Angelo Comastri da sempre attento alle esigenze dei poveri e dei carcerati ha avuto una intensa frequentazione con Madre Teresa di Calcutta, fondatrice delle suore Figlie della carità e autentica madre dei poveri, costantemente tesa in un generoso, sensibile e premuroso abbraccio agli ultimi della terra, agli abitanti delle periferie fisiche ed esistenziali del mondo, specie negli istanti di estrema solitudine che malati e indigenti sperimentavano in punto di morte, costretti a lasciare la vita sui margini delle strade, tra i rifiuti, nel degrado e nell’abbandono fisico e morale. Proprio al cardinale Comastri abbiamo chiesto un prezioso contributo relativo al suo rapporto con la Santa di Calcutta. Eminenza, cosa ha rappresentato per lei l’incontro con Madre Teresa? «Ritengo che incontrare Madre Teresa di Calcutta sia stato un grande dono da parte del Signore.
Confesso che ogni volta che la incontravo mi metteva nel cuore una grande serenità. Mi sembrava quasi di sperimentare la presenza di Dio nella sua anima. Una volta mi incantò una definizione di un giornalista riguardo Madre Teresa che diceva così: «Madre Teresa è una finestra aperta e Dio si è affacciato a questa finestra e ha sorriso al mondo». Da parte mia, la condivido pienamente perché ogni volta che la incontravo avevo quasi la sensazione fisica di avvicinare il Signore, di sentire il Signore che era evidentemente nella sua anima. Quando l’ultima volta l’ho salutata – era il 22 maggio del 1997 nella Casa sulla Via Casilina – era già malata, si vedeva che aveva pochissima forza. In quell’occasione le confidai la mia sofferenza perché la mia mamma era morta da pochi giorni. Le dissi: “Madre, mamma mi ha lasciato”.
E lei, ricordo ancora, mi disse: “La tua mamma è in cielo. Ora, ti è più vicina di prima”, e aggiunse, “anche io andrò in cielo. Ti starò sempre vicina”. Queste parole per me sono di una consolazione straordinaria, perché Madre Teresa quando prometteva una cosa la faceva». Con la fine del suo percorso terreno e la sua canonizzazione si può affermare che ora Madre Teresa appartenga davvero e pienamente all’intera umanità? «Non c’è dubbio. Giovanni Paolo II disse: “I santi in cielo non hanno bisogno di applausi. I santi ci chiedono soltanto di seguirli”. E Madre Teresa non si stanca di dirci: “Siate santi”. Ricordo quando mi dava qualche immaginetta: ci scriveva sempre: “Be holy (Sii santo)”. Quindi ci dice ancora la stessa cosa, perché l’unica cosa che conta è la santità. Per usare le sue parole: “ L’unica valigia che porteremo di là è la valigia della carità”. Ricordo che quando mi disse queste parole, aggiunse: “Finché sei in tempo, riempila, perché è l’unica valigia che porterai con te».
Al termine di ogni capitolo del suo libro troviamo le preghiere che ogni giorno la Santa era solita recitare. Qual è stato, a suo avviso, il ruolo della preghiera e della meditazione spirituale in una missione fortemente orientata all’azione di carità come quella di Madre Teresa? «Potremmo dire che la preghiera è il segreto di Madre Teresa di Calcutta. Quando Pérez de Cuéllar (allora Segretario generale delle Nazioni Unite) la presentò all’Onu con parole un po’ altisonanti dicendo: “Vi presento la donna più potente della Terra. Lei è veramente le Nazioni Unite perché nel suo cuore ci sono i poveri di tutto il mondo”, la Madre rispose: “Io sono soltanto una suora che prega”, e aggiunse “pregando, Gesù mi mette il suo amore nel cuore. Io vado a portarlo ai poveri di tutto il mondo, ai poveri che incontro”. Poi ebbe il coraggio di dire: “Pregate anche voi e vi accorgerete dei poveri che avete accanto, forse sul pianerottolo della vostra stessa casa».
Ispirata dal messaggio di Cristo, Madre Teresa adoperava lo stesso linguaggio con gli ultimi ma anche con i grandi della terra, con i quali non aveva timore di parlare. Ricorda il suo particolare rapporto con la principessa Diana? «Sì. La madre accolse con tanto affetto la Principessa Diana, ma non tanto perché era una principessa, ma perché era una figlia di Dio. E quando ci fu qualche cautela presentata alla Madre nei confronti di Diana, lei disse: “Io non ho mai ricevuto la Principessa Diana: io ho ricevuto sempre l’infelice Diana”.
Questo è molto bello. Lei sapeva chinarsi sulla sofferenza di tutti, principi o non principi, poveri o non poveri perché erano tutti figli di Dio, come deve essere per tutti». C’è un momento che più di ogni altro ricorda tra i molteplici incontri con Madre Teresa? «Ogni incontro era bello; ogni incontro era ricco. Però il primo incontro è quello che ricordo in modo straordinario soprattutto quando dissi alla Madre: “Da lei mi aspettavo che mi chiedesse quanta carità fai …” E lei ricordo che mi rispose: “E tu credi che io potrei fare la carità? Potrei andare dai poveri se non pregassi? È pregando che Gesù mi mette l’amore nel cuore. Io vado a portarlo ai poveri che incontro nel mio cammino”, e aggiunse: “Ricordati bene - muovendo il dito – che senza Dio siamo troppo poveri per poter aiutare i poveri”».
La Santa di Calcutta è canonizzata proprio nell’anno del Giubileo della Misericordia da Papa Francesco, che della misericordia ha fatto uno dei concetti chiave del suo pontificato. A suo avviso cosa rappresentava l’opera di misericordia per Madre Teresa? Con quale spirito la viveva? «Quando un giornalista tentò di fotografare gli occhi della madre - ero presente - chiedemmo: “Perché insiste? Sta infastidendo la Madre”, e il giornalista: “Voglio fotografare gli occhi: non ho mai visto occhi così felici. Vorrei, in qualche modo, cogliere il segreto della gioia di questi occhi”. Ricordo che la suora che era accanto tradusse alla Madre in inglese. La Madre rispose: “Il segreto è tanto semplice: i miei occhi sono felici perché le mie mani asciugano tante lacrime. Faccia anche lei così: abbia degli occhi felici come i miei”».