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Giovedì, 02 Gennaio 2020 14:31

Le buche di Tiberio

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di Carlo Lapucci

Scrive di Tiberio lo storico Svetonio (Tiberii vita LXIX): «Aveva un'eccessiva paura dei tuoni e, quando il cielo era scuro, non rinunciò mai a portare la corona d'alloro, poiché si dice che questa pianta non sia mai colpita dalla folgore».

La leggenda vuole che questo terrore venisse da una predizione. Mentre l’Imperatore torturava un cristiano questi morente gli predisse che sarebbe stato incenerito da una saetta. La notte stessa il cielo s’oscurò e ben presto le montagne furono illuminate dai bagliori delle folgori. Tiberio, terrorizzato, andò a rifugiarsi in una grotta dalla quale, finita la tempesta, non ebbe coraggio d’uscire. Da quel giorno dovunque dovesse andare s’informava se c’era una grotta grande e profonda dove potersi rifugiare e là si rintanava appena arrivato uscendo solo per ripartire. L’impero romano così si riempì di grotte dislocate in modo da poter essere raggiunte rapidamente: alcune furono arredate sontuosamente, altre in modo da poter sopravvivere. Ancora se ne additano molte qua e là con questo nome, come quella di Rivola in Romagna, dentro una voragine in cui scorre il fiume Serio. Là avrebbe addirittura portato il suo tesoro soggiornandovi per anni. Vi sono state ritrovate armi, bacili, utensili di ferro e di rame, terrecotte e le pareti sono lavorate e scolpite.

Un’altra grotta di Tiberio assai famosa è quella scavata dalle onde lungo la spiaggia del Tirreno nei pressi di Sperlonga. Assai grande e profonda si dirama in cunicoli che si perdono nell’oscurità. Decorata con rilievi e marmi era luogo in cui Tiberio si sentiva sicuro e banchettava. Ma una notte dalla volta si staccarono dei massi e Seiano lo salvò a stento dalla morte.

Nella pendice d'un monte, non lontano da Fiorenzuola, si trova una grotta naturale che è detta Buca di Tiberio. Trovatosi in viaggio l’Imperatore vide oscurarsi improvvisamente il cielo e ordinò di scavare una caverna tanto profonda che non si sentiva più neppure il rombo dei tuoni.

I soldati lavorarono a lungo senza sosta e fecero una buca tale che gli asini impiegavano un giorno intero per portare la terra dal fondo fino all'entrata. Furono stivate nei cunicoli provviste per vivere un secolo e là Tiberio, sentendosi sicuro, rimase per anni, senza mai mettere la testa fuori. Solo nei giorni sereni di piena estate usciva un poco poi s'infilava di nuovo nel suo buco.

Una volta, mentre stava su un macigno a prendere aria, vide in cielo una piccola nuvola rosa. S’appisolò e quando riaprì gli occhi la nuvola s’era fatta grossa e nera. Tiberio fuggì, ma gli piombò addosso una saetta che lo incenerì e il vento disperse in un soffio la cenere.


"Polvere di gennaio carica il solaio"

Con polvere di gennaio si intende la neve, la quale facendo radicare bene il grano, ne favorisce un abbondante raccolto. Atri intendo questa polvere come generico rinvio alla asciuttezza del clima. Il grano veniva conservato nei granai domestici che dal sec. XIX cominciarono a essere posti nei solai, nei sottotetti delle cascine. Precedentemente si preservava il grano dall’aggressione dei parassiti in recipienti o buche protette dalla paglia, dette fosse torchiate, il che indicherebbe una certa giovinezza del detto, ma c’è da osservare che le grandi fattorie e le istituzioni annonarie hanno sempre conservato il grano in edifici, granai veri e propri e silos. 

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