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Sabato, 05 Maggio 2018 10:55

L'inno alla carità di San Paolo è la chiave vincente per il matrimonio

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L'Amoris laetitia

di don Nico Rutigliano

Papa Francesco ha scelto di commentare l’Inno alla Carità e non il Cantico dei Cantici nell’Amoris Laetitia, perché ha voluto incentrare sulla concretezza l’esortazione apostolica. 

Molti matrimoni sarebbero finiti se non ci fosse la carità di cui parla san Paolo, perché tante volte l’indissolubilità coniugale è vista più come uno sforzo dei coniugi, che la risposta quotidiana a qualcosa di più grande dei coniugi stessi.

Senza la presenza di Dio-Amore, i coniugi cristiani suonano a vuoto, strimpellano senza suono. Questo, se da una parte porta gli sposi cristiani ad avere una spinta in più, quindi un dono grande del quale essere responsabili, d’altra parte li porta a non poter considerare la fedeltà coniugale come un loro sforzo (e quindi un merito), ma come qualcosa che è stato loro donato. È come avere un dono che nessuno ha chiesto, ma che è stato dato loro. È stato dato loro sicuramente nel momento che si siamo sposati cristianamente.

Questa presenza della Grazia sacramentale la possono vivere solo se l’hanno sperimentata, toccata, assaporata; solo se hanno sentito di essere stati amati da Dio. Tutta l’organizzazione perfetta delle loro giornate: la casa, la scuola, i bambini, lo sport, le riunioni, il gruppo, non sono niente se non c’è la comunione tra loro. Questa marcia in più, dove la prendono? Questa carica che anima le loro giornate, dov’è?

Quell’amore “riversato nei nostri cuori” di fatto non se lo possono dare da soli. Il rischio è che possano pensare di essere autosufficienti, di poter fare le cose da soli. San Paolo dice proprio che non server avere talenti, se poi manca l’amore. E allora quante volte non testimoniamo il Dio che è dietro le nostre opere? Tante volte il matrimonio è apparentemente perfetto: la casa è perfetta; è tutto organizzato nei minimi dettagli, ma ci si sente insoddisfatti. Manca l’amore! L’amore si impone da sé, e niente è più credibile della testimonianza di una famiglia che si ama nelle sue piccole difficoltà quotidiane. La Carità non si dice. La Carità, di fatto, si riconosce.

La concretezza dell’Amoris Laetitia, parla di magnanimità, di benevolenza, di pazienza. 

La pazienza non è un lasciare che ci maltrattino continuamente, non è una capacità di sopportare ogni cosa, ma è saper rinviare un’azione, saper agire senza aggressività.

L’amore di cui parla San Paolo è anche benevolo. Benevolenza vuol dire cercare di tirare fuori da ogni cosa il bene, non soffermarsi sul male, ma riuscire a portare buoni frutti da ogni situazione. La benevolenza, non è frutto di uno sforzo umano, ma è un dono. Noi cristiani sappiamo che qualunque cosa accada, Dio riuscirà a trarre dal male il bene, da un’offesa qualcosa di più grande.

Quando si litiga tra marito e moglie e sembra ormai irrimediabilmente compromesso, è molto difficile accettare il fatto che la persona che sta dicendo quelle cose, così brutte, è la stessa che ha detto “ti amo” e ha detto che vuole stare con te per tutta la vita. 

L’amore riesce a trarre il bene anche se ci si è fatti male.

“L’amore tutto spera”. La speranza è vedere il bicchiere mezzo pieno. La speranza è qualcosa di più grande, perché ha sempre un oggetto, e l’oggetto fondamentale della speranza è la promessa. È  la promessa del Paradiso, la promessa di qualcosa di grande.  Ogni coppia cristiana, alla luce dell’Inno alla Carità, dovrebbe declinare ogni santo giorno il loro quotidiano “inno alla carità”, nella concretezza di tutti i giorni. Anche se il marito buttasse l’immondizia tutti i giorni spontaneamente, senza che la moglie debba chiederglielo mille volte, ma non avesse la carità, troverebbero tutti e due, comunque, altre occasioni di conflitto. Se la moglie cucinasse tutti i giorni il manicaretto delizioso che tanto piace a suo marito, ma non avesse la carità, non ci sarebbe comunque sapore nelle loro giornate. Se anche lei smettesse di urlare e di fare le scenette da moglie nevrotica, ma non avesse la carità, non avrebbe senso anche arrivare puntuale a cena. Quando gli sposi cristiani sperimentano che Gesù Cristo è la Carità, la vera Carità, le loro giornate cambiano prospettiva. Scoprono che è Cristo che ha asciugato e asciuga le nostre lacrime quando non si comprendono e quando con le parole riescono a ferirsi. 

È Lui che fascia le loro ferite quando rinfacciamo il passato e vecchie storie con i genitori di origine.

È  Lui che sorride quando proprio non riescono a stare senza litigare.

È Lui che dà la capacità dell’autoironia capace di sdrammatizzare. Se non ci si prendesse in giro e si prendesse tutto sul serio, molto probabilmente ci sarebbero ancora più occasioni di conflitto.

Allora, in conclusione, tutti i coniugati cristiani possono celebrare ogni giorno il loro Inno alla carità.  

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