandomi  che tanti gruppi di preghiera  invocano il Signore per me.  Non voglio fare l’eroe. A volte, non riesco a frenare qualche lacrima che scappa fuori dai miei occhi quando penso a loro. Le lascio scorrere un po', ma poi mi freno e prego. Mentre scrivo sono spiritualmente in Tanzania, dove Don De Giambattista e Don Frigerio stanno studiando i dettagli per una nostra presenza in quella nazione.  Cinque anni fa Dio mi ha dato la gioia di giungere a quei luoghi per dei sondaggi in vista di una nostra futura presenza caritativa.  In quella circostanza ho attraversato la nazione in corriera per 1000 km, ammirando la vastità del territorio e la varietà grande di paesaggio e vegetazione, e la vivacità della Chiesa locale, fino a giungere a un altopiano a 1500 metri di altezza, ai confini del Congo, Malawi e Zambia.  Ora, più che mai, nonostante la mia infermità, mi sento unito a Papa Francesco nella visione di una Chiesa aperta su vasti orizzonti, verso il quale lo Spirito la porterà per il compimento di un progetto che non è umano, ma divino. Io m’incammino verso il termine, grato al Signore di darmi la possibilità di percorrere questo tratto nella solitudine e preghiera quasi monastica ma piena di Lui e del mondo. E' un Noviziato anche questo che sto vivendo con gioia. Nella mia stanza ho le bandiere di tutti gli stati dove in qualche modo ho svolto il mio ministero e quando prego il mio piccolo spazio si popola di volti, di ricordi e di speranze.  Ti assicuro anche la mia preghiera per i membri della Pia Unione di San Giuseppe, non solo  quelli degli Stati Uniti, ma del mondo intero.

Padre Paolo Oggioni

Carissimo Paolo, davanti alla sofferenza e alle lacrime, forse un silenzio caldo di amore non solo asciuga le lacrime ma dona energia e vitalità al cuore. Con te ho condiviso l’azione di autentico «buon samaritano» sulle palafitte di Legazpi, nelle Filippine. Ho documentato l’indescrivibile condizione di miseria in quelle catapecchie galleggianti su acque maleodoranti.  Nella sede della Pia Unione a Grass Lake nel Michigan, ho condiviso il tuo entusiasmo per la costruzione di un’oasi di spiritualità per i devoti di san Giuseppe. Dio, ora, ti chiama a offrire con la tua preghiera e la sofferenza un’anima ai sogni che hai coltivato nella tua appassionante attività di missionario. La tua presenza oggi è una linfa benefica che fa fruttificare. Aiutiamoci vicendevolmente a ricordare che il lievito dona fragranza al pane, ma deve disperdersi per condividere la gioia nel mangiarlo. 

Risorse di saggezza

Carissimo Don Mario, ho ricevuto con grande piacere il suo prezioso dono «Costruire la Speranza»; è davvero una bella raccolta che nello scorrere del tempo offre una sosta di riflessione e sollievo. Grazie! Dio la ricompensi per la ricchezza dei suoi pensieri di cui sempre ci fa dono attraverso le pagine della Santa Crociata, la benedica largamente e continui ad elargirle grazie, salute e zelo sacerdotale. Al compimento degli "ottanta anni", già traguardo per "i più robusti”, secondo il Salmo, Il Signore continui ad accompagnarla ancora a lungo nella freschezza di pensiero che fa bene a tanti cuori. Grazie ancora e auguri fervidi e fraterni per festività serene.

Sr. Carla, Roma

Cara Sorella, i tempi redazionali e di stampa sono gonfiati, ma l’affetto e la stima rimangono intatti. Il suo scritto mi conforta e si fa un’iniezione di energia a continuare ad essere un samaritano, inginocchiato davanti ai nostri lettori nel tentativo di medicare con le parole le ferite della vita. Lo stare inginocchiato in quest’ospedale da campo, qual è la nostra vita, non solo mi permette di stare in silenzio e tentare di cogliere frammenti dell’essenza del vivere, ma anche aiutare il lettore a ritagliare un po’ del suo tempo per ascoltare il silenzio dell’anima che si fa carezza affettuosa, bruciore e sofferenza per le nostre incoerenze o bagliori di luce in fondo al tunnel del supplizio per qualche pena. I «confidenziali» sono confidenze dell’anima che invitano a guardare in alto e a cercare motivi per vivere e vivere bene. Sono un invito alla preghiera che è un bisogno di comunione, un desiderio innato in noi che grida nelle fibre più intime di noi e ci porta nel cuore di Dio.

Madre adottiva di un sacerdote

Reverendo Don Mario, avevo telefonato per un’adozione spirituale di un nuovo seminarista, avendo già accompagnato un chierico della vostra Congregazione guanelliana al sacerdozio. Ora continuo a pregare per il suo ministero sacerdotale lui, ma avrei piacere di pregare, in particolare, per un altro seminarista. Le sono molto riconoscente se può esaudire questo mio desiderio. Assicuro la mia quotidiana preghiera per Lei e per tutta la famiglia guanelliana. Complimenti per la bella e interessante rivista. Con stima,

Bruna Rinaldi - Giaveno

Gentile e cara Bruna, è sempre un piacere sentire anime che condividono il futuro della grande famiglia della Chiesa universale pregando per i sacerdoti che rivestono il compito di incarnare Gesù, il Redentore, nella vita concreta dei cristiani con la celebrazione dei sacramenti. Diceva il santo Curato d’Ars: «Il sacerdote è sempre lo strumento con cui il buon Dio si serve per diffondere a sua parola». Il sacerdote ha il compito di essere come Mosè sul monte con le braccia alzate nella preghiera, è chi ogni giorno invoca la rugiada della benedizione divina sulla Chiesa pellegrina nel mondo. La preghiera è l’invocazione a Dio affinché l’uomo possa respirare il soffio stesso di Dio e continuare a vivere. La preghiera è la sete del vivere umano e il sacerdote con la sua preghiera in nome di tutta la comunità invoca la pienezza della vita. È Il grido del morente; è il grido di Giobbe sepolto nel dolore immeritato, è l’invocazione associata al grido di Gesù nell’Orto del Getsemani. Sarebbe bello che molti sentissero questo respiro allargato della preghiera anche per i sacerdoti, samaritani della misericordia e custodi dei sacramenti come sorgente della vita.

La misericordia passa anche dal sacramento della confessione

Carissimo Direttore, grazie per la newsletter che ho ricevuto. Spero che in questo Anno Santo aumentino anche le file davanti ai confessionali e non solo per ricevere la Santa Comunione. La sensazione è che troppi di noi si autoassolvono come i protestanti oppure non ritengano che esista più il peccato. Per questo le file ai confessionali sono immensamente ridotte o assenti. Speriamo che, magari sottraendo un’ora al sonno, i sacerdoti nell’Anno Santo siedano nei confessionale almeno un’ora prima delle Sante Messe per ‘’promuovere’’ la Penitenza. Un cordiale saluto.

Giancarlo

Caro abbonato, ci vorrà buona volontà per noi preti e un supplemento di umiltà per i cristiani. Per molti credenti adulti, confessarsi davanti al sacerdote è uno sforzo insostenibile. è una tale pena che, al dunque, trasforma un momento di verità in un esercizio di finzione, di scuse.

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