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Sabato, 08 Novembre 2014 11:22

La scuola palestra del ben vivere punti fermi da salvaguardare

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di suor Roberta Vinerba

Un ragazzo di 16 anni mi chiede di aiutarlo a “salvare la sua fede” dalla professoressa di filosofia. Questa donna che avrebbe come compito quello di insegnare la libertà e il rigore del pensiero, l’amore per il ben pensare, si diletta invece a prendere di mira i ragazzi che frequentano la parrocchia per demolire, a colpi di una teologia da quattro soldi, ovvero di una crassa ignoranza, le loro certezze di fede. Un esempio tra i tanti che spesso accadono ad un educatore: riparare, se possibile, e non sempre lo è, quello che un cattivo “allenatore” compie in quella che dovrebbe essere la palestra del ben vivere, ovvero la scuola.
Posso anche narrare esempi virtuosi, ci mancherebbe: docenti attenti e preparati, esperti nell’arte dell’educazione, ma certo è che sempre più spesso, la scuola oggi si manifesta come un luogo che  vuole appropriarsi della libertà di coscienza dei nostri figli e plasmarli secondo le idee di moda. Un esempio per tutti il dilagare dei corsi di educazione sessuale improntati sull’ideologia del gender.
Mi preme allora ricordare alcuni punti fermi necessari affinché scuola sia sinonimo di palestra di sapere, palestra del buon vivere, invece che luogo di nozioni e di indottrinamento.
Per prima cosa il richiamo è nei confronti dei genitori. Invece che assumere l’atteggiamento presuntuoso che spesso mette i docenti nell’impossibilità educativa, quel “mio figlio ha sempre ragione” che è la cifra con cui molti si rapportano con gli insegnanti dei propri figli, sarebbe bene invece una partecipazione consapevole e responsabile alla vita della scuola. Informarsi dei programmi, partecipare agli organi di rappresentanza, proporre, controllare, avendo sempre rispetto dei ruoli e delle competenze. Fare rete tra genitori aiuta non solo a mettere la scuola in condizioni di fare un lavoro migliore, ma i genitori stessi a conoscere meglio il proprio figlio/a nelle relazioni che si avviano e si svolgono nella classe, nelle dinamiche tra i ragazzi che spesso sono totalmente oscure ai genitori stessi. Situazioni difficili di un figlio sono state portate alla conoscenza dei genitori proprio attraverso altri genitori che si sono costituiti “sentinelle” anche per i figli altrui.
Un capitolo a parte merita il rendimento scolastico che spesso è rivelatorio di un disagio che ha radici altrove. Un crollo dei voti spesso ha a che vedere, ad esempio, con l’avvìo di uno stile di vita dannoso: cannabis, tra le prime cause. Non va sottovalutato. Va anche detto però che la consuetudine di seguire i figli passo passo nello svolgimento dei compiti, ad esempio, deresponsabilizza i figli stessi, togliendo loro quel senso del dovere così indispensabile per la costruzione della personalità. Ricordo sempre ai genitori, che un figlio va anche lasciato fallire: a volte è più pedagogico assumersi la responsabilità di un fallimento, che una promozione conquistata a forza di pressioni quotidiane perché si faccia il proprio dovere.
Se la scuola è palestra, lo è sia nelle vittorie sia nelle sconfitte che, è bene ricordarlo, fanno parte della vita e occorre imparare a gestire.
 
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