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Sabato, 17 Marzo 2018 16:34

L'Amoris laetitia interpella la pastorale

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di Nico Rutigliano

L’’esortazione apostolica Amoris laetitia è nata da lavori sinodali, cioè dall’impegno dei vescovi radunati in sinodo, fin dal 2013, quando si è notato un modo nuovo di procedere: un tema scelto dal Santo Padre sviluppato in due sinodi, con allegato un questionario. Con questo modo di lavorare insieme, la collegialità è diventata sinodalità. 

Dal primo questionario è nato l’instrumentum laboris, discusso nella Assemblea straordinaria dei vescovi. Il segretario speciale per tutti e due i sinodi è stato monsignor Bruno Forte. Per volere del Papa, durante l’assemblea è stata adottata la lingua italiana: altra novità, in quanto nel passato si usava il latino. Nei circoli minori invece, si è parlata la lingua madre dei padri sinodali. L’instrumentum laboris è fatto di tre parti: le sfide, la vocazione, la missione della famiglia; ed è stato affidato ai lavori del secondo sinodo della famiglia.

C’era necessità di una teologia sulla famiglia. Manca ancora una solida teologia della famiglia e i lavori sinodali hanno contribuito a perfezionare tale impianto teologico. Vale la pena ricordare che è stato il Concilio di Trento ad annoverare il matrimonio tra i sette sacramenti. Per 1500 anni il  matrimonio era solo la benedizione della Chiesa sugli sposi.

Perché la teologia della famiglia vive le stagioni di un cambiamento?

Perché anche l’alleanza fra Cristo e l’umanità, in cui il matrimonio trova il proprio modello, è finalizzata a un compimento. Quando si parla di matrimonio e di famiglia, non tutto è deciso, ma siamo dinanzi ad un progetto. Si tratta, cioè, di una gradualità, come affermava già la Familiaris consortio al n. 34, gradualità in cui Dio interviene per accompagnare. 

Per analogia con l’allenaza tra Cristo e la sua Chiesa, anche la famiglia è in fieri, in cambiamento, e progressivamente si compone e tende alla perfezione. Anche separati, conviventi, divorziati sono in cammino per fare la volontà di Dio, attraverso l’illuminazione e la forza dello Spirito Santo. In questo percorso graduale di costruzione della famiglia, gioca un ruolo importante la fede dei coniugi, tanto che la mancanza di fede di uno dei due coniugi può diventare “impedimento dirimente” alla validità del sacramento. Ma chi può valutare la fede di un battezzato? La consistenza della fede non può essere misurata dal diritto. Ecco perché è stato affidato alle diocesi tale giudizio. Il discernimento allora è stato affidato ai pastori. 

Famiglia tra legge e coscienza

Il matrimonio è più un sogno di Dio che un modello che la Chiesa deve spiegare alla coppia.

La dottrina sulla famiglia (la legge) è chiara: «l’uomo non osi separare quel che Dio ha congiunto». Sta cambiando invece la pastorale (la coscienza). Non si tratta allora, di decidere cosa debba prevalere, ma occorre integrare legge e coscienza. 

L’armonia fra questi due elementi non è solo una premessa ma vuole diventare una promessa.

Il rinnovamento in atto della pastorale non avviene nei documenti o nei proclami del magistero, ma tra le case (parrocchia) e nella famiglie. Nelle coppie che si avvicinano alla Chiesa per il matrimonio già ci sono i semina Verbi; anche nelle coppie che convivono. 

Il problema, semmai, è come trasformare quel luogo di concubinato in luogo di nascita, conversione, maturazione. Questa è la sfida che attende i pastori e gli operatori della pastorale della famiglia.

La sofferenza delle famiglie ferite può trasformare la fragilità in opportunità. Occorre allora, un accompagnamento graduale e differenziato. La preoccupazione principale non deve essere il riprodurre un modello ideale, bensì l’individuare i “germi” che nell’amore possono maturare. 

Una pastorale della famiglia che sta cambiando

Spesso viviamo il rischio di organizzare iniziative per la famiglia senza un’attenzione continuativa

alla famiglia. La famiglia si sente più parte in causa nella discussione che al centro dell’attenzione e

riconosciuta come vero soggetto della vita della Chiesa. C’è un gran bisogno di pensare la pastorale non solamente per le famiglie, ma anche con le famiglie, nella consapevolezza che chi costruisce la comunione e la comunità sono i due sacramenti: l’ordine e il matrimonio. È proprio la piccola Chiesa domestica che ci offre la via per costruire, su questo modello, la Chiesa.

È poi necessario passare dal gestire l’emergenza al prevenire; ovvero passare da una preparazione prossima a una preparazione che si dispieghi nel tempo; curando maggiormente i percorsi di preparazione al matrimonio.  

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