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Giovedì, 07 Gennaio 2016 16:40

La crisi: realtà della vita

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La tentazione di «tirare i remi in barca» paralizza la nostra crescita umana e spirituale

di Giovanni Cucci

Il percorso di ogni uomo entra prima o poi «nel mezzo del cammino di nostra vita», una situazione di buio e mediocrità in cui le realtà a noi care vanno in crisi, trovandoci con sorpresa stanchi e sfiduciati. Anche le epoche storiche, le società e gli imperi conoscono crisi, decadenze e cadute. Questo periodo di difficoltà, di smarrimento, sembra costituire la modalità stessa della vita e della relazione con Dio; giunti a un certo punto, inaspettatamente, ci si trova persi, non si capisce più nulla, ci si trova smarriti senza forze, energie, motivazioni.

Ed in tutto questo marasma, o forse proprio per questo, il Signore sembra assente e le giornate, le attività, la preghiera, tutta la vita finora vissuta diventa inaspettatamente vuota, spenta, senza senso: «Dopo il tempo dello slancio, contraddistinto da generosità, entu­siasmo, riemerge la tentazione di fermarsi, di “tirare i remi in barca”, di rinunciare a lottare, a crescere. Si fa il nido nella situazione acquisita. Qualche volta si inserisce l’abbandono della vocazione, il divorzio spirituale, con o senza quello civile» (Imoda).

Questa stanchezza coinvolge tutti e ha ripercussioni nell’ambito professionale, apostolico, relazionale, incrinando pericolosamente scelte di vita intraprese da anni e che si credevano ormai sicure e al riparo da pericoli. Alcune di queste difficoltà coincidono con l’esplosione di un’affettività finora negata o repressa, che reclama la sua parte: è come se la persona si trovasse di fronte ad un crocevia, o rinnovare radicalmente la maniera di vivere il proprio modo di vivere, lasciando emergere nuove energie e tensioni, o abbandonare tutto il ministero. Tali difficoltà erano state riconosciute con chiarezza dal papa Paolo VI a proposito del celibato sacerdotale, ma evidenziando problematiche proprie di ogni stato di vita: «Le difficoltà e i problemi che rendono l’osservanza della castità molto dolorosa o del tutto impossibile per alcuni, derivano non infrequentemente da un tipo di formazione che, dati i grandi cambiamenti di questi ultimi anni, non è più completamente adeguata.

Né si deve pretendere che in questi casi la grazia supplisca ai difetti di natura». Queste parole venivano scritte nei mesi che precedevano immediatamente l’epoca della contestazione (il famoso ‘68), a livello ecclesiale, politico, culturale, spirituale. Eppure sarebbe banale restringere questa diagnosi alla pura fascia temporale dell’epoca in cui tali parole vennero scritte: le testimonianze a questo proposito sembrano invece estremamente variegate, e comprendono le più austere forme di vita religiosa. Nel 1957 R. Voillaume, successore di Charles De Foucauld, introduce il termine di «seconda chiamata» per caratterizzare questa fase della vita: «L’entusiasmo umano lascia il posto ad una specie di insensibilità per le realtà soprannaturali, il Signore ci sembra via via più lontano ed in certi giorni una certa stanchezza ci prende e siamo più facilmente tentati ad accettare di pregare meno o di farlo in modo meccanico.

La castità ci presenta delle difficoltà che non avevamo considerate: alcune tentazioni sono nuove; sentiamo in noi come una pesantezza e cerchiamo più facilmente delle soddisfazioni sensibili. In una parola, entriamo progressivamente in una fase nuova della nostra vita, scoprendo a nostre spese, che le esigenze della vita religiosa sono impossibili». Una crisi riconosciuta dunque da più parti, e a cui ciascuno cerca di reagire come può, cercando di mettere in salvo ciò che ha di più caro: qualcuno ci riesce, qualche altro no. Che questa età problematica attraversi anche la relazione con Dio era ben riconosciuto dai grandi mistici. Scriveva per eempio Taulero, un domenicano vissuto nel XIV secolo: «L’uomo faccia pure ciò che vuole e cominci come voglia, ma non giungerà mai alla vera pace se prima non avrà raggiunto i 40 anni di età. Fino allora l’uomo è troppo occupato in una molteplicità di cose e la natura lo spinge qua e là. Poi l’uomo deve aspettare altri 10 anni prima che gli venga veramente comunicato lo Spirito Santo, il Consolatore, colui che insegna ogni cosa». La vita dell’uomo e della donna di ogni tempo prima o poi giunge a una soglia critica a cui non si può sottrarre, mettendo radicalmente in discussione e forse anche distruggendo tutto ciò che finora si era realizzato nei diversi ambiti della propria esistenza.

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